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:: Mr. Tambourine Man non risponde

20 ottobre 2016

bd-muhammad-ali

People are crazy and times are strange
I’m locked in tight, I’m out of range
I used to care, but things have changed

Dunque, ricapitoliamo.
In questi giorni, dopo l’annuncio del conferimento del Nobel per la letteratura 2016 dato a Dylan, è successo letteralmente di tutto.
Beh, forse di tutto no, ma insomma più del solito.
Nessun Nobel per la letteratura è mai del tutto indolore, nessun Nobel per la letteratura trova tutti concordi.
Già, comunque è divertente che in questo ambito abbiano tutti voce in capitolo, diritto di parola, quando già l’Accademia di Stoccolma è un’entità misteriosa, (dopo 50 anni sono rese pubbliche le carte dei dibattiti che hanno portato alla scelta) e di solito i premiati sono geni, (sì anche Dylan lo è, si accetti o meno la pertinenza e l’opportunità del premio a lui dato).
Noi che parliamo geni non siamo, almeno io per certo so di non esserlo, quindi dicevo è abbastanza divertente tutto quello che sta succedendo.
Oltre alla gente comune che dibatte sui social network, anche personaggi più o meno illustri, più o meno competenti (e su questo argomento ci torneremo) si sono schierati pro o contro.
Insomma il corollario delle polemiche è come dire parte del pacchetto completo, ma quest’anno c’è altro. Intanto le polemiche non si placano, né tra i fan accaniti di Dylan e suoi detrattori, (che esistessero detrattori di Dylan infatti è per me una novità quasi assoluta, ma ci sono, e trovano legittimità per il semplice fatto che c’è diritto di parola per tutti, almeno nel mondo libero e democratico che sogniamo essere quello della letteratura e dell’arte. Un universo e un mondo molto migliore di quello reale), né nel versante più istituzionale che vede fallire i tentativi dell’Accademia di Stoccolma di parlare con Dylan, direttamente e avere da lui una sorta di grazie.
Esatto Dylan si nega, parla tramite i suoi collaboratori (educatissimi). Ma lui di persona, tace. Tace ai concerti, tace con la stampa, tace pure con gli amici. (E se non tace con gli amici, non sapremo mai bene cosa si dicono).
Tacerei anche io, al suo posto.
Anche se a questo silenzio si sono date miriadi di interpretazione.
Non è Dylan ad avere bisogno del Nobel, ma è il Nobel ad avere bisogno di Dylan. Le polemiche l’hanno offeso, e per non insultare pesantemente Norman Mailer, Irvine Welsh, Jason Pinter, e compagnia bella preferisce tacere. Perché Dylan è al di sopra delle polemiche. Lui è Dylan. Perché semplicemente non gli interessa, né il Nobel, né la gloria e la fama (il destino l’ha già servito), né ricevere una medaglia dal re di Svezia. O forse, dato che qualche sorrisino l’ha fatto e l’abbiamo visto tutti, la cosa l’ha immensamente divertito, giudicandola un simpatico scherzo.
Detto fra noi, per me il 10 dicembre Dylan ci andrà a Stoccolma, vestito di nero, elegantissimo, con il volto truce, non si perderà l’occasione di dire al mondo della cultura la sua. L’ha capito persino Obama come è fatto, come giudica tutto quello che gli capita e capita nel mondo.
Finiranno le polemiche?
Non credo proprio ma intanto in queste ore, in questi giorni, molti si stanno avvicinando alla sua musica, alle sue canzoni. E ce ne sono così tante che sfido io qualcuno le conosca tutte. Neanche i saggi dell’Accademia, presumo. E qui torniamo al punto cruciale di chi detiene la competenza necessaria non dico per criticarlo, ma anche solo per giudicarlo. Forse solo i fan, che antepongono il sentimento alla logica. Il suo pubblico insomma. Che gli ha permesso di non cantare le sue infinite canzoni in pub fumosi, o per quattro ubriachi nel buio di una stazione ferroviaria.
Lui che ha iniziato con pochi cent in tasca, senza uno straccio di prospettiva, come molti eroi delle sue canzoni. Sì se non hai niente hai davvero niente da perdere.
C’ero anche io tra coloro che ci sono rimasti male alla notizia del Nobel a Dylan, ma è durata poco. E soprattutto mi ha permesso di riscoprire e riavvicinarmi a questo artista, di conoscere canzoni che prima non conoscevo, di studiare le fasi della sua carriera piuttosto tormentata, tra varie morti e rinascite, e poi ormai “Things Have Changed” non mi esce più dalla mente.
E c’è ancora molto da scoprire.
Ecco quello è davvero il bello, vada o non vada a Stoccolma il 10 dicembre.
Se il compito del Nobel è avvicinare la gente, anche comune, non solo gli intellettuali, ai libri, alla poesia, alla letteratura, beh il Nobel, quest’anno, lo merita proprio l’Accademia.

