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:: Incontri con i docenti: Prof. Dr. Hussein Hamouda Mahmoud, ‎ direttore del Dipartimento di Italianistica alla Helwan University (Il Cairo)

12 aprile 2015

07596eeProseguendo la serie di incontri con i docenti, abbiamo il piacere oggi di avere con noi il professor Hussein Hamouda Mahmoud, direttore del Dipartimento di Italianistica alla Helwan University del Cairo. Discuteremo della crisi dell’ editoria e del numero sempre maggiore di giovani che preferiscono alla lettura dei libri altre attività, problema presente anche in Egitto. Ecco l’intervista.

Buongiorno professor Hamouda, e grazie di aver accettato questa intervista. E’ direttore del dipartimento di Italianistica alla Helwan University. Ci parli del suo ciclo di studi, come si è avvicinato all’insegnamento?

Buongiorno a voi. Ho studiato italiano, lingua e letteratura, nella facoltà di Lingue, dell’ Università di Ain Shams, una delle maggiori del Cairo in Egitto, dove il Dipartimento d’italiano è stato inaugurato nel 1956. Ma la facoltà stessa era stata fondata già nell’ Ottocento, nell’epoca della Rinascita araba che vide la nascita della cultura araba moderna. Prima ho lavorato come traduttore, giornalista, poi, dal 1999 ho cominciato la mia carriera universitaria. Da giornalista avevo anche un lettore “ideale” a cui mi rivolgevo scrivendo gli articoli per il giornale, ma ad un certo punto ho avuto il desiderio di conoscere questo lettore, non più ideale, ma reale. I giovani interlocutori nelle aule universitarie mi sembrarono sin dal primo momento più vivi e concreti. In fine dei conti noi, tutti, insegniamo qualcosa a qualcuno nei diversi ruoli che assumiamo nella vita.

Mi innamorai della letteratura araba leggendo Le Mille e una notte. Come è nato il suo amore per la letteratura italiana?

Anche io mi innamorai della letteratura italiana leggendo le Mille e una notte italiane. Si tratta del Decameron di G. Boccaccio. Certo che erano solo dieci giornate ma sono state raccontate ben 100 novelle, mentre nelle Notti arabe sono narrate circa 250 novelle, ma alla fine si tratta di due raccolte di novelle che possono, teoricamente, durare infinitamente. Infatti la mia tesi di dottorato era una comparazione tra le Mille e una notte e il Decameron. Le posso descrivere, entrambe, come Umane Commedie, a differenza della Divina Commedia di Dante. Noi, popolazioni del bacino del Mediterraneo, siamo accomunate dalla stessa cultura.

Secondo i dati recenti forniti dalla Associazione Italiana Editori (AIE), che monitorano la quantità e la qualità di lettori in Italia, in quest’ultimo anno si sono persi 800.000 lettori. L’editoria Italiana è in crisi, le case editrici chiudono, le librerie anche storiche chiudono, mi diceva che è un problema sentito anche in Egitto.  

Le case editrici soffrono anche in Egitto, malgrado l’aumento numerico dei lettori, la crescita demografica e il basso prezzo dei libri. Ci sono 8 milioni i lettori in Egitto, in una popolazione di 90 milioni. I nuovi libri stampati sono diminuiti del 25% nel 2010. Di recente si è assistito a un nuovo fenomeno editoriale in Egitto, messo in luce nell’ultima edizione della Fiera internazionale del libro del Cairo, del gennaio 2015. Si tratta dell’editor/giovane/individuale. Hanno avuto grande successo i nuovi scrittori giovani che non sono legati a nessun editore, ma stampano i loro libri e li distribuiscono tramite una rete giovanile. Bisogna riconsiderare tutte le politiche e i dinamismi dell’editoria per poter rispondere alle nuove esigenze dei nuovi lettori.

Per la mia generazione i libri erano simbolo di libertà, di indipendenza critica, di confronto, di amore per mondi anche lontani e diversi dal nostro. Ci confrontavamo con la diversità e altre culture. Ci avventuriamo verso una società globalizzata sempre meno libera?

