Me ne andrò a coltivare cavoli insieme a Francine e a Paic Lavatrice, lontano da questo disastro, lontano da quella che chiamano “felicità”.
Assassini di sbirri è il primo romanzo di Frédéric H. Fajardie scritto tra Mimizan e Parigi durante l’estate e l’ autunno del 1975. Breve e folgorante esordio di uno dei rappresentanti del cosiddetto neo polar francese, etichetta che si dice sia stata coniata da Jean Patrick Manchette per definire un vero e proprio punto di rottura sociale e letterario tra romanzo noir sociale e romanzo poliziesco e thriller tout court, Assassini di sbirri racchiude in sé tutti gli elementi che caratterizzano questo genere. Innanzitutto troviamo una forte critica sociale, un certo anarchico e sovversivo disincanto che fa da sfondo ad una storia in cui la violenza realistica e non mitigata da filtri emotivi e di intrattenimento acquista una valenza provocatoria e cattiva. La gente muore in questo romanzo, torturata, umiliata, colpita da armi di vario genere, le ferite vanno in cancrena, nello scontro a fuoco finale molto alla Apocalipse Now, anche i personaggi principali vengono colpiti da bombe molotov ed esplodono incendiandosi, o perdendo arti, crivellati di colpi, dilaniati. Spero con quanto detto di non dare una visione troppo cupa, del racconto perché così non è, un sottile umorismo e una satira feroce ci accompagnano per tutte le 125 pagine e in alcuni tratti l’umorismo tracima in vera e propria comicità, pensate solo alla descrizione pagina 101 di Padovani che va in casa della vecchia signora che lo crede un robivecchi e gli presenta la gondola di plastica da vendere. Ho riso con le lacrime agli occhi. La società e le forze di polizia vengono analizzate con occhio critico e nessuno sconto. Nella scena iniziale quando Padovani partecipa alla sua prima azione con ostaggi e riesce a parlare con l’uomo scatola di detersivo Paic, arrivando a farlo arrendere e a farsi consegnare l’arma, l’intervento ormai inutile e violento delle forze d’assalto che lo uccideranno provocando la rivolta del commissario e il suo scontro verbale con il superiore sono un esempio della critica di Fajardie contro arroganza e l’abuso del potere tema che occhieggia per tutto il libro anche se non arriverà mai a giustificare l’azione dei tre assassini di sbirri contro cui il protagonista si dibatte. Poi c’è Parigi come sfondo, la città con le sue strade, i suoi caffè, i suoi chioschi dei giornali, la sua periferia rumorosa in mezzo all’odore di cavoli e pollame, le grù, il cemento, i palazzi e le fabbriche. Infine emerge l’amore per gli emarginati. Il personaggio di Dugomier burp, il testimone, una via di mezzo tra gli ammutinati della Corazzata Potemkin e i barboni allucinati di Los Olvidados, strappa a Padovani un commovente e poetico elogio funebre sicuramente una pagina di alta letteratura. Raccontare più nel dettaglio la trama in questo caso mi sembra piuttosto superfluo, considerate che è un libro che si legge in poche ore e lascia un retrogusto un po’ amaro ma divertito. I giochi di parole sono tutti spiegati nelle note ed impreziosiscono uno stile essenziale e secco, quasi tagliente e sincopato. Bellissimo. Spero che il bravo Giovanni Zucca a cui è affidata la traduzione possa tradurre altre opere di Fajardie, questa è la prima che leggo ma sono curiosa di leggere tutta serie di Padovani.
Assassini di sbirri di Frédéric H. Fajardie, Aisara Edizioni, Collana narrativa, Titolo origilane Tueurs de flics, Traduzione dal francese di Giovanni Zucca, pagine 125, brossura, Prezzo di copertina 14 Euro.
Tag: Aisara, Assassini di sbirri, Frederick H. Fajardie, Gialli thriller noir, Giovanni Zucca, Giulietta Iannone, letteratura francese, serie Padovani, Tueurs de flics
Rispondi