
Non so perché si guarda la tv oggi in Italia. Cosa si può bere nell’anima di quegli intrugli propinati per divertimenti, lazzi, svaghi. Non la guardo da 20 anni anche se mi tengo aggiornata con i quotidiani online, e qualche volta passo davanti al televisore acceso mentre c’è il telegiornale. E’ una pozzanghera che imbratta l’anima, lo spirito. Guerre, corruzione, malasanità, omicidi, terrorismo, femminicidi, violenze sessuali.. potrei andare avanti…. all’infinito… e poi arriva la parte finale del notiziario, la peggiore. Si vorrebbe concludere la carrellata di notizie con note piacevoli e invece arriva ogni giorno “la pugnalata al cristiano”, come la chiamo io: concerti oceanici con raduni al limite dell’idolatria; nozze gay di vip; sfilata di moda con modelle e modelli anoressici o bulimici, o bulimici-anoressici…… Star del cinema con figli fecondati in vitro e senza l’altro genitore. Coppie di omosessuali che vorrebbero adottare un bambino o che fosse fatto per loro su misura. Anche qui si va all’infinito dello sprofondare… per un cristiano. Infine c’è la pubblicità, e senza accorgene siamo risucchiati nel vortice dei peccati olfattivi, gustativi, visivi e degeneriamo desiderando quello che oggi nel nostro Paese possono permetterselo in pochi.
Faccio questo lungo preambolo alla mia recensione su Don padre Tomaselli perché ora più che mai sarebbe opportuno far conoscere alle nuove generazioni sacerdoti che sono davvero santi e non lontano toppo dai nostri tempi. Il Bene esiste, cari ragazzi. Leggete i libretti di Don Tomaselli, amate Gesù e la Santa Vergine Maria con lo stesso ardore suo, come lo ha amato questo siciliano anomalo, che parlava con la testa bassa, non guardava fisso negli occhi, aveva un concetto della purezza che è obbligatorio recuperare perché ormai siamo diventati come Sodoma e Gomorra e il dramma è che non ce ne curiamo più.
Don Giuseppe Tomaselli era nato a Biancavilla, in provincia di Catania, il 26 gennaio 1902, da una famiglia umile di robusta morale e dal profondo spirito cristiano. Scrive, infatti, nel suo Diario, che San Padre Pio, suo “Protettore particolare”, gli aveva assicurato che egli era: “Stato senza l’amicizia di Dio solo tre giorni, prima di ricevere il Battesimo”. Finite le scuole elementari, maturò in lui il desiderio di farsi sacedote. Frequentò per questo, sino alla quarta ginnasiale, le scuole nel Piccolo Seminario Arcivescovile del suo stesso paese natìo. Seguendo la luce di Don Bosco, l’8 luglio 1928, a 26 anni, fu consacrato sacerdote. Per tanti anni egli venne a contatto con la povera gente e con ragazzi borderline. Dal 1960 fino al giorno della sua morte, avvenuta nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1989, egli operò a Messina. Don Tomaselli non si concedeva riposo, svago o vacanze. La stessa domenica era per lui la giornata più faticosa, dedicata a conferenze religiose e alla diffusione della buona stampa. Partiva al mattino presto, dopo aver celebrato la messa, e tornava spesso a notte inoltrata: e questo anche quando era già ultra ottantenne. Ogni giorno poi, prima di andare a letto, andava in cappella, passava da Gesù Sacramentato e si fermava intere ore lì davanti, deponendo nel Cuore di Gesù tutte le pene che aveva ascoltato durante la giornata stando a contatto con le varie mierie umane. L’Eucaristia, infatti, fu sempre il fulcro della sua esistenza, l’alimento della sua vita e l’anima del suo apostolato. Don Tomaselli viveva continuamente immerso in intima unione con Dio: “Non lascio passare un solo quarto d’ora senza che io elevi espressamente la mia mente a Lui”.
