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“Diario spirituale segreto” di Don Giuseppe Tomaselli con prefazione e postfazione di Giuseppe Portale (Edizioni Segno) a cura di Daniela Distefano

2 ottobre 2025

Non so perché si guarda la tv oggi in Italia. Cosa si può bere nell’anima di quegli intrugli propinati per divertimenti, lazzi, svaghi. Non la guardo da 20 anni anche se mi tengo aggiornata con i quotidiani online, e qualche volta passo davanti al televisore acceso mentre c’è il telegiornale. E’ una pozzanghera che imbratta l’anima, lo spirito. Guerre, corruzione, malasanità, omicidi, terrorismo, femminicidi, violenze sessuali.. potrei andare avanti…. all’infinito… e poi arriva la parte finale del notiziario, la peggiore. Si vorrebbe concludere la carrellata di notizie con note piacevoli e invece arriva ogni giorno “la pugnalata al cristiano”, come la chiamo io: concerti oceanici con raduni al limite dell’idolatria; nozze gay di vip; sfilata di moda con modelle e modelli anoressici o bulimici, o bulimici-anoressici…… Star del cinema con figli fecondati in vitro e senza l’altro genitore. Coppie di omosessuali che vorrebbero adottare un bambino o che fosse fatto per loro su misura. Anche qui si va all’infinito dello sprofondare… per un cristiano. Infine c’è la pubblicità, e senza accorgene siamo risucchiati nel vortice dei peccati olfattivi, gustativi, visivi e degeneriamo desiderando quello che oggi nel nostro Paese possono permetterselo in pochi.

Faccio questo lungo preambolo alla mia recensione su Don padre Tomaselli perché ora più che mai sarebbe opportuno far conoscere alle nuove generazioni sacerdoti che sono davvero santi e non lontano toppo dai nostri tempi. Il Bene esiste, cari ragazzi. Leggete i libretti di Don Tomaselli, amate Gesù e la Santa Vergine Maria con lo stesso ardore suo, come lo ha amato questo siciliano anomalo, che parlava con la testa bassa, non guardava fisso negli occhi, aveva un concetto della purezza che è obbligatorio recuperare perché ormai siamo diventati come Sodoma e Gomorra e il dramma è che non ce ne curiamo più.

Don Giuseppe Tomaselli era nato a Biancavilla, in provincia di Catania, il 26 gennaio 1902, da una famiglia umile di robusta morale e dal profondo spirito cristiano. Scrive, infatti, nel suo Diario, che San Padre Pio, suo “Protettore particolare”, gli aveva assicurato che egli era: “Stato senza l’amicizia di Dio solo tre giorni, prima di ricevere il Battesimo”. Finite le scuole elementari, maturò in lui il desiderio di farsi sacedote. Frequentò per questo, sino alla quarta ginnasiale, le scuole nel Piccolo Seminario Arcivescovile del suo stesso paese natìo. Seguendo la luce di Don Bosco, l’8 luglio 1928, a 26 anni, fu consacrato sacerdote. Per tanti anni egli venne a contatto con la povera gente e con ragazzi borderline. Dal 1960 fino al giorno della sua morte, avvenuta nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1989, egli operò a Messina. Don Tomaselli non si concedeva riposo, svago o vacanze. La stessa domenica era per lui la giornata più faticosa, dedicata a conferenze religiose e alla diffusione della buona stampa. Partiva al mattino presto, dopo aver celebrato la messa, e tornava spesso a notte inoltrata: e questo anche quando era già ultra ottantenne. Ogni giorno poi, prima di andare a letto, andava in cappella, passava da Gesù Sacramentato e si fermava intere ore lì davanti, deponendo nel Cuore di Gesù tutte le pene che aveva ascoltato durante la giornata stando a contatto con le varie mierie umane. L’Eucaristia, infatti, fu sempre il fulcro della sua esistenza,  l’alimento della sua vita e l’anima del suo apostolato. Don Tomaselli viveva continuamente immerso in intima unione con Dio: “Non lascio passare un solo quarto d’ora senza che io elevi espressamente la mia mente a Lui”.

Il venerdì, poi, era un giorno speciale. La sua Messa, come quella di San Padre Pio a cui egli era particolarmente legato, era una vera e propria celebrazione del Signore morto e risorto per la salvezza dell’intera umanità. Le sue prediche coniugavano precisione di dottrina e semplicità evangelica, unita a zelo apostolico instancabile, e all’Amore di Dio che scendeva nei cuori e li orientava al Signore di ogni illuminazione e di ogni consolazione. Basti pensare che per poterlo ascoltare, tante persone venivano anche da molto lontano. Nel pomeriggio, vi era sempre la conferenza e l’incontro personale con le anime, anche religiose e sacerdotali, che si protraeva sino a tarda sera. Padre Tomaselli ha consacrato ogni palpito del suo cuore alla dilatazione del Regno di Dio.  Il segreto di tanta inesauribile e molteplice dedizione risiedeva in una profonda vita interiore, in un cammino di fervore e santità, fatto tenendo sempre ben in mente e nel cuore i tre amori bianchi di Don Bosco: l’amore a Gesù Eucaristico, alla Vergine Immacolata ed al Papa.

