Posts Tagged ‘Cose Note Edizioni’

:: Un’intervista con Roberto Saporito, autore di Polimeri, a cura di Giulietta Iannone

6 giugno 2025

Bentornato Roberto su Liberi di scrivere e grazie di averci concesso questa nuova intervista. È appena uscito, per Cose Note, il tuo ultimo romanzo Polimeri, un romanzo breve molto particolare ce ne vuoi parlare? Come è nata l’idea di scriverlo?

Grazie a te, questo è sempre un bel posto dove stare. L’idea è nata dalla mia ossessione, mentre scrivo, del rapporto sottile tra realtà e finzione, uno dei miei “temi” preferiti e quindi ricorrenti, ma in questo caso portata all’estremo parlando di cinema e quindi di fiction per definizione.

Partiamo dal titolo, Polimeri, mi ha ricordato un romanzo: Il giorno della locusta di Nathanael West anch’esso una satira molto feroce sulla discarica emozionale che è l’effimero mondo del cinema dove tutto è di plastica. Hai letto quel romanzo? Ti è stato di ispirazione?

No, non ho letto quel romanzo e nel mio caso dato che l’espressione “materie plastiche” viene spesso usata come sinonimo di polimeri, questo è un libro sulle paure di plastica (quelle finte, dei film, della fiction, ma anche del romanzo) e sulle paure di vetro (quelle reali, quelle vere, quelle che fanno anche sanguinare).

Che altri romanzi o racconti ti hanno ispirato?

In verità l’ispirazione non è mai diretta, non penso mai a un libro in particolare o un autore, mi sembra che tutto arrivi direttamente dalla mia mente, però poi in effetti quello che leggiamo o vediamo in un modo o nell’altro ci influenza, ma per me non è mai premeditato, forse rileggendo quello che scrivo a posteriori mi vengono in mente riferimenti, tipo, in questo caso, la Los Angeles di Bret Easton Ellis o alcune situazioni e atmosfere alla David Lynch.

Parlaci della trama, come hai scelto il protagonista, a chi ti sei ispirato?

Il romanzo ha per protagonista un attore italo-americano intorno ai cinquant’anni di medio successo con la carriera in ascesa che passa dal girare una serie televisiva americana importante alla pubblicità del tonno in Italia, fino all’ambizioso progetto del remake, di produzione americana, e girato a New York al posto di Roma, del film “La grande bellezza” di Sorrentino.

Ambientato all’inizio in una Los Angeles dove accadono cose al limite del lynchiano (nel senso che sembra di essere in un film di David Lynch, come ti dicevo), dove un misterioso personaggio perseguita il protagonista senza nome della storia, dove accadano cose, per il protagonista, enigmatiche, inspiegabili, inquietanti, spaventose, e anche macabre, la storia poi si snoda tra New York, dove il protagonista incontra la figlia che non vede praticamente mai e con la quale ha un rapporto molto freddo e distaccato (forse perché separato dalla moglie, forse perché non è mai stato un padre presente), e Roma dove vive quando non è in giro per il mondo e dove farà la pubblicità per una famosa marca di tonno, lamentandosi che in Italia lo cercano solo per la pubblicità del tonno, appunto, mentre in America lo cercano per film da presentare ai Golden Globe, e, magari, alla notte degli Oscar, o per serie televisive blasonate (le serie, il nuovo vero cinema di oggi? La nuova vera letteratura, come diceva un mio amico editor?), a sottolineare come un tempo a Roma si facessero i film d’autore, mentre ora l’unica cosa importante sono diventati (solo) i soldi, e la loro velocità di realizzazione, dove il cinema non è più un faro (un esempio) per il mondo cinematografico ma un provinciale recinto di cinepanettoni, e pubblicità del tonno, appunto.

Il limite tra realtà e finzione è molto sottile, tutti nella vita recitiamo un ruolo, sociale, famigliare, lavorativo, politico. Improvvisiamo, recitiamo a soggetto, ci costruiamo un’identità fittizia da esibire al mondo. Il tuo personaggio quando per esempio cerca di fare il padre, recita come ci si immagina un padre debba essere. Come hai analizzato questo limite?

