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:: Uno strano luogo per morire, Derek B. Miller, (Neri Pozza, 2014) a cura di Elena Romanello

15 gennaio 2015

23653542Sheldon Horowitz, ebreo americano, ex marine, ha vissuto sulla sua pelle le guerre degli ulitmi sessant’anni della storia mondiale e ora si ritrova vedovo, a vivere con la nipote, figlia nata postuma del figlio deceduto in Vietnam quarant’anni fa, e il compagno di questa in Norvegia, paese così lontano dagli Stati Uniti, dove ha fatto l’orologiaio, non dimenticando il suo passato con cui non riesce a fare i patti fino in fondo e ha qualche problema legato all’età di mancanza di memoria e simili.
Un giorno la vita e il destino irrompono nella sua casa, nelle persone della vicina di casa e del suo bambino, provenienti dal Kosovo, quel luogo in Europa in cui nemmeno vent’anni fa si è consumata una delle guerre più crudeli e violente dell’era moderna, con corollari, come gli stupri etnici, atroci, in fuga da un pericolo. E questo cambierà la vita di Sheldon una volta per tutte, in una storia on the road con una nuova, forse, ragione di vita per compensare quello di cui non si è mai perdonato.
Uno strano luogo per morire, libro di esordio di Derek B. Miller, funzionario ONU anglosassone che vive da anni a Oslo in Norvegia è un libro interessante e complesso, leggibile a più livelli. Gli amanti dei thriller troveranno abbastanza pane per i loro denti, con tanto di poliziotti integerrimi e molto inseriti nel sistema di una democrazia solida ma molto inquadrata, contro la quale però l’autore non si scatena più di tanto, non raccontando il lato oscuro della Scandinavia come hanno fatto Larsson e compagnia negli ultimi anni.
Più che parlare della Norvegia, Paese in cui si è consumata nel 2011 una delle più grandi tragedie del terrorismo ad opera di un bianco neonazista, Miller parla delle guerre e delle contraddizioni degli ultimi sessant’ani, della comunità ebraica e dei suoi problemi, dei conflitti combattuti dalla democrazia americana in nome di ideali sempre diversi e spesso discutibili di ordine mondiale, delle conseguenze di immigrazione, nuove famiglie, tragedie vecchie e nuove sulla vita delle persone. Un libro attraverso cui si leggono tutti questi eventi, ripassandoli e riscoprendoli, a testimoniare come certi problemi e questioni restano e sono eterni, e sono capaci di portare la loro ombra oscura sull’oggi, sulla vita di un pensionato che vive tra rimpianti, rimorsi e quotidianità.
Il tema del tramonto della vita e degli anziani è un’importante colonna del romanzo: Sheldon è un personaggio che o si ama o si odia, a cui è rimasta l’impostazione guerresca della vita ma anche il rimorso di aver spinto il figlio ad arruolarsi e non aver seguito l’esempio invece del biblico Abramo, seguendo la voce del cuore anziché quella del dovere. Un personaggio che ha dentro di sé tutte le contraddizioni dei tempi che ha vissuto, il rimpianto di aver comunque fallito la sua vita in questo mondo, la voglia malgrado tutto di provare a riscattarsi, e il dramma, molto realistico, dell’essere soli e sentire che il proprio passato sta svanendo, con tutte le gioie e i dolori.
Un libro interessante, quindi, magari con qualche caduta di tono (il nonnino in stile Schwartzy alla fine fa un po’ ridere) e un titolo che si poteva evitare visto che anticipa alla grande un finale che poteva anche essere alla fine una sorpresa, anche se in fondo annunciata. Un libro per appassionarsi ad un intreccio, ma anche per riflettere sul mondo in cui si vive e sui rapporti con generazioni passate che spesso si vedono solo come stereotipate e senza la loro vera anima.

Derek B. Miller è il direttore del Policy Lab, organizzazione dell’Istituto per la Ricerca del Disarmo delle Nazioni Unite. Dopo la laurea in relazioni internazionali all’Università di Ginevra e un master in studi sulla sicurezza della Georgetown University, in cooperazione con il St Catherine’s college, Oxford, ha cominciato a scrivere. Uno strano luogo per morire è il suo primo romanzo. Vive a Oslo con la moglie e i figli.