
«Non poteva esistere opera del conte Hugo Beckenbauer più grande dell’Abisso di San Sebastiano, insisteva Schmidt, e io ero d’accordo perché essere d’accordo con Schmidt era più facile che esser in disaccordo con Schmidt.»
Un romanzo sull’arte, sull’amicizia e sull’ossessione dal diabolico umorismo . L’arte è una cosa insidiosa. A differenza di altri campi – le scienze come la medicina e il diritto, ma anche le discipline umanistiche – nell’arte esiste la soggettività fondamentale per valutare ogni impresa artistica. Sembrano verità universali: questo dipinto è bello questo libro buono ma definire quali siano i punti fermi per una qualsiasi forma d’arte è molto difficile. E a conti fatti questo principio vale sia per i critici d’arte come per chi recensisce il libri.
Questo è l’ assurdo, spiritoso e presuntuoso dato dei fatti che Mark Haber esplora e denuncia con grande abilità in ” L’abisso di San Sebastiano”.
Il libro basato su un concetto apparentemente semplice. Il narratore è una sorta di fenomeno nel mondo accademico-critico, essendo stato uno dei co-scopritori di un pittore rinascimentale olandese del XVI secolo, il “conte” Hugo Beckenbauer, e del suo capolavoro trascendente, l’ Abisso di San Sebastiano. Il “co” nella frase precedente costituisce il fulcro del romanzo: il nostro eroe, mentre era uno disilluso studente universitario a Oxford, strinse amicizia con il volubile compagno di studi austriaco, Schmidt, con il quale poi scoprì il piccolo dipinto dimenticato tra le pagine polverose di un libro di testo. Ripensandoci, tanto tempo dopo, tre o quattro decenni, a quanto pare sempre per bocca del narratore, del quale non sapremo mai il nome, apprendiamo come in seguito lui e Schmidt siano diventati quasi delle superstar nel mondo dei critici d’arte e degli autori del settore.
I due infatti hanno pubblicato testi tenuto innumerevoli conferenze, scritto uno dopo l’altro tutta una serie di libri sui dettagli del piccolo dipinto, ponderosi tomi che valutavano le ombre sfumate di un cielo apocalittico o lo sguardo pazientemente enigmatico dell’ “asino sacro” che compare in primo piano nell’opera.
Tuttavia negli anni , tra i due amici colleghi, complici varie incomprensioni e l’odio dell’austriaco per le due mogli del narratore, c’è stato un brutto litigio provocato da un suo misterioso commento aborrito da Schmidt. Litigio che ha finito con trasformare la loro precedente fattiva collaborazione, in una sciagurata guerra combattuta a suon di sferzanti commenti e la pubblicazione di brucianti saggi.
Il nostro protagonista, tuttavia dopo anni dall’inizio delle ostilità tra loro, riceve una e-mail da Schmidt. Sembra che il suo vecchio amico sia in punto di morte a Berlino, e vuole che l’amico vada a trovarlo per l’ultima volta.
L’arrivo di questa mail “tutto sommato breve” di sole nove pagine, dopo tredici anni di glaciale rottura e il successivo viaggio transatlantico del narratore rappresenteranno il successivo ed esplicativo fil rouge della storia. L’abisso di San Sebastiano che parla soprattutto del passato , diventa un ironica presa di giro della critica d’arte ma anche dei tanti rischi legati all’ambizione. Scopriremo un mucchio di dettagli sul dipinto e sull’autore, un certo Beckenbauer, e sulla sua sordida vita di pittore nomade, sessuomane e sifilitico. E la cui opera, salvo quell’unico quadro speciale, pare fosse insignificante.
Scopriremo che Schmidt era solito dire che la pittura, apparentemente finita in pratica nel 1528 con la scomparsa di Matthias Grünewald, era stata in seguito salvata solo dalla pittura fiamminga, dal Manierismo olandese e dal Rinascimento. L’arte pittorica a suo vedere tuttavia era morta una volta per tutte, diceva, nel 1906, ultimo rappresentante, Cézanne. Tutto ciò che era venuto dopo non era arte per lui: solo della spazzatura .
Ma i tanti libri in materia scritti sul dipinto dai due amici/rivali non erano in realtà capolavori di approfondita ricerca su un’opera ma piuttosto demagogiche pubblicazioni in una gara tra loro perdurata decenni.
L’autore omette deliberatamente i dettagli del dipinto in sé: sappiamo solo che ci sono un asino, una parete rocciosa, raggi di luce e degli apostoli, ma non è certo abbastanza per capire perché gli siano attribuite qualità tanto straordinarie.
Ma man mano che la storia procede si ha tuttavia la sensazione che il narratore scopra che tutta quell’erudizione dedicata a L’abisso di San Sebastiano si sia alla fine trasformata in una specie di prigione che uccideva il piacere dell’arte invece di accrescerlo, tanto da chiedersi se ne fosse mai valsa davvero la pena.
Una scrittura piena, accurata, che si avvale di sapiente maestria in un romanzo particolare, diverso e intrigante sugli effetti sterili e a ben vedere ridicoli di un acceso combattimento intellettuale a basso rischio.
Mark Haber è un autore statunitense. Ha lavorato per undici anni presso Brazos Bookstore, leggendaria libreria indipendente di Houston,Texas, dopo aver inseguito i fantasmi di grandi scrittori del passato, da Cervantes a Conrad a Bolaño. Il suo romanzo d’esordio, Il giardino di Reinhardt (Keller, 2022) e` stato inserito nella longlist del PEN/Hemingway Award.
L’abisso di San Sebastiano (Marcos y Marcos, 2025), è stato nominato miglior libro di quell’anno dalla New York Public Library e da Literary Hub.
























