
Questo splendido libro arricchito da stuzzicanti contenuti ed eccezionali illustrazione, piuttosto che un dotto saggio gastronomico sulla cucina dell’Antichità, con l’accento posto su quella degli Antichi Greci e Romani, mira a diventare un piacevole itinerario nella mitologia legato al cibo e al cibo.
Immaginario viaggio dunque partendo dai loro usi e costumi a tavola e soprattutto dai tanti favolosi miti legati al cibo e ai singoli ingredienti. Concetto molto diverso presso gli antichi rispetto ai nostri giorni. Freneticamente impegnati in nuove e diverse mode a ogni costo.
Nella Roma repubblicana per esempio la frugalità originata dal sostantivo frugalitas regnava sovrana in tutti i ceti sociali, in Grecia poi l’aggettivo spartano ovverosia rigoroso veniva costantemente riferito sia ai costumi che al cibo. Semplicità a tavola dunque, favorita dalle classi superiori e obbligatoria necessità per i più poveri.
Civiltà solitamente parche nel cibo pur lasciandosi andare di tanto in tanto a eccessi e grandi abbuffate (ricorderete tutti, immagino, la famosa cena di Trimalcione, il ricco protagonista del Satyricon di Petronio).
Floride civiltà mediterranee nate, cresciute e sviluppatesi con ciò che terra, mare e allevamenti offrivano loro per vivere. Tempi di guerra, povertà e carestie avevano spesso insegnato cosa fare e come. Insomma tutta una serie di accorgimenti per poter mangiare e soprattutto per conservare il cibo in tempi in cui non esistevano i congelatori o i frigoriferi. Quindi si seccava carne e pesce al sole , si usava il sale, l’olio, si trasformava il latte delle capre in formaggi anche da invecchiare, si mischiavano i cereali e si cuocevano focacce, pane, pasta, biscotti…
Il pasto per tutti era un momento conviviale, esempio della civiltà e dei costumi che differenziavano Greci e Romani dalle popolazioni barbariche. Ma per loro il cibo era anche rigorosamente connesso con il mito e le storie degli dèi.
Un culto della gastronomia diverso dal nostro quindi. Stando infatti ai poemi omerici e alle copiose offerte votive di cibo, quali animali vivi ma anche pane e focacce dolci rinvenute nei templi, abbiamo la prova provata di quanto per gli antichi il cibo fosse strettamente correlato con il divino.
E proprio per questo il testo di Marilù Oliva va a esplorare i fondamentali luoghi di mitiche storie romane e greche in cui gli alimenti vennero sfiorati dalle divinità e implicati in fatti eccezionali. Quindi non sarà solo un saggio culinario legato all’Antichità, ma una specie di viaggio attraverso i posti in cui e da cui si originarono le varie storie e le relative leggende.
L’autrice, amante della cucina e brava cuoca, ha scelto di suddividere i capitoli secondo la precisa caratteristica di ogni alimento e ogni capitolo si conclude con il suggerimento di un menù completo, di sua creazione.
Un viaggio culinario che secondo l’attuale tradizione comincia con l’antipasto per concludersi con il dessert. E un viaggio gastronomico, quello dei romani di allora, non molto dissimile da ciò che Cicerone poteva mangiare seduto a tavola con gli amici: aperitivi vari, primae Mensae o i primi di oggi allora: che poi erano minestre, piatti a base di carne, pesce, legumi e selvaggina. Quindi le secundae Mensae che offrivano non solo frutta ma anche bietole, porri, cipolle con alla fine brindisi, levando calici ricolmi di grandi vini, accompagnati da canti e giochi vari.
La normale vita dei Greci era scandita da tre pasti giornalieri. Al mattino una focaccia intinta nel vino e olive verso le 13/14 (una /due) qualcosa di più mentre il pasto più sostanzioso e spesso condiviso era riservato alla sera. Quella dei Romani era simile: colazione leggera, una prandium veloce, spesso consumato in piedi con pane, carne fredda, o pesce o legumi o uova, seguito alla sera da una cena più copiosa, annaffiata con vino. Momenti solo maschili, le donne fino all’era imperiale, salvo le schiave o le amanti, solitamente venivano escluse.
Archestrato di Gela, Catone, Ateneo di Naucrati, Columelle ecc. appassionati o chef stellati di allora ci descrivono menù e ricette. Esaltate ancora più da Apicio che, dalla vetta della tradizione culinaria dell’epoca, ci ha trasmesso De coquinaria, il suo ricco ricettario.
