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:: Un’intervista con Reinhard Kaiser-Mühlecker a cura di Giulietta Iannone (trad. a cura di Simona Castagnoli).

2 luglio 2025
© Matthias Ziegler

Benvenuto sig. Reinhard su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Mi ha davvero incuriosito leggere il suo breve profilo biografico. Lei è nato e cresciuto in Alta Austria, ha studiato Agricoltura, Storia e Sviluppo internazionale a Vienna. Ha vissuto all’estero, e ora tornato in Austria gestisce l’azienda agricola di famiglia.

Oltre a questo, che immagino impegni molte delle sue energie, è riuscito a scrivere dieci romanzi e una raccolta di tre racconti lunghi. Lei è ancora giovane ma è come se avesse vissuto molte vite. Ci parli di sé, si racconti ai suoi lettori italiani.

Dopo il periodo scolastico ho vissuto alcuni anni in Sudamerica (Bolivia) dove ho scoperto il mio amore per la letteratura, per la lettura e quasi subito anche per la scrittura. E come spesso succede, se si ama qualcosa, si investe con piacere energia in tale attività, oppure non ci si accorge che tale attività allo stesso tempo comporta dei sacrifici. Riguardo all’agricoltura, è sempre stata presente nel mio ambiente, e ogni volta che ero via per un lungo periodo ne sentivo la mancanza. Tuttavia, il mio essere via, la mia distanza, il maggiore tempo libero nella mia vita, sono state le condizioni necessarie per il mio rientro, dopo sei anni, nei luoghi in cui sono cresciuto. Ciò nonostante, continuo a viaggiare molto per via dei miei libri.

Si definisce un agricoltore scrittore, o uno scrittore agricoltore?

A me piace la parola ‘e’. Sono un agricoltore e uno scrittore. E in molti aspetti la trovo una relazione quasi ideale.

Bracconieri (in italiano nel testo, tradotto da Alessandra Iadicicco), il suo romanzo ora edito con Carbonio Editore, è un romanzo molto particolare, con cui lei ha vinto il rinomato Bayerischer Buchpreis, ce ne vuole parlare?

Bracconieri è la storia di Jakob, un giovane uomo responsabile di una fattoria e molto introverso. Non ha mai imparato a esprimere con parole ciò che vive nel suo mondo interiore e quindi ha delle difficoltà in questo ambito. Quando conosce un’artista e con lei crea una famiglia, la sua vita sembra all’inizio diventare più luminosa, ma successivamente le difficoltà che si porta dietro, l’assenza di parole, l’incapacità di tendere un ponte verso l’altro, si ingrandiscono sempre più.  

Naturalmente siamo molto curiosi anche di Campi ardenti (in italiano nel testo, anche questo tradotto da Alessandra Iadicicco), il suo romanzo di prossima pubblicazione.

Campi ardenti è la storia di Luisa, la sorella di Jakob, la quale a suo modo è altrettanto carente nell’esprimere parole, nonostante faccia tutt’altra impressione e non ne sia consapevole. Addirittura vorrebbe diventare scrittrice. Mentre Jakob non riesce a esprimersi, ma possiede un ricco mondo interiore, Luisa parla molto, ma ha difficoltà per via del suo vuoto interiore. Entrambi i libri possono essere letti indipendentemente l’uno dall’altro, ma gli aspetti dell’uno si rispecchiano in quelli dell’altro.  

Immagino che ci siano anche molti elementi autobiografici nel suo romanzo, quanto c’è di lei, del suo carattere, in Jakob il protagonista? Immagino che sia una domanda che le hanno già fatto molte volte ma a me incuriosisce la parte legata alla gestione di un’azienda agricolo biologica. Ci sono delle somiglianze con la sua esperienza nella realtà?

Certamente nel mio romanzo sono contenute molte delle mie esperienze dirette, anzi in tutti i miei libri direi. Il personaggio di Jakob mi assomiglia ma pur essendomi spesso ritrovato senza parole da bambino o da ragazzo, Jakob non è un alter ego. A volte Jacob non riesce a controllare le sue emozioni, e questo per esempio non mi capita. Per quanto riguarda la rappresentazione dell’impresa agricola, tali aspetti sono più o meno realistici. Le condizioni metereologiche hanno un ruolo principale nel libro, e naturalmente anche nella mia vita.

