
Il Reno, in queste pagine, si trasforma da corso d’acqua in presenza primordiale: non un semplice fiume, ma un organismo vivente che scorre al di là del tempo, delle nazioni e delle mutazioni terrestri. L’autore, Mathijs Deen, ci accompagna lungo le sue sponde con una voce brillante, curiosa e profondamente consapevole. Il fiume infinito. Storie dal regno del Reno, pubblicato da Iperborea con la brillante, esperta e sensibile traduzione di Chiara Nardo, è un’opera che si pone a metà strada tra saggio, racconto e reportage.
Deen apre l’opera scandagliando il tempo geologico: le montagne che emergono, i meccanismi tettonici, le alluvioni e gli spostamenti del suolo. In questa lunga “animazione” storica, il Reno non ha una sorgente definitiva, perché è composto dalle piogge, dai piccoli affluenti, dai rigagnoli: una visione che dissolve ogni punto d’origine e suggerisce che il fiume esista prima e dopo qualsiasi confine.
Ma non restiamo ai macro-fenomeni: l’autore intreccia storie, creature e uomini che popolano il fiume. Una femmina di salmone di tre milioni di anni tenta di riscoprire il percorso dei suoi avi, ma riconosce un corso d’acqua totalmente trasformato; la “ragazza di Steinheim” – tra i resti umani più antichi ritrovati lungo il Reno – ci parla di malattia, vita e migrazione umana lontana nel tempo; battaglie romane contro Frisi e Cauci, l’assalto al ponte di Remagen nel 1945 e l’emozione di due ex cittadini della DDR che finalmente approdano alla roccia della Lorelei diventano pietre miliari di un percorso che coniuga la Storia con le storie.
La cifra stilistica di Deen è quella di uno sguardo lieve e insieme profondamente informato, capace di oscillare tra scienza e immaginazione, senza che l’una oscuri l’altra. La prosa sa essere raffinata e sorprendente, ironica e solenne, visionaria e perturbante. In più, l’autore si colloca come testimone discreto: una piccola presenza accidentale di fronte all’immensità del fiume e del paesaggio.
Il pregio maggiore del libro è la capacità di fare del Reno un simbolo europeo: un filo d’acqua che connette valli, nazioni e culture. Nel raccontare le vicende delle sponde – naturali, storiche e, via via, politiche – Deen ci ricorda che il fiume è insieme confine e percorso, limite e incontro. Tuttavia, nel desiderio di includere molto – ere geologiche, migliaia di anni, migliaia di storie, spunti autobiografici – il testo può risultare a tratti irregolare nello slancio narrativo, senza comunque fare scemare l’interesse e la curiosità, che rimangono sempre vivi nel lettore.
Il fiume infinito funziona come un canto epico e meditativo: Deen non pretende di spiegare tutto, ma stimola una visione fluida, anamorfica, in cui ogni epoca risuona nel presente di tutti. È un libro da leggere a ritmo lento, da assaporare concedendosi soste e pause, per lasciarsi suggestionare dall’eterna corrente di un fiume che pare respirare.
Un’opera che non si limita a parlare del Reno, ma ne restituisce l’eco, la potenza e la presenza forte. Si tratta di un contributo originale e di valore, che ci restituisce i luoghi naturali come custodi di memoria ed evoluzione.
Mathijs Deen è uno scrittore e giornalista olandese, autore di reportage, documentari, programmi radiofonici, saggi narrativi, racconti e romanzi che gli sono valsi importanti riconoscimenti di pubblico e critica. Iperborea ha pubblicato inoltre Per antiche strade, che combina ricerca storica, diario di viaggio e racconto, e il romanzo La nave faro.
Source: libro gentilmente donato dall’editore dopo una presentazione tenuta al Salone del Libro di Torino. Ringraziamo Francesca ufficio stampa Iperborea per l’invito e l’autore per la graditissima dedica.
























