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:: Mi manca il Novecento – Pier Paolo Pasolini – L’ usignolo della Chiesa cattolica – prima edizione Longanesi 1958 a cura di Nicola Vacca

11 giugno 2018

pppCon Pier Paolo Pasolini poeta bisogna ancora fare i conti. Perché tutto quello che accade oggi lui è stato capace di raccontarlo già ieri.
La grande attualità del verso pasoliniano sta proprio in questo: quello che il poeta raccontava anni fa era scomodo, perché domani (il nostro oggi) sarebbe diventato attuale. Questa straordinaria capacità profetica è presente più nell’attività poetica che nella prosa. Se andiamo a leggere una delle raccolte più belle di Pier Paolo Pasolini, L’usignolo della Chiesa cattolica ci rendiamo conto di una fortissima tensione anticonformista che disturbò non poco l’ipocrisia dei benpensanti dell’epoca.
Il libro comprende poesie scritte tra il 1943 e il 1949, ma è stato pubblicato solo nel 1958 da Longanesi dopo una serie di vicissitudini editoriali.
In queste poesie, profondamente interiori, Pasolini manifesta una religiosità problematica in cui, invocando la parola pura, esterna senza finzioni il dissidio individuale e interiore che lo travaglia. Inoltre, qui, mostra tutto   il disincanto per una società ingessata dalle convenzioni e dalla falsità.
Pasolini concepisce questa sua opera anche come un «libretto di meditazioni religiose».
Dall’officina febbrile della sua originale ricerca religiosa nasce anche l’interrogazione del silenzio di Dio, che si trasformerà subito in grande poesia.
L’uomo Pasolini prega «l’immoto Dio», scandalosamente chiede grande amore per il cuore del mondo, invoca l’uomo schiacciato tra la tensione celeste e la condizione umana, e da figlio cieco e innamorato del mondo chiede alla storia, forza razionale e divina, una scossa di cuore.
In questo dissidio tra «carne e cielo», Pasolini resta affascinato dalla figura di Cristo

«Sereno poeta / fratello ferito».

Il Crocifisso è la metafora dell’uomo vero e anche del poeta.
Nella poesia «La crocifissione» Pasolini raggiunge vette di grande lirismo e partecipa , con la sua solita intelligenza, al mistero del dolore ricercando nel sacrificio di Cristo la pietra dello scandalo che ci fa sentire umani:

«Bisogna esporsi (questo insegna/il povero Cristo inchiodato?) / la chiarezza del cuore è degna / di ogni scherno, di ogni peccato/di ogni più nuda passione…/ Noi staremo offerti sulla croce, alla gogna, tra le pupille/limpide di gioia feroce/scoprendo all’ironia le stille /del sangue dal petto ai ginocchi, miti, ridicoli, tremando/d’intelletto e passione nel gioco/del cuore arso dal tuo fuoco/per testimoniare lo scandalo».

Oltre tutti i luoghi comuni si deve riconoscere oggi a Pier Paolo Pasolini poeta una grandezza unica.
La sua poesia è stata in grado di esprimere una delle ultime rappresentazioni tragiche del nostro tempo, di cui egli è stato grande interprete, riuscendo anche ad anticipare ampi stralci del suo futuro, che oggi stiamo vivendo come nostro presente.
In questi giorni drammatici, in cui la Storia è un atlante aperto al dolore, avremmo davvero bisogno di un poeta coraggioso come Pasolini, che non ha avuto paura di testimoniare il disagio di fronte all’omologazione culturale che in quei tempi stava organizzando l’attacco finale ai nostri giorni. Fenomeno che oggi ha aggredito l’intelligenza e larghi strati del pensiero occidentale. Se Pasolini è la coscienza critica con cui possiamo leggere le inquietudini del nostro tempo, viene da chiedersi dove si nasconde il nemico?