Da allora se non tutto, molto è cambiato. Spesso le donne sono regine in cucina, abbiamo perso e dimenticato cosa fossero certi cibi, mentre abbiamo aggiunto ai nostri quotidiani menu una ricca varietà di prodotti prima sconosciuti provenienti dalle Americhe. Siamo diventati fans del caffè…
Mangiamo più polli, come facevano gli antichi tuttavia apprezziamo le uova cucinate in vari modi. Le uova, grande simbolo della vita . La leggendaria Elena destinata a provocare la famosa guerra di Troia nata da un uovo di cigno fecondato da Zeus…
Notiamo come i gradini più bassi della società siano sempre stati forzosamente parchi nel cibo, mentre per i ricchi la tavola fu presto un lusso oltre che un piacere. Anche se le regole di una corretta nutrizione ampiamente trattate da Galeno avrebbero sempre suggerito a tutti una vera e propria equilibrata dieta mediterranea.
Però, soprattutto per assaporare davvero il piacere di un pasto, la prima vera regola dovrebbe essere sempre, a detta di Plutarco: “… a tavola per mangiare, ma per mangiare insieme”.
Ringraziando sempre e ancora come facevano gli antichi la romana dea Cere, o Demetra figlia di Crono e sorella di Zeus per i Greci. Cere, che ha regalato il suo nome ai cereali e quindi grazie a lei se ancora oggi ci godiamo focacce, pasta e pane.
Ma che dire allora dei legumi come le fave amate dai mitologici eroi come Ercole e poi i ceci, le vecce, i piselli, i lupini e le lenticchie, consumate spesso e volentieri in zuppa con i cereali e quindi care a Demetra madre di Persefone, la mitica latina Proserpina rapita dal Dio degli Inferi in Sicilia, vicino a Enna, che avrebbe dato luogo al ricorrente ritmo delle stagioni. I legumi, lo straordinario riferimento nutrizionale e insostituibili allora come oggi nelle riserve alimentari di ogni famiglia.
La carne di animali, oltre che dedicata al sacrificio agli Dei, cotta alla griglia o arrostita rappresentò il pezzo forte nella tavola dei due contendenti Greci e Troiani dell’Iliade e dei fuggitivi Greci nell’Odissea. A Itaca i Proci asserragliati nella reggia consumavano smodatamente le carni scannando i buoi e dilapidando senza freni le risorse delll’isola sempre accantonate con parsimonia.
Ma alla mensa di Ulisse troveremo spesso anche il pesce consumato per esempio dell’ omerico eroe nell’isola di Scheria ospite del re Feaci padre di Nausicaa. E il pesce domina con la sua varie e colorita tipicità la grande arte pittorica e musiva romana. Mosaici straordinaria che si possono ammirare nei Musei a Roma, Ostia e Napoli.
Anche i formaggi non potevano mai mancare sulle tavola antiche, formaggi fatti di latte di capra come quelli prodotti dai Ciclopi nella loro immane grotta e che Ulisse e i suoi compagni divoreranno per placare la fame ma il cui smodato consumo costerà la vita a tanti tra loro.
Le verdure poi, con le loro infinite varietà, assursero a piatto privilegiato con la cipolla onnipresente nella tavola degli antichi, amata da Afrodite Efeso, Ares … Da ricordare poi il cavolo e il suo famoso detto: nato sotto un cavolo. L’ortaggio con le parti centrarli del cappuccio che ricordano una vulva femminile mentre il gambo un pene. E che, per coglierlo bisogna impugnarne la testa con le mani quasi fosse un bambino che viene estratto dalla cervice uterina .
E non dobbiamo dimenticare : Frutta e dolci. Mele, pere, susine, fichi, con i fichi secchi che restano i principi della tavola antica e divina. Ma con anche tutta la frutta secca posta sempre gloriosamente a dominare il centro tavola.
Poi giungendo in chiusura, Marilù Oliva dopo una rapida carrellata finale , tra fiori edibili, funghi che comparivano spesso e volentieri su tavole povere e ricche, elargisce indispensabili consigli su come ammollare i legumi, preparare la pasta fresca, fare il pane, le salse più di moda tra Romani e Graci e spiega con dovizia di particolari come e quale vino e altre bevande si consumavano con larghezza attorno alle tavole degli antichi. Ma nella Roma repubblicana ohimè proibito alle donne.
Marilù Oliva, nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Prima di approdare all’ambito mitologico, ha scritto romanzi thriller e noir. Ha pubblicato bestseller come L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (2020), Biancaneve nel Novecento (2021) e L’Eneide di Didone (2022). A sfondo mitologico è il romanzo per ragazzi Il viaggio mitico (DeAgostini, 2022), scritto con suo figlio Matteo. Nel 2023, sempre per ragazzi, è uscito Miti straordinari (DeAgostini, 2023). Ha co-curato per Zanichelli un’antologia sui Promessi Sposi e realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa, nell’ambito del suo lavoro sulle questioni di genere. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero. Per Rizzoli, nel 2023 è uscito Atlante della Magna Grecia. Italia del Sud e Sicilia tra Mito e Archeologia. Il suo ultimo libro è L’Iliade cantata dalle dee (Solferino, 2024).
