Jakob è un solitario, nella solitudine esorcizza i suoi demoni interiori. Poi incontra una donna Katja, e cosa succede? Che peso ha l’amore nella sua vita?

Direi che il mio è anche un libro sulla domanda ‘che cos’è l’amore’. C’è una definizione dell’amore? Ad un certo punto Katja dice a Jakob: ‘Tu non sai cos’è l’amore!’ Ed è come se lui ricevesse un colpo in testa per via di questa affermazione. Perché lui comunque sente di sapere cos’è l’amore. Fondamentalmente è molto difficile per Jakob far entrare qualcuno nella sua vita. Quando ci riesce però non lascia alcuna porta posteriore aperta.

Senza svelare troppo della trama, in che misura Jakob cerca di fare chiarezza in sé stesso? Chi è davvero Jakob?

Jakob è un personaggio contraddittorio, ma probabilmente non lo è più di ognuno di noi. E non assume alcun ruolo, è sempre senza maschera, direi quasi come un bambino. Un’altra cosa in comune con un bambino è che non pensa a se stesso.

Lei è soddisfatto del romanzo o ci sono parti che una volta ultimato ora vorrebbe revisionare e cambiare?

Ho scritto il libro in un periodo molto difficile dal punto di vista personale, e sono ancora molto soddisfatto che sia diventato ciò che è diventato. Una storia compatta e impenetrabile che tuttavia lascia abbastanza spazio alla fantasia del lettore. No, non riscriverei niente, non cambierei neanche una riga.

Come è stato accolto dai lettori in Austria, al netto dei premi vinti, riceve lettere, mail, messaggi sui social di lettori che le parlano del libro?

Il libro ha attirato l’attenzione di molti lettori. Molti sono entrati in contatto con il mio lavoro attraverso questo libro. Ho ricevuto numerose lettere e e-mail. Molti agricoltori, uomini e donne, hanno letto il libro e hanno apprezzato che ‘uno di loro’, per lo meno come mi percepiscono loro, ha raccontato del loro mondo. Ma il libro contiene anche una scena pesante, che ha allontanato alcuni lettori. Su quella scena mi sono state spesso rivolte delle domande/ critiche, spesso da persone molto irritate. 

Grazie della sua disponibilità e gentilezza. Come ultima domanda le chiederei di dirci qualcosa sui suoi progetti futuri.    

Qualche mese fa ho iniziato una storia più ampia, che vorrei completare la prossima primavera. E in ogni caso il mio motto è: ‘andare sempre avanti’.

:: Un’intervista con Tom Hofland, Il cannibale (Carbonio 2024, traduzione di Laura Pignatti) a cura di Giulietta Iannone

31 Maggio 2025

Benvenuto Tom su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Sei laureato in Scrittura per lo Spettacolo, sei uno scrittore e un podcaster. Parlaci di te, raccontati ai tuoi lettori italiani.

Certamente! Abito a Rotterdam con mia moglie e due bimbi piccoli. Il mio primo romanzo è stato pubblicato nel 2017 e ho scritto in totale tre romanzi, una raccolta di racconti e una novella. Il mio terzo romanzo, Il cannibale, è stato ora pubblicato in Italia. Fin ora sono molto soddisfatto dell’accoglienza italiana. Gli Italiani sono lettori molto attenti ed è molto piacevole dialogare con loro. Spero che prima o poi vengano pubblicati in Italia altri miei lavori.

Il cannibale, che hai presentato al Salone del Libro di Torino quest’anno, è il tuo terzo romanzo. Parlaci di questo libro, a che tipo di lettori lo consiglieresti?

Lettori che amano la weird fiction, l’umorismo nero e una punta di horror apprezzerebbero sicuramente questo libro. I lettori ai quali, per esempio, piacciono i film di Yorgos Lanthimos (The lobster) o le serie televisive come Fargo, troveranno sicuramente degli elementi comuni.

