
Il Frollo schizzò dalla sala alla cameretta neanche se la stesse facendo addosso, che ero da lui per fare i compiti ma tanto ogni volta Baldur’s Gate o Magic the Gathering prendevano il sopravvento sulla batteria di esercizi. Aveva cominciato a farsi la coda da poco e un ciuffo di zazzera gli ondeggiava addosso mentre sparì dietro lo stipite della cameretta -Aspettami!-. La madre si affacciò senza voglia all’uscio della cucina, col gran seno pigiato nella camicia. -Stellone… già finito?-, domandò alzando le sopracciglia a prendermi in giro. Io feci spallucce, approfittando della simpatia di Ada nei miei confronti, perché tra l’altro non volevo né potevo sputtanare il mio amico. E cercai di non farmi sgamare mentre immaginavo quel torace scoperto. Lei mi guardava e rideva, pulì le mani nello strofinaccio, tornò ai fornelli.
Allora partì un arpeggio di chitarra robusto. Frollo si esercitava un po’ sulle scale e intanto chiaccheravamo, il più e il meno, comunque di lì a breve saremmo finiti davanti a un videogioco. -Fro’, che suoni?- chiesi incantato. -Korn- rispose bello preso. Scrollai la testa dispiaciuto -Mai sentiti-. A volte mi faceva sentire un intruso, pur non volendo, lui che a casa sua potevo davvero fare qualsiasi cosa, tipo prendere una roba in dispensa, buttarmi sul letto sfatto, farmi gli affari miei mentre badava ai suoi. Era sempre pieno di nuovi interessi e invece io facevo poco o niente, a parte trascorrere del tempo lì quasi tutti i giorni. Avevo anche smesso col basket, perché i compagni mi avevano superato in altezza e ormai non ero buono né per stare sotto al tabellone, né per portare palla. Rientrò il padre e passò a salutarci un attimo prima di docciarsi al volo. Tipo sveglio, almeno quanto la madre, forse anche troppo per uno come Frollo, che lo chiamava sempre col nome, Gianni, mai come papà. L’assolo di Freak on a Leash si consumò rabbioso, soprattutto perché le dita gli scivolavano su un fraseggio e dovette ripartire molte volte daccapo.
Io guardavo la stanza, come se volessi registrare nella mente particolari da tirare fuori in futuro, finché mi colpirono tre origami rosa su una mensola -Ma che è sta cosa?-, chiesi. -Origami. Gru di carta- una la lasciò volare sul palmo aperto, accarezzandola con la voce. -Oh, figo. Come mai le fai?- la presi in mano, pizzicata piano, tra indice e pollice. -Sai, devo arrivare a mille- ne aprì una per mostrarmi le pieghe, numerose e complesse, un lavoro di fino. -Ah. E perché?- riposi la gru sulla mensola in mezzo a un mucchietto di simili. -Beh, se ci arrivo posso esprimere un desiderio- rispose fissandomi come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Lui non era uno che ti guardava spesso negli occhi, anzi, quindi quello sguardo mi entrò dentro dritto e fece un po’ male. A fine pomeriggio partitine scacciapensieri alla Play. Poi tornai a casa sull’Ovetto.
Fermo al semaforo rosso, immaginai una gru in attesa su una zampa. Io un desiderio ancora non l’avevo.
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Breve Bio
Si fa chiamare Apolae perché solo così riesce a scrivere liberamente. Piccoli premi locali per narrativa breve. Pubblicazione nel 2022 nell’antologia di LibroMania (DeA) “The Source. Scrivere sull’Acqua”. Suoi racconti compaiono sulle riviste: Fiat Lux, In fuga dalla bocciofila, L’appeso, Nabu Storie, Racconticon, Smezziamo, Spaghetti Writers, Tango Y Gotan e Tremila Battute. Altri testi popolano la pagina Instagram apolae_fotoracconti. Ama la sua famiglia e la letteratura. Si impegna per coniugarle.