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:: La libraia di Auschwitz di Dita Kraus (Newton compton 2021) a cura di Giulietta Iannone

26 Maggio 2021

A soli tredici anni Dita viene deportata ad Auschwitz insieme alla madre e rinchiusa nel settore denominato Campo per famiglie (tenuto in piedi dalle SS per dimostrare al resto del mondo che quello non fosse un campo di sterminio): quello che conteneva il Blocco 31, supervisionato dal famigerato “Angelo della morte”, il dottor Mengele. Qui Dita accetta di prendersi cura di alcuni libri contrabbandati dai prigionieri. Si tratta di un incarico pericoloso, perché gli aguzzini delle SS non esiterebbero a punirla duramente, una volta scoperta. Dita descrive con parole di una straordinaria forza e senza mezzi termini le condizioni dei campi di concentramento, i soprusi, la paura e le prevaricazioni a cui erano sottoposti tutti i giorni gli internati. Racconta di come decise di diventare la custode di pochi preziosissimi libri: uno straordinario simbolo di speranza, nel momento più buio dell’umanità. Bellissime e commoventi, infine, le pagine sulla liberazione dei campi e del suo incontro casuale con Otto B Kraus, divenuto suo marito dopo la guerra. Parte della storia di Dita è stata raccontata in forma romanzata nel bestseller internazionale “La biblioteca più piccola del mondo”, di Antonio Iturbe, ma finalmente possiamo conoscerla per intero, dalla sua vera voce. La vera storia di Dita Kraus, la giovanissima bibliotecaria di Auschwitz, diventata un simbolo della ribellione, finalmente raccontata da lei stessa.

Otto e Dita Kraus, marito e moglie, entrambi insegnanti e scrittori, sono tra i pochi sopravvissuti ad Auschwitz. Già basta questa semplice frase per capire l’importanza e il valore di testimonianza dei loro scritti. Otto Kraus è noto per il romanzo Il maestro di Auschwitz ispirato alla sua esperienza nel campo di sterminio, mentre il libro edito quest’anno da Newton compton, La libraia di Auschwitz, scritto dalla moglie Dita Kraus non è un romanzo ma una vera autobiografia, più vicina alla saggistica che alla fiction. Dita nel suo libro, diviso in tre parti, ci parla nella prima parte della sua infanzia, della sua famiglia, dell’amore per i libri maturato in una famiglia intellettualmente vivace di socialisti cecoslovacchi che dava grande importanza all’istruzione, anche femminile; nella seconda parte ci parla del suo internamento ad Auschwitz; e nella terza della sua vita dopo la liberazione. Quello che colpisce di questo libro è l’assoluta mancanza di artifici retorici. Il volume è infatti caratterizato da una scrittura semplice, piana, diretta, frasi brevi ed essenziali che narrano un vissuto senza la volontà nè di commuovere nè di stupire. Dita ci narra semplicemente se stessa, con grande dovizia di particolari semplici, umili, quotidiani. Il linguaggio stesso è quotidiano, normale. E quando commuove, perchè ci sono frasi che colpiscono nel profondo, quasi non se ne accorge e con levità e grazia passa oltre. Se il cuore del libro è senz’altro la seconda parte dove viene narrato il periodo di internamento prima nel ghetto e campo di concentramento di Terezin, poi ad Auschwitz, poi in altri campi di lavoro in Germania, quello che mi ha davvero colpito, il vero messaggio del suo libro è il grande valore e l’importanza che ha l’educazione dei bambini e ragazzi. Quando le leggi razziali vietarono ai bambini e ragazzi ebrei di frequentare le scuole fortunosamente i genitori cercarono di far proseguire le lezioni in forma clandestina, fin quando era possibile, fino dentro ad Auschwitz stesso, come testimonia anche Otto Kraus nel suo romanzo, per cui non trovo fuori posto il titolo italiano dato al libro, (l’originale è A Delayed Life) sebbene nella realtà la parte dedicata a questa piccolissima biblioteca clandestina all’interno di Auschwitz sia molto limitata, giusto un accenno, ma significativo e importante. L’importanza dei libri, dell’educazione è fondamentale in qualsiasi circostanza, anche nei terribili frangenti che visse Dita tra persecuzioni, internamento, e lavori forzati. Il messaggio di questo libro quindi trascende il personale vissuto e si proietta oltre facendoci capire l’importanza di coloro che si dedicano all’insegnamento e alla cura dei più piccoli (i veri eroi di Auschwitz come li definisce l’autrice). Ne consiglio la lettura, specialmente nelle scuole, e a tutti coloro che vogliono conoscere meglio e più da vicino cosa fu l’Olocausto e che portata ebbe nelle vite di tante persone e famiglie. Traduzione di Laura Miccoli.

Dita Kraus nata a Praga nel 1929, è una soprav­vissuta all’Olocausto ed è la vera bi­bliotecaria di Auschwitz. Dopo la morte del marito Otto Kraus, autore di Il maestro di Auschwitz, avvenuta nel 2000, ha continuato la sua impor­tante opera di diffusione della verità. Vive in Israele.

Source: libro inviato dall’editore. Ringraziamo Antonella dell’Ufficio stampa Newton Comptron.