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:: La caduta, Michael Connelly, (Piemme, 2014) a cura di Giulietta Iannone

2 dicembre 2014
la caduta

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Che il mondo diventasse pure digitale, ma Bosch non ne voleva sapere. Aveva imparato a cavarsela con il cellulare e il computer portatile. Ascoltava la musica su un iPod e di tanto in tanto leggeva il giornale sull’ iPad di sua figlia. Ma quando si trattava di mettere assieme il fascicolo di un omicidio continuava a essere, e lo sarebbe sempre stato, un uomo che si affidava ai raccoglitori di plastica e ai documenti di carta. Un animale preistorico. E pazienza se il dipartimento ricorreva all’archiviazione digitale e nella nuova sede della polizia non c’era più spazio per gli scaffali nei quali infilare i pesanti falconi blu. Bosch era uno che credeva nella tradizione, soprattutto perché era convinto che i sistemi tradizionali facilitassero la cattura di un assassino.

E’ uscito un nuovo Connelly, e da buona connelliana doc non me lo sono lasciata scappare. Sì, certo Connelly non scrive più come all’inizio, sono finiti i tempi d’oro de Il Poeta, e bla bla. Ma chi se ne stropiccia il pizzo, questa è una storia con Hieronymus “Harry” Bosch per cui concedetemi un po’ di mood nostalgico e mettete un buon disco di jazz, rigorosamente in vinile, nel giradischi.
La caduta, (The Drop, 2011), quindicesimo police procedural edito in Italia della serie Bosch e 24esimo thriller in assoluto di Michael Connelly, come sempre esce per Piemme,(forse con un po’ di ritardo, sveglia siamo nel 2014) tradotto da Mariagiulia Castagnone. Mancano ancora all’appello The Black Box del 2012 e The Burning Room del 2014, sempre con il detective Bosch come protagonista, ma confidiamo di vederli tradotti il prossimo anno.
La caduta, già il titolo dovrebbe metterci sulla giusta strada, è un romanzo piuttosto melanconico e doloroso, più si avvicina alla pensione e più Bosch affronta con una patina di scoraggiata disperazione in più i giochi di potere all’interno del dipartimento, i tradimenti degli amici e colleghi, i lati oscuri delle donne di cui si innamora.
E questo suo essere eroe non ostante tutto, è certo una delle cose che ci piace di più di questo personaggio, un eroe certo a modo suo (pensate solo a come aggira leggi e regolamenti nella scena della perquisizione, per rincorrere la giustizia e la verità). Ma naturalmente sta invecchiando, la vista (per sparare) non è più quella di un tempo, anche l’intuito un po’ lo abbandona, non si accorge nella visione di un filmato di sorveglianza qualcosa che invece salta subito agli occhi di sua figlia, e diventa pure un po’ vendicativo con il collega Chu, che beh si il suo comportamento può essere visto come un tradimento e forse pure pregiudicare l’indagine, ma la sua reazione sa tanto di ritorsione.
Poi va beh, Bosch è Bosch.
Ma passiamo alle indagini: Bosch è ritornato all’ Unità Casi Irrisolti con il collega David Chu, e si trova ad indagare sulla morte di una diciannovenne dell’Ohio, Lily Price, giunta vent’anni prima a Los Angeles per studiare. Ma c’ è un particolare inspiegabile con cui devono fare i conti. Sulla ragazza viene riscontrata una goccia di sangue e dall’analisi del dna risalgono a un tale Clayton Pell, che rientra nel profilo dell’assassino (maniaco sessuale, trascorsi in prigione, etc…), se non fosse che all’epoca dei fatti aveva solo 8 anni. Come ci è arrivato il suo sangue sul corpo della ragazza? Chi è il vero assassino?
Mentre Bosch si interroga su tutto ciò un nuovo spinoso caso, affibiato direttamente dal capo della polizia gli piove addosso con tutte le sue odiose implicazioni. Il figlio del consigliere comunale Irvin Irving, ex vice capo della polizia, e nemico storico di Bosch, viene trovato morto sul marciapiede antistante il Chateau Marmont, uno degli alberghi più famosi di Hollywood. (Da uno dei suoi bungalow fu portato via il cadavere di Jim Belushi il 5 marzo del 1982). Suicidio o omicidio? E poi perché Irving, con tutti i loro trascorsi, vuole che proprio Bosch sia incaricato delle indagini? Possibile che si fidi solo di lui in tutto il dipartimento della Polizia di Los Angeles?
Come vedete gli interrogativi non sono pochi e Connelly non spreca tempo a farci scoprire le risposte con piccoli colpi di scena (il più inaspettato quando Bosch e Chu bussano alla porta del padre di un sospettato) posizionati al punto giusto. E oltre alle indagini, Bosch trova il tempo di innamorarsi, forse della donna sbagliata, di fare il padre, Maddy è senz’altro il personaggio che riserverà più sorprese. (Me la immagino subentrare al padre come poliziotta, magari aiutata da un pensionato Bosch ancora arzillo). Chiudo questa recensione accennando alla serie tv dedicata a Bosch, che dovrebbe uscire nel 2015 con Titus Welliver come protagonista, già sono stati fatti i pilot, e segnalandovi una curiosità, ricordate Connelly giocare a poker nella serie Castle?, beh Maddy naturalmente guarda questo telefilm, lo scoprirete nelle pagine. Buona lettura.