Il venerdì, poi, era un giorno speciale. La sua Messa, come quella di San Padre Pio a cui egli era particolarmente legato, era una vera e propria celebrazione del Signore morto e risorto per la salvezza dell’intera umanità. Le sue prediche coniugavano precisione di dottrina e semplicità evangelica, unita a zelo apostolico instancabile, e all’Amore di Dio che scendeva nei cuori e li orientava al Signore di ogni illuminazione e di ogni consolazione. Basti pensare che per poterlo ascoltare, tante persone venivano anche da molto lontano. Nel pomeriggio, vi era sempre la conferenza e l’incontro personale con le anime, anche religiose e sacerdotali, che si protraeva sino a tarda sera. Padre Tomaselli ha consacrato ogni palpito del suo cuore alla dilatazione del Regno di Dio. Il segreto di tanta inesauribile e molteplice dedizione risiedeva in una profonda vita interiore, in un cammino di fervore e santità, fatto tenendo sempre ben in mente e nel cuore i tre amori bianchi di Don Bosco: l’amore a Gesù Eucaristico, alla Vergine Immacolata ed al Papa.
Raccontava spesso con piacere che, giovane chierico nella Casa Salesiana di Caltagirone, una volta cadde da una considerevole altezza e che la Vergine Santa, da lui prontamente invocata, lo liberò dalla morte.
Ebbe il ministero della Parola e quello della buona stampa. E sull’esempio di Don Bosco, egli consacrò tutta la propria vita a scrivere e a diffondere i suoi libretti religiosi, tutti studiati intelligentemente e scritti con stile semplice e comunicativo. Sono agili, avvincenti, appetitosi. Scrisse il primo libretto su santa Teresa di Lisieux , poi scrisse il secondo e così via.. per giungere a più di cento pubblicazioni. In lui vi era un’anima mistica, perciò la sua penna era spesso “rovente” e, talvolta, “tagliente”, con un linguaggio evangelico. Era innamorato di Dio, dell’Eucaristia, della Vergine Maria e della anime. Furono tratti peculiari della sua ascesi spirituale: la purezza e la poverà. “La purezza è il campo di battaglia di tutti” – soleva dire. “Gesù e Padre Pio, mio Protettore particolare datomi da Dio, assicurano che mai ho commesso un peccato mortale”. La virtù della purezza, per la cui conquista per lungo tempo aveva portato il cilicio, si manifestava nel tratto delicato, in quel suo parlare e camminare con gli occhi bassi. Al suo santo patrono egli dedicò un libretto dal titolo: “La Verginità di san Giuseppe”. La sua povertà fu poi esemplare, eroica. Il suo più grande desiderio: farsi “tutto a tutti – come San Paolo – per guadagnare tutti a Cristo”. Per questo accettava, anzi cercava con l’uso del cilicio, sofferenze di ogni tipo, fisiche e morali, che lo accompagnassero per tutta la vita, anche se nulla traspariva dal suo volto sempre sereno e sorridente. Ecco pertanto cosa si legge nel suo Diario: “Per grazia di Dio, provo grande gioia e soddisfazione allorché prego per coloro che mi fanno soffrire. Penso che la preghiera per coloro che mi fanno soffire è di gradimento a Gesù e come Gesù ha perdonato e perdona le mie miserie, così anch’io devo perdonare generosamente e pregare. Mi ricordo una battuta che può sembrare strana. Un amico diceva:
-Lei prega per me?
-A dire il vero, non prego mai espressamente per lei!
– E perché?
– Perché lei non mi dà mai un dispiacere. Prego molto, moltissimo per quelli che mi fanno soffrire, più mancano verso di me e più prego per loro”.
Fu bersaglio del demonio. La gente gli portava ammalati vittime del demonio, e lui con pazienza, forza, pietà e coraggio esercitava la sua esemplare missione di esorcista e sacerdote santo. La morte arrivò per lui a 87 anni.
Il giorno del suo 60esimo anno di sacerdozio, il Signore disse:“Ti faccio oggi gli auguri e così ti do le trentamila anime che in questi mesi mi hai chiesto e per le quali hai lavorato con l’apostolato, con sacrifici, con le preghiere e le Sante Messe applicate, ed il tutto per i meriti dei miei trentatrè anni che passai sulla terra”.

























