La donna che visse due volte (D’entre les morts, 1954) è un noir francese della coppia Boileau–Narcejac, dal quale Alfred Hitchcock trasse il celeberrimo Vertigo (Usa, 1958), per molti di gran lunga superiore al romanzo.
Se sia stato scritto da Boileau–Narcejac su misura per piacere a Hitchcock, come una forma di compensazione per non aver potuto quest’ultimo girare I diabolici, soffiato, si fa per dire, da Henri-Georges Clouzot, è una questione dibattuta, e fa parte delle tante leggende che girano a Hollywood, molte volte create ad arte dagli Studios, anche se questa si basa su diversi reali fondamenti. Se vogliamo La donna che visse due volte è il compendio delle tematiche che ossessionarono il maestro del brivido inglese, riunite in un sol testo relativamente breve.
Io mi soffermerò più sul testo nella traduzione vintage di Roberto Ortolani, prima edizione ottobre 1967, Garzanti per tutti, e per praticità darò ai personaggi i loro nomi francesi, anche se Ortolani in questa versione, molti li italianizza, pur tuttavia è impossibile, anche solo a livello inconscio, non essere in qualche misura influenzata dal film, che a mio avviso ha il pregio di dare una forma concreta (grazie all’immagine, alla musica, ai colori, al carisma degli attori) a un testo che di per sé si nutre di immaterialità, privo pure, se vogliamo, di un vero stringente senso logico.
Che sia una storia di personaggi è indubbio, di doppi, riflessi, dal forte sapore psicanalitico. La donna che visse due volte è insomma uno di quei testi sui quali si potrebbero scrivere saggi tanto è denso di rimandi, riflessioni filosofiche, etiche e morali. Orientarsi non è affatto facile, e forse dare una spiegazione a ogni passaggio toglierebbe il fascino, anche ambiguo e morboso, di un romanzo fatto di ossessioni, paure, disperazione.
La trama se vogliamo è lineare: il protagonista Roger Flavières viene avvicinato da un vecchio compagno di università, Paul Gévigne, che gli chiede di seguire la moglie Madeleine, che teme soffra di impulsi suicidi, credendosi la reincarnazione della sua bisnonna, Pauline Lagerlac, morta suicida. Flavières la salva una volta dalla Senna, se ne innamora, e a causa della sua paura dell’altezza, non riesce a salvarla anche dalla caduta da un campanile. Nella seconda parte del romanzo, sono passati alcuni anni, Flavières incontra una donna che assomiglia paurosamente a Madeleine. Sogno, incubo, coincidenze, soprannaturale, follia?
La donna che visse due volte può senz’altro essere visto come la cronaca di una ossessione amorosa, di un pericoloso tentativo di far aderire la realtà al mondo interiore e disturbato del protagonista.
Se vogliamo Paul Gévigne andava sul sicuro scegliendo Roger Flavières come testimone. Ex poliziotto abile nei pedinamenti e nelle indagini, riformato, non è andato in guerra (la storia prende l’avvio a Parigi all’inizio della Seconda Guerra Mondiale) per una forma di pleurite, avvocato scalcinato, appassionato di essoterismo, proprio la sua vertigine per le altezze, (che causò, o per lo meno è forte il senso di colpa, la morte di un collega e la sua uscita dal corpo di polizia), tutto contribuisce a renderlo perfetto per il ruolo che il diabolico Paul Gévigne vuole che reciti. Un altro meno traumatizzato, meno schiavo dei sensi di colpa, meno romantico, meno naif avrebbe fatto in fretta a scoprire l’intrigo, bastava una semplice telefonata, che Madeleine gli prega di non fare.
Insomma col senno di poi la storia si regge su presupposti fragili come tele di ragno, che tuttavia avvolgono come una spirale il lettore. La folle è Madeleine? Che si crede una morta e tenta più volte il suicidio. O il folle è Roger? che sarà costretto a chiedere aiuto a uno psichiatra perché lo guarisca dalle sue nevrosi. C’ è una componente soprannaturale nell’ intreccio? Che poi la verità sia squallidamente prosaica, e la riproposizione di un cliché classico, per di più abusato, nulla toglie alla drammaticità del finale, alla decostruzione e dissoluzione del personaggio principale, che è stato ingannato, crudelmente, come sono stati ingannati con lui i lettori.
Pierre Boileau (1906-1989) e Thomas Narcejac (1908-1998), entrambi vincitori del Prix du Roman d’Aventures, hanno cominciato a collaborare nel 1948. Frutto di questo sodalizio sono stati numerosi racconti e ben quaranta romanzi, da alcuni dei quali sono stati tratti film di successo come La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock o I diabolici di Henri-Georges Clouzot.
Source: acquisto personale.
Nota: i collezionisti certo non si faranno scappare l’edizione Garzanti del 1958, come numero 141 della “Serie Gialla“, o la prima ristampa del 1967 come la copia in mio possesso. Nel 1977 la stessa traduzione di Roberto Ortolani venne riproposta da Mondadori con “Giallo Cinema” n. 5, poi nel 2003 passò alla Sellerio “La Memoria” n. 580. Tutte edizioni ormai fuori commercio e reperibili nei marcatini dell’usato. Attualmente è disponibile in commercio dal settembre 2016, la nuova traduzione Adelphi, di Federica Di Lella (che la cura) e Giuseppe Girimonti Greco.
Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.