Michael Connelly Negli Stati Uniti è una star, tanto che il «New York Times» gli tributa sempre il massimo degli onori, con il primo posto in classifica per ogni suo nuovo thriller. L’Italia lo ha accolto con grande entusiasmo fin dal suo primo libro, La memoria del topo, in cui fa la sua comparsa il detective Harry Bosch, indimenticabile protagonista di molti dei suoi romanzi, tra cui Il ragno, vincitore nel 2000 del Premio Bancarella. Da Debito di sangue è stato tratto il film diretto e interpretato da Clint Eastwood. Con Il Poeta, uno dei suoi libri più amati, crea il personaggio di Jack McEvoy, il reporter di nera che ritroviamo ne L’uomo di paglia. Avvocato di difesa e La lista invece ruotano intorno a un nuovo, riuscitissimo protagonista, l’avvocato Mickey Haller, che nel film The Lincoln Lawyer ha il volto di Matthew McConaughey. Tra le presenze eccellenti di due edizioni del Festivaletteratura di Mantova, nel 2010 Connelly è stato ospite d’onore al Noir in Festival di Courmayeur, dove ha ricevuto il Raymond Chandler Award. Nel 2012 è tornato in Italia per partecipare al Festival internazionale delle Letterature che si tiene a Roma.

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Arianna dell’Ufficio Stampa Piemme.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

:: Recensione di Il respiro del drago di Michael Connelly (Piemme 2012) a cura di Giulietta Iannone

4 agosto 2012

Il respiro del drago (Nine Dragons, 2009), tradotto da Stefano Tettamanti e Giuliana Traverso ed edito da Piemme, è la quattordicesima avventura giunta in Italia che Michael Connelly dedica all’amatissimo Harry Bosch, ne esistono ancora due pubblicate negli Usa tra cui l’ultima The black box sarà pubblicata il 26 novembre per onorare il 20° anniversario del personaggio. Questa volta Harry Bosch è coinvolto in un caso che lo tocca nei suoi affetti più cari arrivando a colpire la sua ex moglie e sua figlia Maddie, e costringendolo a lasciare Los Angeles per recarsi ad Hong Kong per liberare quest’ultima. Tutto ha inizio con una chiamata di ordinaria amministrazione. L’omicidio di un commerciante cinese di liquori  John Li avvenuto nella periferia sud di LA una delle zone più pericolose della città. Quando Harry si reca sul posto assieme al suo compagno Ferras, subito riconosce l’emporio di liquori e si ricorda dell’anziano proprietario con cui fece amicizia o meglio scambiò qualche parola e quest’ultimo gli offrì l’ultima sua sigaretta durante la rivolta di Los Angeles del 1992. Basta questo per fargli sentire un’ intima comunione con la vittima e a spingerlo ad impegnarsi ancora di più sul caso. Le apparenze fanno pensare ad una rapina ma alcune cose non tornano. Intanto se fosse stato un membro delle bande che infestano il quartiere si sarebbe impossessato come trofeo del costoso liquore alle spalle della vittima, poi il fatto che Li pur possedendo un’ arma non abbia tentato neanche di difendersi subito gli sembra per lo meno insolito. Dal figlio della vittima scopre che il negozio non navigava in buone acque e dalle registrazioni dell’ impianto di sorveglianza capisce che era solito pagare una tangente ad un emissario delle Triadi Cinesi. Appena arrestato l’uomo apparso nel dvd nel momento in cui ritira una mazzetta Bosch riceve prima una telefonata di minaccia poi sul telefonino un video della figlia legata e imbavagliata. Il messaggio è apparentemente chiaro o smette di indagare sul caso o non rivedrà più la figlia. Ma le apparenze come sempre in questo libro sono lontane dalla verità. Comunque ha disposizione solo poche ore per recarsi ad Hong Kong e liberare la figlia prima che il presunto colpevole venga rilasciato e lasci per sempre gli Stati Uniti. Gli basteranno? C’è davvero un nesso tra il rapimento e l’omicidio del commerciante Li? E soprattutto riuscirà tornato a Los Angeles a risolvere il caso? Vi basterà leggere Il respiro del drago per dare una risposta a queste domande.Come lettura estiva è un libro di certo consigliato. Forse non è un Connelly al suo meglio, i primi a mio avviso sono sempre i migliori e tra tutti ho molto amato Il poeta della serie con Jack McEvoy, forse la narrazione è un po’ troppo lenta nella prima parte rispetto agli standard a cui siamo abituati e la parentesi hongkonghese è un po’ slegata dal resto della narrazione, con un evento drammatico non necessario all’economia della storia ed evitabile o per lo meno le cui ripercussioni sono gestite un po’ troppo frettolosamente, tuttavia Connelly è sempre Connelly, il libro si legge, ci si interroga quale colpo di cena l’autore abbia in mente per spiazzare il lettore, e il ruvido ma infondo paterno Bosch come sempre si fa valere. Ho amato molto l’evoluzione che Connelly ha fatto vivere al suo personaggio, ormai vecchio e stanco, appassionato di jazz e diffidente verso colleghi e amici, forse ancora innamorato dell’ex moglie, costretto a combattere con le unghie e coi denti per sua figlia, un po’ mi ha ricordato la malinconia dell’ultimo Wallander di  Mankell.