Parlaci del protagonista, Lute, si ispira a persone che hai realmente conosciuto?

Lute è un manager in una grande azienda farmaceutica. È molto gentile con i suoi colleghi e vuole instaurare relazioni personali con loro. Ma vuole anche fare in modo che il suo capo sia soddisfatto. In realtà è poco coraggioso, soprattutto perché non vuole ferire altre persone. Persino se le persone sono crudeli o approfittano di lui. In tali aspetti del suo carattere mi riconosco un po’. Ma il personaggio naturalmente è anche basato sulle persone, molto numerose, che seguono ciecamente i comandi, senza riflettere.

Raccontaci un po’ della trama.

Lute lavora come manager responsabile della qualità in una grossa azienda farmaceutica. L’azienda viene rilevata da un investitore svizzero, che dichiara che il dipartimento di Lute è superfluo. Una pillola amara per Lute: non solo deve fare in modo che decine di fedeli colleghi se ne vadano, ma riceve anche il compito di convincerli a dare le dimissioni (in modo tale che l’azienda risparmi sui costi del licenziamento). Quando Lombard, un cacciatore di teste freelance, offre a Lute i suoi servizi, questi li accetta di cuore. Lombard si prende cura di far sparire i dipendenti ad uno ad uno e Lute può lavarsene le mani e considerarsi innocente. Quando iniziano a esserci le prime morti, si rende conto di aver fatto entrare una volpe nel pollaio.

Cosa lega Lute a Lombard? Raccontaci come si dipanano le dinamiche aziendali.

Lute ha ricevuto il compito di liberarsi dei suoi dipendenti. È troppo buono per praticare il mobbing con loro per spingerli a dimettersi. Ma non possiede abbastanza coraggio per opporsi al suo capo e prendersi le sue responsabilità nei confronti dei suoi dipendenti. Trova una via d’uscita ingaggiando Lombard. Lombard rappresenta la personificazione del ‘capitalismo religioso’, del quale facciamo parte tutti noi. Il credo sacro del capitalismo predica che gli affari sono più importanti del resto. Lombard non ha alcuna coscienza e non capisce che cosa ciò implichi per le persone. Lute spera di preservare la sua innocenza rendendo Lombard responsabile. Ma non può sfuggire alle sue responsabilità.

La trama ha venature horror?

Certamente. Ma la storia contiene anche elementi umoristici in modo tale da non renderla troppo pesante o dark. Le venature horror sono spesso allo stesso tempo delle assurdità.

Il mondo del lavoro è un mondo competitivo e molto spesso disumanizzato. Hai voluto fare una satira di queste dinamiche?

Assolutamente. Sono convinto che abbiamo vissuto nel capitalismo talmente a lungo da non vedere più alternative. Pensiamo che questa sia la nostra natura umana, che dobbiamo lavorare molto e dobbiamo comportarci in modo brutale nel mondo degli affari. Crediamo che il ‘profit over people’ sia sacro. Ma è stato tutto ideato. Dobbiamo ritrovare la nostra umanità. Questo è il messaggio che voglio comunicare con il mio libro. Ma è più difficile del previsto se ci sei dentro. Anche io a volte vengo spinto da un desiderio di successo professionale e ricchezza. Questo perché anche io sono cresciuto, come tanti altri, nel sistema capitalistico. È molto difficile, allora, vederla in modo diverso.

Grazie della tua disponibilità e gentilezza. Come ultima domanda ti chiederei di dirci qualcosa sui tuoi progetti futuri.

Ti ringrazio molto! Spero di poter venire più spesso in Italia per poter parlare con i lettori, e che questi possano entrare in contatto con il mio lavoro. Il mio prossimo lavoro sarà un romanzo di fantascienza sulla perdita del corpo umano, e sulla corporeità che ci rende esseri umani.

Traduzione a cura di Simona Castagnoli, che ringraziamo assieme al marito Wil.