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:: Recensione di Dietro le sbarre di Allan Guthrie (Revolver, 2012) a cura di Giulietta Iannone

23 Maggio 2012

Dietro le sbarre (Slammer, 2009), edito in Italia da Revolver collana noir-crime diretta da Matteo Strukul delle Edizioni BD e tradotto da Marco Piva Dittrich, è l’ultimo romanzo dell’agente letterario e scrittore scozzese di romanzi crime Allan Guthrie, esponente del Tartan Noir. Ambientato nel carcere “Hotel” Hilton di Edimburgo,  ha per protagonista Nick “Cristallo” Glass una giovane e inesperta guardia carceraria schiacciata da troppe responsabilità e da un lavoro per cui non è portata che la porteranno a perdere il suo equilibrio mentale e a distruggere la sua vita. Usato e abusato dai suoi stessi colleghi e dai detenuti Nick infatti perderà sempre più i contatti con la realtà sprofondando in un abisso di disperazione e violenza che l’autore descrive in maniera così accurata e minuziosa che più si avanza con la lettura e più ci si sente come se una mano ci afferrasse alla gola. Asfissiante, claustrofobico, delirante più che un dramma carcerario è una tragedia della follia che descrive gli stadi in cui la psiche si disgrega disintegrata da varie forze oltre le quali si raggiunge un punto di rottura. Nick in fondo è un bravo ragazzo, onesto, pulito che vive per la sua famiglia, per sua moglie e per sua figlia, il suo mondo è elementare, semplice non ha grandi ambizioni, non è eccessivamente coraggioso o altruista, non vuole cambiare il mondo, vuole solo sopravvivere tra delinquenti e guardie non meno feroci e corrotte, ma naturalmente non gli sarà concesso con esiti del tutto inarrestabili. Tutto inizia quando Nick subisce un vero e proprio ricatto da parte di Cesare un detenuto che controlla la circolazione della droga all’interno del penitenziario. Fare da mulo non è decisamente coerente con le sue aspettative ma quando Cesare tramite il fratello di Mafia minaccia la sua famiglia, Nick è costretto ad accettare. Naturalmente Cesare non vuole da lui solo questo, il suo obbiettivo è la fuga. Il piano è ben congegnato, ma un evento imprevisto farà precipitare tutti gli equilibri in un vortice di violenza che non risparmierà nessuno. Dietro le sbarre  è un romanzo  angosciante, in cui il grado di violenza, più psicologica che fisica, ma anche quella non manca, e i meccanismi che rendono il più debole schiavo del più forte hanno ripercussioni drammatiche e terribili. Nick sarebbe in fondo un debole, incapace in circostanze normali di atti veramente violenti e invece arriva a commettere i crimini più atroci senza rendersene quasi conto. Il finale è piuttosto aperto, la follia del protagonista si presta a diverse interpretazioni, lascio a voi lettori di trovare la giusta chiave di lettura. Se amate le atmosfere cupe e malate di Irvine Welsh non potrete non amare anche questo libro. Sconsigliato alle guardie carcerarie fresche di diploma e in attesa del primo incarico.

:: Recensione de L’impiccato di Russel D. McLean (Revolver, 2012) a cura di Giulietta Iannone

30 aprile 2012

Presi il sentiero che Robertson aveva percorso la sera in cui aveva scoperto il cadavere del fratello. Lo seguii lentamente. Superai i resti del nastro della scena del delitto, lasciati disseminati sul lato del sentiero. Impigliati nel fitto della vegetazione. Un brutto ricordo di quello che era accaduto lì.
Abbandonai il sentiero, spingendo via rami spessi e foglie.
Di fronte a me c’era l’albero a cui era stato trovato appeso il cadavere di Daniel Robertson. Uno spregevole e nero scherzo di natura, eruttato dalla terra come se si fosse fatto strada artigliandola direttamente dall’inferno. L’albero stava là: una cosa morta al centro della foresta viva. Foglie ricoprivano il terreno fangoso alla sua base. Crocchiavano e si rompevano sotto il mio peso.
Chiusi gli occhi, tentai di visualizzare il copro che aveva dondolato dai rami anneriti.
Il vento si alzò.
La silhouette del cadavere di Daniel apparve e scomparve come un fantasma che non voleva essere visto.