:: La lunga attesa è finità: Nobel per la Letteratura 2016

13 ottobre 2016

Fra meno di un’ ora sapremo chi a chi sarà attribuito quest’anno il Premio Nobel per la Letteratura 2016. Dalle 13, di oggi giovedì 13 ottobre, in diretta streaming sapremo finalmente il nome. Siete curiosi anche voi?

Io sono già in attesa: qui il link per la diretta streaming.

Il vincitore é: Bob Dylan

bob

Hey, Mr. Tambourine Man, play a song for me
I’m not sleepy and there ain’t no place I’m going to
Hey, Mr. Tambourine Man, play a song for me
In the jingle jangle morning I’ll come following you

Ci sono rimasta male, a sentire il nome di Bob Dylan, pronunciato forse troppo sbrigativamente dalla poliglotta signora portavoce dell’Accademia svedese.
Mi aspettavo di tutto, ma non quel nome.
Mi aspettavo persino qualche ignoto scrittore africano, o mediorientale, o di qualche isola sperduta tra gli atolli della Polinesia.
Ma non Bob Dylan.
Ho provato sconcerto, delusione, dispiacere.
Bob Dylan è un musicista, cosa centra con la letteratura?
Bob Dylan è americano, per la legge delle distribuzioni territoriali, quando più premieranno Roth, DeLillo, McCarthy?
Per le leggi della fisica non si vive in eterno. McCarthy è del ’33, Roth è del ’33, DeLillo è del ‘36. Non per portare sfiga ma è una considerazione che faccio dato la clausola che il vincitore deve essere in vita.
A che gioco sta giocando l’Accademia Svedese?
Il mio favorito quest’anno era Ngũgĩ Wa Thiong’o, e per ragioni non solo letterarie. L’Africa è la terra del futuro. Quei soldi Ngũgĩ Wa Thiong’o li avrebbe usati bene. Ma invece hanno riguardato all’America, l’America delle elezioni presidenziali, del Trump contro Clinton. Scegliere Bob Dylan è un chiaro messaggio politico della colta e vecchia Europa? Da collegare al premio per la pace? Non l’Africa ma l’America, come continente al centro delle discussioni, dell’attenzione.
Tutte queste considerazioni al netto degli indiscutibili meriti di Dylan (lo ribadisco, perché c’è chi li nega in queste ore concitate). Dylan è un musicista vero, un poeta, autore di canzoni come Mr Tambourine Man, Blowin in the Wind, Desolation Row, Ballad of a Thin Man, di cui invito a riscoprire i testi, che a tutti gli effetti sono letteratura. Testi di un’ epoca in cui la musica era davvero al centro dei dibattiti politici, sociali, etici.
E così ho iniziato a rivedere le mie posizioni. Non sono una che si fossilizza, sono una che cambia idea, anche se sul momento parte in quarta.
Bob Dylan non è stato premiato come musicista o cantante, è stato premiato come poeta e scrittore. Dunque è un premio oggettivo, non dato a spiovere. La poliglotta portavoce dell’ Accademia l’ha accostato a Omero, a Saffo. Di questo hanno discusso in questa settimana aggiuntiva.
Dunque ben venga il Nobel dato a Dylan.