Penso che tutti chi più chi meno, recitiamo nella vita, magari senza neanche rendercene conto, dai rapporti personali giù giù fino a quelli lavorativi, nel libro il protagonista si sente disarmato nei confronti degli accadimenti della vita, assolutamente inadeguato nel rapporto con la figlia, e si difende recitando praticamente sempre, tentando di trasformarsi da “persona” introversa a “personaggio” estroverso, in fondo è un uomo che ha perso la capacità di distinguere il vero dal falso, il passato dal presente, e, in particolare, il personaggio dall’essere umano.

Un romanzo noir se vogliamo, perché metti sempre sfumature nere nelle tue storie? La vita è noir?

In verità a me le etichette non piacciono, quando mi chiedono cosa scrivo io rispondo semplicemente “narrativa letteraria”, che è un contenitore dove ci puoi mettere qualunque cosa dal noir (appunto) al romanzo esistenziale, dall’educazione sentimentale al romanzo di formazione, i generi, tutti, sono a disposizione di chi scrive, è una questione di dosaggio, ma in effetti mi piace parlare della parte “oscura” della vita, perché ne è parte fondamentale, tutti, nessuno escluso, in determinate circostanze possiamo fare qualunque cosa, anche la più spregevole. Mi piace però l’idea post-postmoderna (e qui in questa etichetta forse un po’ mi riconosco) che, dal momento che tutto è già stato detto, in scrittura tutto è permesso, come in “Polimeri” dove la storia viene raccontata alla prima persona singolare (io), alla seconda persona singolare (tu) e perfino alla prima persona plurale (noi) in una serie di capitoli dedicati agli anni Ottanta a New York.

Il tuo personaggio sta invecchiando ha superato i cinquanta e non è facile per lui sopravvivere in un mondo dove l’apparenza e l’aspetto fisico sono preponderanti. Non si devono avere cedimenti, le rughe e i capelli grigi sono quasi una condanna. Tu come stai affrontando il tempo che passa, ti senti a tuo agio nel tuo corpo che cambia?

In verità sì, al contrario del personaggio del mio romanzo che è ossessionato dal tempo che è passato, in questo momento mi sembra di essermi liberato da una sorta di giovinezza fittizia: mi sembra di essere stato giovane per troppo tempo, era ora di finirla, ma mentre per il personaggio del romanzo è un trauma, al limite del pensiero fisso, per me è una liberazione, appunto.

Roberto Saporito e il romanzo breve, che legame vi lega, è la tua forma ideale di racconto?

In verità non mi sono mai posto il problema della lunghezza, inizio a scrivere una storia e smetto di scriverla quando questa finisce di ossessionarmi e di solito il risultato, quando metto la parola fine, è un romanzo breve, ma non c’è premeditazione, succede e basta.

Potresti pubblicare coi maggiori editori italiani, e scegli sempre piccoli editori di nicchia, ti danno maggiore libertà? Preferisci non essere stritolato dal mainstream?

Ultimamente pubblico per editori che mi cercano, con gli ultimi due ho avuto l’onore e l’onere di inaugurare le loro collane di narrativa, e sì ho maggiore libertà e forse potrei pubblicare con una major, con tutto quello che ne comporta, ma dovrebbero darmi davvero tanti, ma tanti, soldi, e/o, completa libertà.

Come ultima domanda, ringraziandoti della disponibilità, vorrei chiederti a che nuovo progetto stai lavorando?

