:: Recensione di La società degli animali estinti di Jeffrey Moore (Isbn, 2012) a cura di Giulietta Iannone

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Quando il fucile sparò di nuovo, lo seppi. Capii perché ero venuto qui, che cosa dovevo fare. Ogni cosa divenne chiara come il vasto cielo azzurro. Non ero venuto al Nord per un nuovo inizio, per sfuggire alla città per trovare la pace e la felicità nella natura. Il mio destino non era di essere felice; non ero stato programmato per esserlo. Non ero nemmeno venuto al Nord per salvare qualcuno, anche se quella era una parte di quanto dovevo fare, una parte importante. No, ero venuto qui per uccidere qualcuno.

La società degli animali estinti (The Extinction Club, 2010), edito in Italia nella collana Special Books di Isbn Edizioni e tradotto da Dafne Calgaro, è il terzo romanzo dello scrittore canadese Jeffrey Moore dopo Una catena di rose e Gli artisti della memoria, libri che i lettori che hanno avuto la fortuna di leggerli avranno sicuramente apprezzato per la bellezza poetica che contengono, per l’ironia sottile e dissacrante, per lo stile ricercato, che fa di ogni frase, cesellata e perfezionata quasi esasperatamente, un piccolo capolavoro che rasenta quasi la perfezione. Amo molto Jeffrey Moore e quando mi è stato proposto questo nuovo libro ho accettato di recensirlo con un certo entusiasmo e con idee precise su cosa avrei trovato. Come al solito Moore mi ha spiazzato proponendomi una favola ambientalista amara e dolorosa, sì resa più sopportabile dallo humour pieno di vita che caratterizza l’autore, ma con sfumature più malinconiche e arrabbiate rispetto ai libri precedenti. La società degli animali estinti è la storia di un’ amicizia tra un uomo, Nile Nightingale, e una ragazzina, Celeste Jonqueres, e di un amore verso la natura incontaminata, che è ancora possibile trovare nelle terre del Nord del Canada, minacciata da uomini senza scrupoli mossi unicamente dal profitto e dalla stupidità. Oltre che una favola nera il romanzo è anche un atto di denuncia efficace e lontano dalla retorica ambientalista che molti praticano per essere alla moda, e politicamente corretti. Moore riesce nel difficile compito di essere educativo e morale senza appesantire la sua opera con intenti propagandistici o demagogici. La delicatezza con cui delinea il rapporto tra l’adulto e la ragazzina più che commuovere cercando facili scorciatoie, emoziona e intenerisce lasciando nel lettore un senso di pulito e di incorrotto. La società degli animali estinti inizia con l’incontro tra i due protagonisti, avvenuto in circostanze drammatiche. Nile trova Celeste rinchiusa in un sacco, ferita e gettata in una palude a morire dissanguata. Abituato a fare sempre la cosa sbagliata l’uomo la raccoglie e la porta a casa sua. La cura, e si chiede le ragioni di quella aggressione così feroce. Celeste non vuole che sia avvisata la polizia, mente scrivendo (non può parlare avendo la laringe compromessa) che è stata aggredita da dei bulli che la pensano una ragazzina secchiona. Ma la verità emerge e i due si trovano alleati nella lotta contro i bracconieri che la ragazzina combatte con coraggio per salvare gli animali in via di estinzione e l’ambiente naturale del Quebec. Il finale è inevitabile. Bellissimo.

Jeffrey Moore divide il suo tempo tra Montreal, dov’è nato, e Val Morin, in Québec. Ha studiato all’Università di Toronto e all’Università della Sorbona (Parigi). Svolge professionalmente l’attività di traduttore, insegna al dipartimento di francese dell’Università Concordia e al dipartimento di traduzione dell’Università di Montreal, ma attualmente si dedica prevalentemente alla scrittura.
Con il suo primo romanzo “Una catena di rose” ha vinto il Commonwealth Writers Prize e si è fatto amare dai lettori di tutto il mondo.

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