Raccontava spesso con piacere che, giovane chierico nella Casa Salesiana di Caltagirone, una volta cadde da una considerevole altezza e che la Vergine Santa, da lui prontamente invocata, lo liberò dalla morte.

Ebbe il ministero della Parola e quello della buona stampa. E sull’esempio di Don Bosco, egli consacrò tutta la propria vita a scrivere e a diffondere i suoi libretti religiosi, tutti studiati intelligentemente e scritti con stile semplice e comunicativo. Sono agili, avvincenti, appetitosi. Scrisse il primo libretto su santa Teresa di Lisieux , poi scrisse il secondo e così via.. per giungere a più di cento pubblicazioni. In lui vi era un’anima mistica, perciò la sua penna era spesso “rovente” e, talvolta, “tagliente”, con un linguaggio evangelico. Era innamorato di Dio, dell’Eucaristia, della Vergine Maria e della anime. Furono tratti peculiari della sua ascesi spirituale: la purezza e la poverà. “La purezza è il campo di battaglia di tutti” – soleva dire.  “Gesù e Padre Pio, mio Protettore particolare datomi da Dio, assicurano che mai ho commesso un peccato mortale”. La virtù della purezza, per la cui conquista per lungo tempo aveva portato il cilicio, si manifestava nel tratto delicato, in quel suo parlare e camminare con gli occhi bassi. Al suo santo patrono egli dedicò un libretto dal titolo: “La Verginità di san Giuseppe”. La sua povertà fu poi esemplare, eroica. Il suo più grande desiderio: farsi “tutto a tutti – come San Paolo – per guadagnare tutti a Cristo”. Per questo accettava, anzi cercava con l’uso del cilicio, sofferenze di ogni tipo, fisiche e morali, che lo accompagnassero per tutta la vita, anche se nulla traspariva dal suo volto sempre sereno e sorridente. Ecco pertanto cosa si legge nel suo Diario: “Per grazia di Dio, provo grande gioia e soddisfazione allorché prego per coloro che mi fanno soffrire. Penso che la preghiera per coloro che mi fanno soffire  è di gradimento a Gesù e come Gesù ha perdonato e perdona le mie miserie, così anch’io devo perdonare generosamente e pregare. Mi ricordo una battuta che può sembrare strana. Un amico diceva:

-Lei prega per me?

-A dire il vero, non prego mai espressamente per lei!

– E perché?

– Perché lei non mi dà mai un dispiacere. Prego molto, moltissimo per quelli che mi fanno soffrire, più mancano verso di me e più prego per loro”.

Fu bersaglio del demonio. La gente gli portava ammalati vittime del demonio, e lui con pazienza, forza, pietà e coraggio esercitava la sua esemplare missione di esorcista e sacerdote santo. La morte arrivò per lui a 87 anni.

Il giorno del suo 60esimo anno di sacerdozio, il Signore disse:“Ti faccio oggi gli auguri e così ti do le trentamila anime che in questi mesi mi hai chiesto e per le quali hai lavorato con l’apostolato, con sacrifici, con le preghiere e le Sante Messe applicate, ed il tutto per i meriti dei miei trentatrè anni che passai sulla terra”.

:: “Il soprannaturale in san Giovanni Paolo II” di Giuseppe Portale (Edizioni Segno), a cura di Daniela Distefano

11 settembre 2024

Karol Wojtyla – questo il nome secolare del compianto Pontefice, oggi Santo, prima che venisse innalzato al Soglio di Pietro il 16 ottobre 1978 – è stato il primo Papa venuto dall’Europa Orientale. Con lui la Chiesa è divenuta davvero “universale”. Oggi, purtroppo, con la guerra in Ucraina si parla ancora una volta di “blocchi contrapposti”. Il Papa polacco non fu mai un Papa “straniero”. Con Giovanni Paolo II il Cristianesimo è tornato vivo come ai suoi albori e, nello stesso tempo, vicino agli uomini nostri contemporanei. Sin dalle prime mosse del suo pontificato, il Santo Wojtyla ha pensato soprattutto alla rievangelizzazione delle società fortemente secolarizzate. Le sue prime parole da Papa, possono essere veramente considerate come il grande manifesto di tutto il suo magistero: ”Non abbiate paura;aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”, ripeteva di continuo, in particolare ai giovani. Un Papa ecumenico ( il “Papa del dialogo”), con precedenti sportivi, operaio, prete colto, anticonformista, che non gradendo il rigido protocollo vaticano, destò subito l’affetto del mondo dei fedeli e anche di quello laico. Colpisce, poi, il fatto che egli sia venuto da un Paese dell’Est: quella tanto martoriata Polonia nella quale professarsi cristiano, dinanzi al sistema sovietico, richiedeva grande fede e altrettanto coraggio.

