Tutti costoro furono onorati dai contemporanei,
furono un vanto ai loro tempi.
Di loro alcuni lasciarono un nome,
che ancora è ricordato con lode.
Di altri non sussiste memoria;
svanirono come se non fossero esistiti;
furono come se non fossero mai stati,
loro e i loro figli dopo di essi.
A questa citazione biblica (Siracide 44, 7-9) si ispira Nicolas Mathieu per il titolo del suo nuovo libro, da poco pubblicato in Italia da Marsilio, ma già vincitore del Premio Goncourt 2018.
Le vite che mette nero su bianco l’autore sono proprio quelle che più facilmente si tende a dimenticare, uomini e donne qualunque alle prese con le miserie della vita. Anni Novanta, siamo nella Lorena, regione della Francia del nord-est, vicina al confine con il Lussemburgo; tutto si svolge a Heillange, cittadina immaginaria. Qui nell’arco di quattro estati un osservatore esterno ci racconta la vita di tre giovani: Anthony, Hacine e Stéphanie. Le loro vite si sfiorano e si intrecciano durante il tempo del racconto e il lettore li segue fino al momento della loro crescita, in quel passaggio che segna la fine dell’infanzia e l’inizio dell’età adulta. Dal 1992 al 1998 qualcosa si perde in quelle estati scandite dalle canzoni che danno il ritmo alle loro giornate: è la fine dell’ingenuità e l’inizio delle responsabilità, lo scontro tra aspettative e realtà.
Anthony ha quattordici anni, una palpebra semichiusa che gli conferisce un’aria perennemente imbronciata e un padre alcolizzato; Hacine ha qualche anno in più, è di origine marocchina, vive con il padre in un appartamento delle case popolari, ma pur di non finire come lui, piegato e consumato dal lavoro in fabbrica per pochi franchi, si dedica a qualsiasi tipo di espediente, dallo spaccio al furto. Infine Stéphanie, Steph per tutti, lunghi capelli biondi fermati in una coda di cavallo e un’autentica ossessione per il bello e dannato della scuola, Simon Rotier. Tre ragazzi provenienti da famiglie diverse, alle prese con problematiche tipiche dell’adolescenza, ma anche con differenti disagi affettivi e sociali. Una cosa li accomuna: il desiderio di riscatto, di evadere da quella valle che gli imprigiona, di avere delle vite migliori di quelle dei loro genitori: più felici, più complete, più soddisfacenti. Sì perché nonostante gli sforzi nessuno riesce a riscattarsi completamente: sembra che il loro status sia un marchio indelebile che grava sulle loro esistenze.
La stessa Heillange, un tempo florida per la presenza degli altiforni, sembra adesso ammantata da un velo di decadenza. Agli occhi dei ragazzi la città si fa al tempo stesso culla e prigione. Heillange è il luogo in cui sono nati e cresciuti, ma nei loro sogni il futuro è altrove, in città come Parigi, città più grandi, ricche di prospettive e possibilità. Ma imparare a cavarsela altrove non è così facile e scontato come nei sogni adolescenziali e spesso ogni strada imboccata dai ragazzi sembra riportare all’origine.
Steph pareva cercare qualcosa nel paesaggio. A furia di girare a piedi, in bici, in scooter, in autobus, in macchina, conosceva la valle a memoria. Tutti i ragazzi erano come lei. Lì la vita era una questione di tragitti. Si andava a scuola, dagli amici, in città, in spiaggia, a farsi una canna dietro la piscina, a incontrare qualcuno ai giardinetti. Si tornava a casa, si usciva di nuovo, idem per gli adulti, il lavoro, la spesa la tata, la revisione da Midas, il cinema. Ogni desiderio induceva una distanza, ogni piacere richiedeva carburante. Alla lunga finivi per pensare come una mappa stradale. I ricordi erano necessariamente geografici. (…) Nella valle alcuni uomini si erano arricchiti e avevano costruito case imponenti che on ogni paesino irridevano l’attualità. Bambini erano stati divorati dai lupi, dalle guerre, dalle manifatture; ora lì c’erano Anthony e Stéphanie, a constatare i danni. Sotto la pelle gli correva un brivido intatto. Così come nella città spenta continuava a dipanarsi una storia sotterranea che avrebbe finito per esigere prese di posizione, scelte, movimenti e lotte.
Licenziamenti, lavori faticosi e poco remunerativi: tutto porta a una lotta tra poveri, a una difficoltà di integrazione sempre più inevitabile, a un’incapacità di riuscire che aumenta il divario tra genitori e figli. I primi non si accorgono delle reali conseguenze che le loro parole e azioni esercitano sui figli, mentre questi ultimi spesso perseguono desideri simili ai genitori anche se la volontà di non seguirne l’esempio e le scelte li porta spesso a compiere decisioni affrettate e sbagliate.
Nicolas Mathieu ricostruisce uno spaccato realistico degli anni Novanta, quel decennio che ha segnato e dato vita a molte problematiche dei giorni nostri. Scegliendo di raccontare tre storie qualunque l’autore non si interessa tanto all’eccezionalità della trama: quello che ci racconta sono le lotte e i sacrifici della classe operaia e medio borghese, fino alla sua decadenza. Quello che ne rimane vive nella rabbia e nei desideri dei figli dopo di loro.
Nicolas Mathieu è nato a Épinal, nella regione dei Vosgi, nel 1978 e oggi vive a Nancy. Ha esordito nel 2014 con il noir Aux animaux la guerre, da cui è stata tratta una serie tv. E i figli dopo di loro, suo secondo romanzo, accolto con entusiasmo da critica e pubblico, ha vinto nel 2018 numerosi riconoscimenti letterari, tra i quali il Prix Goncourt, ed è in corso di traduzione in venti paesi.
Source: libro inviato al recensore dall’editore, che ringraziamo.