L’impiccato (The Good Son, 2008), edito in Italia nella collana Revolver di Edizioni BD e tradotto da Matteo Strukul, è il romanzo di esordio dello scrittore scozzese Russel D McLean con cui ha ottenuto una nomination allo Shamus Award 2010 nella categoria migliore opera prima, premio letterario assegnato annualmente dall’associazione Private Eye Writers of America a quei romanzi gialli che hanno un investigatore privato come protagonista. Autore di due romanzi, oltre a L’impiccato anche di The Lost Sister, sempre con protagonista il detective privato John “Steed” McNee ancora inedito in Italia, Russel D. McLean arriva da noi accompagnato dall’entusiasmo di numerosi suoi colleghi del calibro di John Connolly, Tony Black e Ken Bruen tra gli altri, e dalle recensioni a dir poco esaltanti dei maggiori giornali e riviste di settore. Basta questo per suscitare una certa curiosità tra gli appassionati di noir e hardboiled, che vedono nel tartan noir, termine coniato da quel mattacchione di James Ellroy, una scuola di indubbio interesse, e sicuramente nella sottoscritta più che propensa a vedere l’evoluzione di un genere che sembrava già con Raymond Chandler aver detto tutto. L’America degli anni Trenta è ben lontana, ma la Scozia degli anni Duemila non è da meno come scenario di una storia torbida e traboccante violenza con al centro i classici stilemi e le iconografie tipiche del genere. Non mancano un detective privato tormentato, un cliente che non la racconta giusta, una vittima che decisamente non era uno stinco di santo, una dark lady troppo truccata e quasi grottesca, un poliziotto stronzo ma infondo onesto, vecchi gangster riciclatici come cittadini onesti e killer psicopatici destinati a fare una ben brutta fine. Sullo sfondo Dundee ex città industriale in via di trasformazione situata sull’estuario del fiume Tay a un centinaio di chilometri a nord-est della più affascinante e suggestiva Edimburgo. La storia raccontata non presenta picchi di eccessiva eccentricità anzi si adegua in modo quasi certosino alle regole della detective story proponendo uno stile lineare e uniforme che stranamente ha la capacità di sedurre il lettore attirandolo pagina dopo pagina in un vortice di oscura bellezza. John “Steed” McNee, ex poliziotto burbero e solitario, ora riciclatosi come investigatore privato, ancora in lutto per la fidanzata Elaine, la sola capace di vedere qualcosa di buono in lui, e afflitto dal senso di colpa per la sua morte che si somatizza in una zoppia quasi invalidante, riceve la visita di un cliente James Robertson, un agricoltore con coppola in testa deciso a fare chiarezza sul suicidio del fratello Daniel, trovato impiccato ad un albero della foresta di Tentsmuir nei dintorni della sua fattoria. Robertson dichiara di non vedere il fratello da trent’anni, quando aveva lasciato Dundee per fare fortuna a Londra ed era finito a fare lo scagnozzo e il buttafuori di un gangster di un certo prestigio di nome Gordon Egg. McNee non esita a credergli desideroso di tenersi un lavoro sicuro, uno di quelli che pagano subito e inizia a investigare consapevole che: “In Gran Bretagna la vita di un investigatore di rado è considerata affascinante. Non godiamo della stessa aura da lupo solitario che contraddistingue i nostri colleghi americani. Quando la gente pensa a noi, pensa a una squallida, modesta ultima spiaggia. E in Scozzia la gente a noi non pensa proprio”. Lo strano atteggiamento della polizia troppo solerte nel chiudere la cosa come un suicidio senza importanza, l’arrivo della moglie di Egg con cui la vittima aveva una relazione e che morirà in modo violento poco dopo, il coinvolgimento di David Burns, un imprenditore coinvolto in affari sia legali che illegali, una strana aria restia in Robertson che è troppo evidente nasconde qualcosa, spingono McNee, oltre a combattere con i suoi demoni interiori, senza riuscire a fare chiarezza nel rapporto irrisolto con suo suocero e con la poliziotta Susan che ha conservato per lui una parvenza di amicizia e forse qualcos’altro, ad andare in fondo alla faccenda anche a rischio di vedersela esplodere tra le mani. Tutto si giocherà in un cimitero sotto una pioggia torrenziale, in uno scontro decisivo in cui McNee dovrà decidere se l’oscurità sia la parte che ha prevalso nella sua anima.