E’ da pochi giorni uscita, unicamente in formato digitale, una raccolta di tre racconti brevi di Luigi Bernardi, per Doppiozero, intitolata Avvoltoi e composta da Voglio te, A morte scoperta e Madre mia di morte nera. Giunge essenzialmente inattesa, solo a marzo è uscito dell’autore il suo ultimo romanzo, Crepe, che abbiamo avuto modo di recensire su queste pagine virtuali. Luigi Bernardi ci ha abituati alle sorprese e non è autore costretto a sfornare opere per logiche di marketing, a volte non rispettose dei ritmi della creatività. Se ha pubblicato questa raccolta e perché ne sentiva la necessità, perché si sentiva pronto a parlare di due temi, solo apparentemente slegati e quasi contrapposti. La morte e il legame tra genitori e figli. Nella nota finale è tutto spiegato, la genesi dei racconti e chi sono gli “avvoltoi” del titolo, oltre a contenere una verità, una riflessione stessa sulla narrazione, che ci avvicina di più al modo con cui gli scrittori osservano la vita.
Tre racconti dunque, autonomi, indipendenti, coerentemente difformi anche per scelte stilistiche, il primo portatore di una terza persona più oggettiva, imparziale, da osservatore esterno, i restanti due definiti da un’ introspettiva prima persona, uniti solo accidentalmente da una omogeneità tematica che predispone all’ascolto, alla ricerca di nessi e connessioni nascoste. Perché quasi sempre Bernardi parla di altro, sottende significati che ad una prima lettura superficiale sfuggono. Consiglio infatti più di una lettura, sono racconti brevi, non vi porteranno via più di pochi minuti e vi accorgerete che già a una seconda lettura l’apprezzamento e la comprensione miglioreranno e vi lasceranno intravedere il modo particolare di Bernardi di dire cose profonde, anche quando non pare.
Il primo racconto Voglio te, il più militante, cadenzato dalle strofe della canzone del 1974 di Mogol Battisti, Due mondi, dedicato e qui rimando alla nota finale, è sicuramente il più strutturato per trama e sottotrame. Inizia con la chiusura di una bara, descritta con minuzia di particolari come un rito, non religioso seppure ne conserva tutta la sacralità. In un alternarsi di un prima e di un dopo, il tempo fluttua e ci concede un mistero da svelare. Un uomo e una donna si incontrano per parlare di un terzo personaggio che non compare, ma che è il protagonista occulto del racconto. Un personaggio che è la personificazione dei responsabili dei sogni traditi del 68, scarnificazione di un Saturno che divora i suoi figli, anche quando la sua unica arma resta la memoria.
In A morte scoperta e Madre mia di morte nera, racconti più allegorici e se vogliamo più brevi, volutamente narrati in prima persona, quasi si ha la sensazione di assistere a delle confidenze, sussurrate, documentate, catartiche. In A morte scoperta, il tono è più deciso, consapevole, l’io narrante elabora un lutto e parla di suo padre attraverso un sogno, negando volutamente i toni retorici dell’agiografia. Pur non sfuggendo sfumature d’affetto. In Madre mia di morte nera, più intimistico e sfumato, un figlio ricorda la madre lasciandosi sfuggire un liberatorio Solo il desiderio di essere figlio, una volta tanto nella vita. Lo stile letterario di Bernardi, caratterizzato dall’ immediatezza, dall’ essenzialità, e da una certa asciuttezza priva di accessori inutili o superflui, frutto di puliture e limature, ha ormai raggiunto la acuminatezza di una lama capace di recidere, nervi, tendini, vene, luoghi comuni.
Luigi Bernardi (1953, Ozzano dell’ Emilia) ha creato e diretto case editrici, riviste e collane di libri e fumetti. Come narratore ha pubblicato: i romanzi Tutta quell’acqua (Dario Flaccovio, 2004) Senza luce (Perdisa Pop, 2008) la trilogia Atlante freddo (Zona, 2006) e alcune raccolte di racconti. E’ autore di libri sui rapporti tra crimine e contemporaneità tra cui A sangue caldo (DeriveApprodi, 2002). Ha scritto per il teatro e per il fumetto. Vive e lavora a Bologna, di cui ha raccontato storie e memoria in Macchie di rosso (Zona, 2002). Il suo sito: www.luigibernardi.com