“Polimeri”, il mio nuovo romanzo, lo si può considerare il mio “piccolo” romanzo italo/americano, che potrei mettere in contrapposizione al prossimo (in lento, lentissimo, cantiere) che pomposamente, arbitrariamente e anche arrogantemente si può definire il mio “grande” romanzo italiano (forse anche per lunghezza, chissà), ed è la storia di uno scrittore italiano che da quando ha vinto il premio Strega (sei anni prima) non ha più scritto nulla e per sbloccarsi il suo editore lo fa invitare in una prestigiosa residenza per scrittori situata in un sontuoso palazzo del XVII secolo e qui incredibilmente comincia a scrivere un nuovo romanzo che diventa un testo parallelo alternando un capitolo alla seconda persona singolare (tu) dello scrittore ospite della residenza e un capitolo che è il romanzo che sta scrivendo alla prima persona singolare (io), la storia di un ricco avvocato che un giorno si sveglia e decide di cambiare vita, in un doppio livello narrativo di stampo postmoderno.

In pratica un libro (la realtà, o quantomeno una forma di?) con all’interno un altro libro in divenire (la finzione?).

E poi ci sono altri sette illustri scrittori ospiti della residenza che diventano un microcosmo di storie che fanno da corollario (da coro) alla storia dello scrittore protagonista.

Ma è anche un micro spaccato del mondo editoriale (un altro dei miei temi ricorrenti e preferiti) e delle sue astruse dinamiche.

:: Polimeri di Roberto Saporito (Cose Note 2025) a cura di Giulietta Iannone

1 giugno 2025

[…] mi sembra di perdere tempo, mi sembra che non sia questa la vita vera, come recitare, mi sembra che la vita vera sia da un’altra parte […].

Roberto Saporito predilige la narrativa breve e con il suo nuovo romanzo Polimeri, edito da Cose Note Edizioni di Alba, ci da un nuovo saggio del suo poliedrico talento. In apparenza omaggio postmodernista, con venature noir, al cinema, in realtà in questo romanzo l’autore analizza e scandaglia il limite tra realtà e finzione e chi meglio dell’attore protagonista, rigorosamente senza nome, può incarnare questo duplice ruolo in cui la finzione sembra sempre più prepotentemente sovrapporsi alla realtà. Il protagonista, un attore italo-americano che ha superato la boa dei cinquat’anni, e sta sperimentando cosa significhi invecchiare nel mondo fittizio dell’industria dell’intrattenimento, è un figlio dell’Actors Studio, che ha fatto suo il metodo Stanislavskij, metodo che fa provare all’attore realmente le emozioni che è tenuto a portare sullo schermo o a teatro. Ha un ex moglie, una figlia, e una carriera in cui deve reinventarsi lasciando il ruolo dell’attor giovane, e belloccio, per quello dell’uomo di mezza età, che lo portano dal recitare in una serie televisiva americana importante ad accettare di girare uno spot pubblicitario per un tonno in Italia, umiliante ma ben redditizio, anzi dal compenso astronomico. Poi la fortuna gli arride di nuovo e si trova coinvolto in un progetto ambizioso quello del remake, di produzione americana, ma girato a New York al posto di Roma, del film La Grande Bellezza di Sorrentino. Tra Los Angeles, New York e Roma, il protagonista avrà anche a che fare con un misterioso personaggio che lo perseguita, si sa l’America è un posto pericoloso pieno di serial killer, può succedere di tutto andando anche solo al supermercato, dando venature noir alla storia e arricchendo anche di sfumature macabre un racconto, narrato in prima persona, denso di riflessioni intimistiche e di lezioni di vita. Qui niente è quello che sembra. Qui tutto è finto. Qui tutto è di plastica.

Roberto Saporito, prima di dedicarsi completamente alla scrittura, ha studiato giornalismo e diretto per trent’anni una galleria d’arte. È autore di numerosi romanzi e raccolte di racconti, tra cui Harley-Davidson (1996), Il rumore della terra che gira (2010), Generazione di perplessi (2011), Il caso editoriale dell’anno (2013), Come un film francese (2015), Respira (2017), Jazz, Rock, Venezia (2018), Come una barca sul cemento (2019), In nessun luogo (2022) e Figlio, fratello, marito, amico (2024). Suoi racconti sono apparsi in antologie e su autorevoli riviste letterarie. Ha tenuto una rubrica sul magazine Satisfiction.