Sembra che ci siano novità nel contesto attuale rispetto al contesto in cui abbiamo avuto la nostra esperienza di vita. Si tratta della “rete” invece di librerie o biblioteche. I libri online e quelli elettronici sono in aumento. Il fatto, mi fa ricordare il discorso di Umberto Eco alla Fiera del libro di Torino nel 2009, quando parlava della memoria metallica invece di quella cartacea. Dal punto di vista quantitativo le informazioni delle nuove generazioni sono assai più abbondanti di quelle che potevamo avere al nostro tempo. Con l’immigrazione, la virtualità della cultura e i contatti mondiali sempre più ricchi assistiamo ora a una maggiore consapevolezza del mondo. I libri non perderanno il loro ruolo, anche se perderanno la forma tradizionale, grazie al progresso tecnologico. Gli autori di oggi dovranno trovare soluzioni innovative a questo problema. Malgrado questo bisogna adottare una nuova poetica. Una nuova educazione che riconosca l’altro e che sia più tollerante. La poetica della transculturazione. È compito anche dei formatori, dei docenti e professori, nelle scuole, non solo in Italia, ma in tutto il mondo: educare i giovani alla molteplicità dei mondi, tutti validi e riconoscibili.

Quali sono i principali nemici che allontanano i giovani dai libri?

La disperazione, la mancanza di libri che possano rispondere alle loro esigenze. Poi internet che diffonde una cultura mediocre, una sorta di fast food culturale. Internet crea una rete sociale efficace, ma è incapace di creare una comunità concreta, e quindi non riesce a sviluppare vere e proprie tendenze o filosofie. La rete viene dal vuoto e va nel vuoto.

La lettura dei libri offre in dono un grande regalo: il tempo. Il tempo per riflettere, assimilare i concetti, apprezzare la bellezza. Nell’era di internet, la velocità della circolazione delle informazioni è vertiginosa, si perde quasi il senso dell’analisi critica. Notizie, su notizie ci sovrastano in un brusio di fondo che sembra diventare più che fonte di conoscenza, fastidioso rumore. Come si fa ad opporsi a questo stato di cose?

Non mi sembra che sia da rifare tutto. Le informazioni sono importanti, come spunti per un sviluppo della coscienza. Ma attingere alle ricchezze del patrimonio umano è anche bello e formativo. Creare l’interesse, motivare, sensibilizzare i giovani è anche nostro compito. Noi siamo i responsabili delle nuove tecnologie che abbiamo creato senza sapere cosa farne di positivo, allora tocca a noi riorganizzare questo caos, forse tramite l’invenzione di nuove forme creative che possano attrarre o attirare l’attenzione dei giovani che sono, tecnologicamente parlando, più evoluti delle vecchie generazioni.

Perché gli stati, o meglio gli enti preposti all’educazione non sostengono progetti culturali di più ampio respiro? Non so in Egitto ma qui in Italia la scuola è un po’ il fanalino di coda, i docenti vivono quasi tutta la loro carriera lavorativa da precari, di corsa a tenere lezioni in posti lontani anche disagevoli, non avendo mai la certezza l’anno successivo di essere confermati. I giovani ricercatori universitari vanno all’estero. Sono sempre meno coloro che scelgono di lottare contro la burocrazia, l’ignoranza, la mancanza di fondi. Da docente, avendo un fondo da destinare a incrementare la lettura, cosa farebbe?

Gli Stati ora non sostengono nessuno. L’economia di mercato mette tutti in una situazione di precariato. Anche la cultura. La situazione è la stessa in tutto il mondo. Non ci sono più fondi, né in Europa né nel resto del mondo. I fondi vengono sprecati nel mondo politico e imprenditoriale. I fondi che ho per i libri sono diminuiti tanto da arrivare a solo 250 euro per anno con cui devo provvedere all’ acquisto di libri in un Dipartimento di italianistica che serve 300 studenti, 15 docenti e ricercatori.

Quali sono i libri che considera indispensabili, quelli fondanti, per un giovane egiziano che volesse avvicinarsi alla letteratura italiana?

Tanti. Le tre corone della letteratura e padri della lingua italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio. Ariosto. Tasso. Alfieri. Goldoni. Manzoni. I veristi. Pirandello. I neorealisti. I moderni. Gli italo-egiziani Marinetti, Ungaretti e Pea. Leopardi e Carducci. Il teatro italiano fino a Dario Fo e oltre. Vittorini, Pavese, Calvino, Buzzati. Moravia. Tabucchi, Eco e Baricco. Saviano e Camilleri. Sciascia e Consolo.

