Nella mia vita mi sono documentata e ho letto numerosi libri riguardanti la Shoah, le persecuzioni antisemite, la questione ebraica, alcuni saggi, racconti biografici, libri fotografici, alcuni libri più spiccatamente fiction e sicuramente non posso dire di avere letto tutto. Le pubblicazioni sono smisurate e ogni anno escono sempre nuovi libri caratterizzati da un fatto irreversibile: chi li scrive è sempre più lontano dai fatti succeduti. I sopravvissuti dei campi, i testimoni di quegli anni, le generazioni che hanno vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale, presto non saranno più in vita, non potranno più raccontare le loro storie. Oggi ci sono i loro figli, i nipoti, persone che hanno vissuto l’Olocausto in maniera riflessa e non per questo meno drammatica. La storia dell’Olocausto è un storia in cui il male ha mostrato la sua faccia peggiore, la crudeltà dei carnefici ha potuto causare tali sofferenze da essere difficilmente concepibili, però non dimentichiamolo non fu solo una storia di orrore ma anche di coraggio, di abnegazione, di uomini che misero a repentaglio le loro vite per salvare più persone possibili, di giusti tra le nazioni. Come non citare Schindler, conosciuto dal grande pubblico grazie al film di Spielberg, Perlasca, Wallenberg, e i numerosi, che forse resteranno per sempre sconosciuti, che furono deportati e persero la vita nel tentativo di proteggere amici, o semplici estranei, di religione ebraica. Forse la storia delle persecuzioni degli ebrei ungheresi è la meno conosciuta, o almeno lo è per me. Gratitudine fa luce proprio su questo. Pubblicato per la prima volta in Canada del 2008 e vincitore del 59° “U.S. National Jewish Book Award for Fiction” e del “Canadian Jewish Book Award” questo romanzo spiccatamente corale unisce alla storia di fantasia, che drammatizza le vite di una ricca famiglia ebrea ungherese che visse durante l’ultima guerra, l’azione eroica di Raoul Wallenberg, personaggio realmente esistito, che salvò e protesse migliaia di ebrei ungheresi fornendogli falsi passaporti svedesi e case che non potevano essere violate, esattamente come fece l’italiano Giorgio Perlasca nella ambasciata spagnola a Bucarest.
La famiglia Beck, di cui Gratitudine racconta la storia, è una famiglia dell’alta borghesia, una famiglia facoltosa di professionisti, avvocati, medici segnata dagli stessi drammi di migliaia di famiglie ungheresi, accomunate tutte dai rastrellamenti eseguiti dai nazzisti che iniziando dai confini fino ad arrivare a Budapest deportavano tutti gli ebrei che riuscivano a stanare. I tre fratelli Beck Paul avvocato, Istvan dentista e la più giovane Rozsi, accomunati dal dolore, dal coraggio, dalla voglia di sopravvivere alla follia che li circonda danno vita a una saga familiare in cui anche i personaggi minori, come gli zii e i cugini, assumono un ruolo fondamentale nello svolgimento della trama. Storie private che si confrontano con la storia con la “s” maiuscola. Paul aiuta Wallenberg in tutti i modi strappando letteralmente gli ebrei in partenza dai treni che li portavano nei campi di concentramento. Istvan viene nascosto nelle cantine dalla sua assistente Marta che viene deportata ad Auschwitz proprio per averlo aiutato. Rozsi vive una bellissima storia d’amore con un fotografo che viene catturato e deportato. Finita la guerra dato che il fidanzato non torna per il dolore si suicida. La cura delle ambientazioni, lo scavo psicologico dei personaggi, l’abilità con cui l’autore alterna e amalgama storia e fantasia, fanno di questo romanzo un commovente affresco dell’Ungheria occupata, dando soprattutto grande risalto al senso di sgomento e vera e propria incredulità con cui gli ebrei vissero questo stato di cose, perfettamente integrati da secoli nella vita di un paese moderno, amante della pace e cosmopolita. Il lettore, come i personaggi, vengono chiamati in causa e ognuno deve prendere posizione, schierarsi, cercare di capire quali sono le radici del male e come queste radici si insinuinino nella mente degli uomini. La bassezza, la codardia, l’egoismo di coloro che approfittarono della situazione gareggiano quasi con la crudeltà di coloro che torturarono, depredarono, uccisero e non si può far altro che guardare in faccia cosa gli uomini furono capaci di fare per trovare la forza di fare tesoro delle esperienze del passato e cercare così di creare un futuro, se non più giusto, perlomeno più umano. Nonostante il volume sia piuttosto corposo, 530 pagine, si legge molto facilmente in un paio di giorni.
Gratitudine Joseph Kertes, Elliot Edizioni, collana Raggi, 530 pagine, 2011, Traduzione Cosetta Cavallante, Prezzo di copertina 19,50.