:: MAGGIE. RAGAZZA DI STRADA E ALTRE STORIE NEWYORKESI di Stephen Crane (Rogas Edizioni 2022) a cura di Giulietta Iannone

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Maggie. Ragazza di strada è uno dei grandi romanzi che chiudono l’Ottocento americano, ma che, per temi trattati e tecniche stilistiche, si proietta ormai ben dentro il Novecento. La storia è quella di di una ragazza dei bassifondi newyorkesi, operaia in una fabbrica di colletti e polsini, con un retroterra familiare disastrato, fra povertà, violenza e alcolismo. La conoscenza di Pete l’illude di potersi staccare da quell’ambiente: ma Pete non è il bianco cavaliere che lei crede…Accompagnano questa nuova edizione italiana del romanzo alcune «storie newyorkesi» che Crane scrisse negli anni intorno a Maggie e che confermano la sua qualità di scrittore e interprete della nuova realtà metropolitana.

E’ sorprendente che un autore ottocentesco possa essere così moderno. Leggendo Maggie. Ragazza di strada, romanzo breve di Stephen Crane si ha l’impressione di leggere un romanzo contemporaneo, in cui coesistono critica sociale, spunti sociologici, riflessioni post industriali. Stephen Crane, autore tanto amato da Hemingway, non era un autore ottocentesco, e non ne aveva la caratura, sebbene un po’ di Zolà è riscontrabile nel suo piglio narrativo e nella sua verve polemica. Prendiamo Maggie. Ragazza di strada, il volume edito da Rogas edizioni e curato e tradotto da Mario Maffi contiene anche altri racconti newyorkesi di ambiente urbano, pressapoco scritti nello stesso periodo, inizia con una scena molto disturbante di guerriglia urbana, dei ragazzini pocopiù che dei bambini si prendono a calci e pugni, fronteggiandosi tra bande. Poi la scena si sposta in interno, nell’inferno domestico di una famiglia media degli slums newyorkesi, insulti, bestemmie, botte, piccoli e grandi crudelta di una coabitazione violenta nel degrado (materiale e morale) e nella povertà se non nella miseria. Come un fiore in una pozzanghera troviamo Maggie, una bella ragazza che non sembra corrotta da questo squallore. Lavora come operaia in una fabbrica di colletti e polsini, e vede sfiorire la sua giovinezza. Presto lo splendore della giovinezza che illlumina il suo volto passerà anche per lei e diventerà come sua madre, una gorgone incanutita, vecchia, grinzosa, alcolizzata. Prima di questa inevitabile parabola compie l’insensatezza di innamorarsi di Pete, il principe azzurro che la toglierà da questo ambiente malsano e degradato. Per ingenuità, inesperienza lo segue e sarà per lei l’inizio della fine. Pete non è il principe azzurro che lei sogna, e scacciata di casa non potrà che finire sul marciapiede. Nessuna critica morale sulla “vittima” nessun ottocentesco biasimo, anzi ironia a piene mani su ciò che si intende per rispettibilità e decoro in cuori aridi ed egoisti, tipici sepolcri imbiancati di una società decadente e ipocrita. Maggie morirà, probabilmente uccisa da un cliente, e la madre arriverà a piangere e strapparsi le veste ed addirittura a perdonarla, figlia ingrata e disubbidiente educata così bene da una famiglia così onesta. L’ironia e il sarcasmo di Crane è pungente e dissacrante, la morale del racconto e sottesa a un canto del cigno di una giovinezza bruciata da un ambiente degradato, da rapporti familiari e umani inesistenti, e da una società imprigionata in regole spietate e disumane, senza redenzione o perdono. Merita una lettura questo autore poco convenzionale, anzi una riscoperta se non lo conoscete, per la sua lezione di scrittura e indipendenza intellettuale così svicolata dal suo tempo.

Stephen Crane (1871-1900) pubblicò nel 1893, sotto pseudonimo e a proprie spese, questo breve romanzo, che tuttavia non ebbe successo. Dovette attendere tre anni prima di riproporlo, con alcune revisioni e con il proprio nome, a un editore importante. Nel frattempo, aveva pubblicato Il segno rosso del coraggio e il suo nome circolava nel mondo letterario come quello di un autore di grandi promesse. Dopo questi due romanzi dirompenti, Crane, sofferente di tubercolosi, scriverà altre opere significative (fra queste, Il mostro, La scialuppa, due raccolte di poesie), coprirà in quanto reporter la guerra ispano-americana e quella greco-turca, e – apprezzato da scrittori come Howells, Conrad, James, Wells – morirà non ancora trentenne in un sanatorio tedesco.

Mario Maffi ha insegnato Cultura anglo-americana per oltre quarant’anni. Si è occupato di culture giovanili e immigrate, di letteratura realista e naturalista, di geografie culturali. Fra i suoi libri più noti: Mississippi. Il Grande Fiume (2004, 2009); Tamigi. Storie di fiume (2008); Americana. Storie e culture degli Stati Uniti dall’A alla Z (con C. Scarpino, C. Schiavini. S. M. Zangari; 2013); Città di memoria. Viaggi nel passato e nel presente di sei metropoli (2014). È anche autore del romanzo Quel che resta del fiume (2022). http://www.mariomaffi.it

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