Per favorire l’analisi comparativa tra letteratura araba e italiana, che soluzioni auspicherebbe?

Per favorire il confronto tra le letterature mediterranee bisogna dare una maggior spinta alla traduzione tra le diverse lingue, che sono il ponte essenziale per la comunicazione letteraria. Le soluzioni dovrebbero, poi, avvalersi delle teorie della ricezione, dell’ ermeneutica, dell’  imagologia, e della transculturazione. Queste tendenze di interpretazione e di critica letteraria ci aiuteranno a vedere in modo più chiaro le nostri radici comuni. Bisogna affermare, comunque, che ci accumunano tante cose, più di quelle che ci separano. Le teorie, gli studi e le poetiche del grande comparatista italiano, di fama mondiale, Armando Gnisci sono sicuramente utilissime a questo riguardo.

Imparare una lingua diversa da quella materna, anche in età adulta, è una sfida affascinante. Penso ai tanti giovani che attraversano il Mediterraneo per approdare in Europa. La letteratura delle migrazioni è una delle più ricche e profonde letterature contemporanee. Inviterebbe questi giovani a scrivere, raccontando le loro esperienze?

Scrivere la propria esperienza è un atto di generosità. Significa che mi doni una parte di te, della tua vita. Invito tutti, giovani e non, a scrivere, a comunicare agli altri le proprie vite cosa che arricchisce anche le nostre vite. La letteratura della migrazione è, invece, essenziale per dare una nuova linfa alle letterature invecchiate. Per la seconda generazione degli immigranti il problema della lingua non rappresenta nessun ostacolo, dato che i giovani saranno formati nella società di destinazione. La prima generazione, invece, impara la lingua facilmente, perché è una lingua di vita, che si usa nel quotidiano. Poi si scrive in un italiano compromesso, o si scrive a quattro mani, ma arriverà il momento in cui scatterà automaticamente il modulo linguistico che trasforma la lingua acquisita in quella cognitiva, cioè in una lingua meticcia o creola, un miscuglio di due lingue madri o quasi.

Sono cristiana, ma ho avuto modo di leggere il Corano, anzi lo rileggo spesso, e mi trasmette sempre un grande senso di pace. Ripensando a fenomeni come il terrorismo islamico che sembrano dare ai popoli di fede musulmana, almeno in Occidente, un’ aura negativa, non pensa che una maggiore diffusione dei libri diminuirebbe anche il grado di aggressività e violenza diffusa?

Il terrorismo non è un fenomeno islamico, ma universale, legato più alla politica che alla religione. La religione viene abusata o strumentalizzata nei conflitti politici. Separare la religione e la politica è un compito dell’ Occidente, accusato di sostenere tanti movimenti fanatici nel mondo islamico, che inseminano il terrore con le armi occidentali. L’Occidente deve promuovere una cultura di pace e di tolleranza, non solo nei propri paesi, ma in tutto il mondo. Il libro, certamente, è molto utile a combattere tutte le forme di fanatismo e estremismo, che nascono dall’ignoranza. Il libro è contro il terrorismo perché è contro l’ignoranza. Perché illumina d’immenso.

Il progresso tecnologico, più che un ostacolo può essere un alleato. Oltre ai libri cartacei, stanno diffondendosi i libri digitali, aperti a numerosi contenuti interattivi. Immagini, suoni, link possono rendere la lettura dell’Odissea altrettanto appassionante che un video gioco (se non di più). Cosa ne pensa? Preferisce il libro tradizionale, o è favorevole anche agli ebook? Gli studenti con meno possibilità economiche come possono accostarsi a questi mezzi tecnologici?

Temo che nel prossimo futuro non sarà una questione di preferenza, ma di obbligo. Da ora bisogna investire di più nella creazione di nuove biblioteche virtuali e elettroniche sostenute dagli stati e disponibili, specialmente per le classi più povere. Bisogna riconoscere il diritto alla cultura come un fondamentale diritto umano garantito ai bambini, ai diversamente abili, ai poveri, senza nessuna forma di discriminazione.

Per concludere, cosa si auspica per il futuro?

Più cultura e più felicità; meno politica, meno consumismo, meno abuso, meno violenza, meno armi, meno disagio per tutta la terra.