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:: La terra al di là di Gene Wolfe (Atlantide 2025) di Emilio Patavini

22 luglio 2025

Atlantide è una casa editrice dall’interessante catalogo, che comprende anche una oculata selezione di titoli fantascienza, da Amo Galesburg a primavera di Jack Finney a Il mondo sul filo di Daniel F. Galouye, da Riaffiorano le terre inabissate di M. John Harrison, a Godbody di Theodore Sturgeon. A queste opere si è recentemente aggiunto, ad aprile di quest’anno, il romanzo La terra al di là di Gene Wolfe (1931-2019), autore americano noto per il ciclo science fantasy del Libro del Nuovo Sole, edito da Mondadori. Uscito nel 2013, La terra al di là è il penultimo romanzo pubblicato da Wolfe e racconta di Grafton, un uomo americano che si ritrova a viaggiare in un imprecisato paese dell’Est Europa per scrivere una guida turistica. Del paese non ci verrà mai detto il nome, ma sappiamo solo che in questa «terra al di là della montagne» vige una dittatura post-comunista, mentre gli abitanti hanno nomi simil-greci. Come è stato notato, il titolo originale The Land Across sembra rimandare alla Transilvania, riferimento corroborato anche dalla presenza di una residenza estiva di Vlad l’Impalatore nel paese. Se anche di Transilvania si tratta, ne è comunque una versione alternativa e distopica, uno stato di polizia che sottrae il passaporto a Grafton e lo incrimina senza motivo apparente, affidandolo alla custodia di un uomo di nome Kleon, che fin da subito non mostra alcuna simpatia nei suoi confronti, e di sua moglie Martya, che al contrario è attratta dallo straniero e decide di aiutarlo. Grafton affitta poi una casa abbandonata, i Salici (nome che rievoca Algernon Blackwood), in cui si dice che sia sepolto un tesoro. Ma al suo interno trova invece il corpo mummificato di una donna, che sarà solo la prima di una serie di disavventure che lo porterà a essere rapito da una organizzazione antigovernativa di ispirazione religiosa, la Legione della Luce, e poi a essere incarcerato. Se le premesse fanno pensare a Il processo di Kafka o a Epepe di Ferenc Karinthy, il lettore viene progressivamente sviato dall’ibridazione di generi messa in atto da Wolfe. Il romanzo passa così dalla ghost story con presenze soprannaturali e tanto di casa infestata all’intricata spy story e al thriller metafisico: Grafton viene infatti coinvolto nello scontro tra la polizia segreta, la JAKA, e la setta satanista dell’Empia Via.

Non bisogna aspettarsi da questo romanzo la complessità postmoderna del ciclo del Nuovo Sole, ma una godibile lettura di intrattenimento che all’inizio sfiora l’inquietante, poi vira decisamente verso l’azione e infine sfuma in un finale parecchio sottotono. Anche stilisticamente la scrittura è scorrevole e colloquiale, e l’uso di strategie narrative come cliffhanger e colpi di scena tradisce una certa finalità tensiva che non riesce però a resistere fino alla fine, risultando poco convincente nell’ultimo quarto del romanzo. Il modo di parlare dei locali viene reso volutamente oscuro, involuto e non sempre chiaro da comprendere, immedesimandoci nello sforzo di Grafton di confrontarsi con un modo di pensare completamente diverso dal suo. L’elemento soprannaturale si palesa nella lotta tra magia nera e bianca ed è esemplificato dalla presenza di bambole vudù e di una mano della gloria dotata di vita propria e potenzialmente assassina che fa pensare a La bestia con cinque dita di W.F. Harvey, La mano scorticata di Guy de Maupassant, ma anche a Il cadavere del vescovo Louis, racconto dell’autore inglese di ghost stories Frederick Cowles che ho recentemente tradotto per la raccolta L’orrore di Abbot’s Grange uscita per Dagon Press.

Tuttavia questo La terra al di là è un romanzo che non convince pienamente. Da un narratore come Gene Wolfe era lecito aspettarsi qualcosa di più incisivo, di più stimolante per il lettore. Non che sia una lettura lenta o noiosa, tutt’altro, ma il problema è che spesso si incontrano elementi che mettono a dura prova la sospensione dell’incredulità di chi legge. Per esempio, i personaggi agiscono alla cieca, guidati unicamente dal loro intuito, eppure riescono miracolosamente a imboccare sempre la via giusta e a non fare mai buchi nell’acqua. Dürrenmatt, per fare un nome su tutti, ci ha insegnato quanto spesso l’investigazione sia accompagnata dalla fallibilità, dimostrando come non sempre il raziocinio riesca a far luce su tutte le zone d’ombra. E di zone d’ombra in questo libro ce ne sono parecchie, forse non del tutto chiarite per volontà dell’autore, così come ci sono alcuni personaggi o entità che spariscono improvvisamente senza far più ritorno. Sembra quasi che la vena allusiva per cui l’autore è noto sia stata sacrificata ai fini della mera indagine spionistica, per quanto sia trascinante fino a un climax da weird menace anni ‘30 con la classica damigella in pericolo. La figura paterna (chi leggerà il libro capirà a cosa mi riferisco) e ambigua del dittatore del paese sembra aver imposto all’autore il dovere morale di includere una appendice in calce al libro in cui si ribadisce l’importanza della democrazia in opposizione alla fittizia autarchia descritta nel romanzo. Una scelta che appare a mio avviso pleonastica. Gene Wolfe ha la fama di autore difficile da leggere. Questo libro non è difficile da leggere né particolarmente complesso. A volte sembra solo confuso. Si avverte anche l’influenza di quell’autentico capolavoro che è L’uomo che fu giovedì di G.K. Chesterton, uno degli autori che più ha influenzato Wolfe, ma il cui genio rimane insuperato.

Gene Wolfe (1931-2019) è stato uno dei maggiori scrittori americani di fantascienza e fantasy del Novecento, vincitore di numerosi premi, tra cui quattro Locus e due Nebula. “La terra al di là”, pubblicato originariamente nel 2013 e avvicinato immediatamente alle opere di Kafka e Flaunn O’Brien, viene presentato per la prima volta in traduzione italiana.

Source: libro inviato dall’editore.