Giovanni Paolo II è stato il Papa viaggiatore, i suoi pellegrinaggi lo hanno portato in terre lontane. Ha compiuto per ben trenta volte il giro del mondo. Anche anziano e malato, verso gli ultimi anni della sua vita, il Papa polacco divenuto internazionale, non rinunciò a compiere i suoi viaggi apostolici, seppur faticosi e impegnativi.

Il suo Pensiero era nutrito di Fede e Sapienza. Come affermato da Wojtyla nell’enciclica “Veritatis Splendor”, la libertà non è pensabile se non in vista della verità, anzi la libertà è se stessa nella misura in cui realizza la verità sul bene. Insomma, la verità è oggettiva ed assoluta, in quanto rappresentata da una persona: Gesù Cristo, che ha redento l’intera umanità con la Sua Morte e Resurrezione, dando a tutti la possibilità di emanciparsi dal peccato commesso dai nostri “progenitori Adamo ed Eva”. Dunque, il compito dell’umanità, dei credenti e dei non credenti, è quello di tornare a Cristo.

Uno dei fatti più eclatanti e misteriosi, dove si rivela già un qualcosa di soprannaturale nella vita del Santo Papa Giovanni Paolo II è, certamente, quello dell’attentato alla sua vita avvenuto in Piazza San Pietro nel pomeriggio di mercoledì 13 maggio 1981. Quando il killer Alì Agca sparò al Sommo Pontefice a distanza ravvicinata, la mano della Vergine Maria deviò la pallottola.

Resta nella memoria il toccante incontro in carcere tra Wojtyla e l’uomo che aveva cercato di ucciderlo, il quale non gli chiese nemmeno perdono, ma mosso da curiosità cercò di sapere come mai il Santo Padre non fosse stato colpito in parti vitali: eppure lui aveva mirato giusto! Se fosse vero, cioè, che egli, Papa Wjotyla, godesse della protezione della Madonna. Nonostante la mancata richiesta di perdono, il Papa fu generoso e lo abbracciò lo stesso.

Giovanni Paolo II era informatissimo sul “Problema” in Sicilia, una terra che pagò, in quegli anni, un prezzo altissimo in vite umane cercando di opporsi ad una mafia violenta che non risparmiava nessuno. La risposta della mafia al discorso del Papa nella Valle dei Templi di Agrigento non si fece attendere. La sera di mercoledì 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, infatti, il parroco di San Gaetano, nel popoloso quartiere di Brancaccio, a Palermo, don Pino Puglisi, fu ucciso con un colpo alla nuca da un gruppo di killer davanti il portone di casa.

Il Sommo Pontefice intervenne la mattina del giorno dei funerali, e chiese a San Francesco: ”Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica la tua gioia di saper perdonare, a tutti i crocifissi dalla sofferenza, dalla fame e dalla guerra riapri le porte della speranza.

La Devozione Mariana – La Santa Vergine Maria è stata costante figura di riferimento della sua spiritualità e del suo magistero. Cominciò ad amare la Madonna sin da quando era bambino. Nel 1929, ad appena nove anni, rimase orfano della madre. Imparò a recitare il Rosario dal padre. Gli albori del futuro Totus Tuus, quale divenne per Amore di Maria Santissima.

San Giovanni Paolo II per me, e per molti ragazzi e ragazze cresciuti alla scuola dei suoi occhi dolci e della sua voce musicale, è stato semplicemente un nonno, il Nonno di tutti i bambini, dei ragazzini, delle fanciulle che vedevano nei suoi insegnamenti un modo per avvicinarsi a Gesù e a Maria Santissima. Per questo oggi lo rimpiangiamo mentre con singulti dell’anima preghiamo che interceda per noi dal Cielo. Che ci doni una Chiesa non più così secolare, ma come quella delle origini.

Papa Wojtyla è morto la sera del 2 aprile 2005, guardando la finestra, raccolto in preghiera. Innumerevoli furono i casi segnalati di miracoli per intercessione del Santo Padre. Santo subito, il grido unanime.

Da quella finestra ci affacciamo noi adesso e guardiamo in sù per leggervi una scritta formata da catene di nuvole: “Non abbiate paura!”.