:: Recensione di Cella 211 di Francisco Perez Gandul a cura di Giulietta Iannone

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Mai presentarsi al lavoro con un giorno di anticipo. Perché non farlo assolutamente? Beh perché vi potrebbe capitare di avere un mancamento proprio mentre state visitando il braccio più pericoloso del carcere di massima sicurezza dove avete appena avuto la sventura di trovare lavoro come secondino, e potrebbe darsi anche che vi lascino su una brandina della famigerata cella 211 proprio nel giorno in cui Malamadre il leader indiscusso dei criminali più pericolosi ha la sventurata idea di guidare una sommossa. Ecco a Juan Oliver capita proprio questo, proprio a lui un tipo tranquillo, a posto, un tipo educato, quasi timido, con una bella moglie incinta, un tipo a cui di norma non capitano mai grane. Ed ora che fare? Dire a tutti quei nerboruti pluriassassini di essere uno dei carcerieri “un nemico”? Non sia mai, bisogna infiltrarsi, fingersi sporco, brutto e cattivo, tirare fuori le palle anche quando non si era mai creduto di averle perché nelle situazioni più disperate esce sempre il meglio, voglio dire il peggio di ognuno noi. E allora ci si può scoprire, arrabbiati, violenti, spietati, pronti a tutto pur di riguadagarsi la libertà e seppure Malamadre non è del tutto sicuro che Juan sia chi dice di essere, può nascere un’ inattesa amicizia, fino ad iniziare a credere che i pericolosi criminali non hanno poi tutti i torti a volersi ribellare, che non è detto che la colpa sia sempre solo da un solo lato della barricata. Tra accordi sottobanco, terroristi baschi politicamente scorretti, corruzioni più o meno marcate, critiche ad un sistema carcerario ben poco propenso a riabilitare coloro che finiscono in cella, Francisco Perez Gandul ci porta nel claustrofobico mondo di una prigione per parlarci di libertà, coraggio e amicizia e lo fa in modo originale e violento, cupo e disperato, al limite tra un noir e una tragedia greca. Non aspettatevi un’ opera agiografica, il linguaggio è crudo, disturbante, i personaggi spigolosi, urticanti e difficilmente vi metterete dalla loro parte e tiferete per loro anche se l’interrogativo che vi spingerà a giarare pagina dopo pagina  superando l’istintiva repulsione è sapere se Juan riuscirà a uscirne vivo. Non vi dirò di certo il finale, quello spetterà a voi conquistarlo ma quello che posso dirvi è che per essere un’ opera prima, giunta alla quinta ristampa, non è affatto male e soprattutto ci si chiede cos’altro ci proporrà Gandul negli anni a venire. Stiamo all’erta forse è nato un grande scrittore.

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