
Philippe Chenaux ripercorre le tappe del cammino lungo due secoli, dalla Rivoluzione francese fino al concilio Vaticano II, che ha portato la chiesa cattolica a superare le sue posizioni antigiudaiche. Gli snodi principali della storia europea fanno da sfondo alla ricerca dell’autore su alcuni passaggi cruciali: la soppressione dell’associazione Amici di Israele nel 1928, le motivazioni all’origine dei «silenzi» di Pio XII, la resistenza della Santa Sede alle iniziative del dialogo interreligioso che si moltiplicarono dal secondo dopoguerra e infine le posizioni di Paolo VI. Il risultato è un affresco che mostra aspetti inediti, o illuminati da nuova luce, della storia delle relazioni ebraico-cristiane.
La fine dell’antigiudaismo cristiano, del professore Philippe Chenaux è un ricco saggio storico che affronta uno dei temi più delicati e controversi che hanno caratterizzato la storia religiosa europea. L’obiettivo centrale del saggio di Chenaux è tracciare un percorso storico di quasi due secoli, dalla Rivoluzione francese al Concilio Vaticano II, per mostrare come, progressivamente, la Chiesa cattolica abbia abbandonato la sua lunga tradizione di antigiudaismo religioso e abbia avviato — pur con prudenza, difficoltà e contraddizioni — un’apertura di dialogo con l’ebraismo. Chenaux non propone semplicemente una cronologia di eventi, ma una narrativa articolata sulle dinamiche sociali, teologiche e istituzionali che hanno determinato la progressiva fine dell’antigiudaismo cristiano cattolico. Se vogliamo fu proprio l’Illuminismo e la Rivoluzione francese con l’emergere delle idee di eguaglianza universale a riassegnare uno status giuridico agli ebrei nelle società europee, prima relegati in ghetti o in posizioni di servitù e sudditanza, a cui venivano negati i più elementari diritti civili. L’accusa di “deicidio” sembra avere avvelenato per molti secoli i rapporti tra chiesa cattolica e mondo ebraico, e dobbiamo aspettare la svolta conciliare per mutare questa posizione. Ma se vogliamo sono gli eventi del XX secolo e soprattutto i silenzi di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale i temi più controversi. L’eccessiva, per molti, prudenza del pontefice durante la persecuzione nazista culminata nella Shoah hanno lasciato una frattura quasi insanabile tra le due religioni che si può dire hanno una matrice comune e molte più similitudini che diversità, se pensiamo che la conversione di Israele segnerà la fine della Storia e l’avvento del Regno promesso già precognizzata da San Paolo. Un altro punto saliente ben evidenziato nel saggio è differenza sostanziale tra antigiudaismo (teologico) e antisemitismo (politico e razziale), quest’ultimo moltop più recente e germinato dalle stesse matrici politiche di stampo cristiano poi abbracciate in modo più radicale da correnti politiche più estremiste. Questa struttura pone l’opera tra la sintesi storica e l’analisi interpretativa, ricca di riferimenti documentari e di letture critiche dei comportamenti ecclesiastici. La fine dell’antigiudaismo cristiano di Philippe Chenaux è una lettura ben documentata e argomentata per chi vuole comprendere come la Chiesa cattolica abbia affrontato — e lentamente, con grandi resistenze, superato — secoli di pregiudizi religiosi nei confronti degli ebrei. Sebbene non risolva tutti i nodi interpretativi e lasci aperte alcune questioni critiche, rappresenta senz’altro un contributo significativo alla storiografia sul dialogo giudéo-cristiano.
Philippe Chenaux è professore emerito di Storia della Chiesa moderna e contemporanea alla Facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense. Ha insegnato nelle università di Friburgo, Ginevra e Arras. I suoi interessi di ricerca riguardano la storia del papato in età contemporanea, la storia del concilio Vaticano II e del pensiero cattolico del Novecento, temi su cui ha pubblicato numerosi studi. Il suo libro più recente è Charles Journet (1891-1975). Un théologien engagé dans les combats de son temps (Desclée de Brouwer, 2025).
Source: libro inviato dalleditore.
























