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:: Visioni di cinema: Zì Yú Zì Lè (Master of Everything / Bamboo Shoot, 2004) di Li Xin

31 ottobre 2025

Oggi voglio parlarvi di un delizioso film cinese indipendente, e a basso budget, dal titolo Zì Yú Zì Lè, (titolo internazionale: Master of Everything / Bamboo Shoot) del regista Li Xin, scritto da Sara Chen Yan e uscito nel 2004 in Cina.

Sebbene non sia una produzione mega hollywoodiana, si avvale tuttavia di seri e stimati professionisti, tra cui il direttore della fotografia, Wong Yue-tai, è un grande nome nell’industria della fotografia di Hong Kong, avendo vinto cinque Golden Horse Awards e cinque Hong Kong Film Awards e il compositore, Hummie Mann, è un compositore canadese che ha vinto due Emmy Awards, che contribuisce con sensibilità a creare un’atmosfera sospesa tra poesia e realismo.

Percepito come strano, bizzarro, troppo onirico (divertente la scena nel bosco di bambù, che cita o fa la parodia di una scena analoga ne La Tigre e il Dragone) ha subito una certa critica istituzionale negativa, pur essendo invece quasi inaspettatamente premiato al botteghino già dalle prime settimane di uscita con un crescente successo di pubblico nonostante il tono sperimentale lo rendeva un po’fuori dal mainstream commerciale dominante. Tuttavia, il film è stato nominato per il miglior lungometraggio cinese al Golden Deer Award per l’innovazione tecnologica e per la migliore interpretazione femminile al 7° Changchun Film Festival. Oltre che candidato al Chinese Film Media Award sia per la migliore protagonista, che per la migliore coprotagonista.

Dirvi che mi è piaciuto è poco, è poetico, delicato, divertente, a tratti commovente, e penso sinceramente possa interessare anche a un pubblico occidentale, sebbene credo sia circolato quasi esclusivamente nel mercato cinese, o perlomeno asiatico. Non di facile reperimento qui da noi, non credo ci sia nelle piattaforme principali di streaming doppiato in italiano, ma dato il doppio titolo internazionale penso che almeno nelle intensioni era pensato anche per il mercato internazionale, in inglese. Anche se attualmente non è disponibile per lo streaming neanche negli Stati Uniti, ma era disponibile su Amazon Video fino almeno al settembre 2015. La mancanza di una campagna promozionale internazionale o accordi di distribuzione può aver limitato la sua “uscita” fuori Cina.

Se vogliamo riprende la storia di Pigmalione, o meglio una versione rurale cinese di My Fair Lady, ma lo fa con tale delicatezza e originalità da risultare un piccolo gioiello da riscoprire.

Debutto cinematografico della cantante Coco Lee, che si impegnò davvero molto, e duramente, studiando privatamente e pagando di tasca sua insegnanti di recitazione e di dizione, e arrivando a girare le scene di azione senza controfigura, facendosi anche male, e questo si trasmette nella freschezza e spontaneità del personaggio, arricchendolo e valorizzandolo, il film si avvale anche della partecipazione straordinaria di John Lone, il protagonista maschile del film, star internazionale di prima grandezza anche se qui a fine carriera, che tornò nella Cina continentale appositamente per girare questo film per la prima volta dai tempi dell’”Ultimo Imperatore”, forse per aiutare proprio la talentuosa e amica Coco Lee nel suo lancio cinematografico,  per una volta in una parte romantica, ed bravissimo in questo ruolo di innamorato un po’ attempato. Ma è all’altezza tutto il cast tra attori professionisti e amatoriali, o semplici comparse.

È un film corale: tutto il villaggio cinese in cui è ambientato è protagonista, anche se resta una storia d’amore, in realtà, non solo sentimentale ma anche per il cinema in sé. Ah, dimenticavo è tratto da una storia vera, quella di Zhou Yuanqiang, il capo della stazione culturale nella città di Jingcheng, Jingdezhen, provincia di Jiangxi.  

Veniamo alla trama: in un pittoresco villaggio di montagna della Cina meridionale, dove la troupe visse per due mesi, di una bellezza paesaggistica stupenda, lo scapolo Mi Jihong (John Lone) si innamora di Luhua (Coco Lee) la bellissima figlia del capo villaggio (un dolcissimo Tseng Chang) e amica intima di sua sorella Alian (Tao Hong). Timido, introverso, ingenuo, anche preoccupato per la differenza di età Mi Jihong fatica a confessare i suoi veri sentimenti, ma quando Luhua, che ama esibirsi sul palco per gli abitanti del villaggio e sogna un futuro nel mondo dello spettacolo, viene scartata in modo abbastanza cattivo dopo un provino per un film, Mi Jihong incapace di sopportare la sua tristezza compra una videocamera digitale e propone alla ragazza di recitare da protagonista in un dramma amatoriale di arti marziali, “L’eroina di Guanzhong”, usando mezzi rudimentali e tanta fantasia, per realizzare il suo sogno di diventare una star.

Mi Jihong, sempre per amore, assume i ruoli di regista e direttore della fotografia, chiede al proprietario del ristorante del villaggio di investire nel film, e recluta il falegname del villaggio come sceneggiatore e attrezzista.

Da qui in poi il film racconta come il film viene girato dalla scelta del cast alla realizzazione vera e propria di tutte le scene, fino al successo finale e all’attenzione che gli riservano i media nazionali.  Anche i due corteggiatori di Alian, Wang Shengli (Xia Yu) e Wang Ergou (An Hanjin), si uniscono alla troupe, dando un tocco di comicità alla storia. Lieto fine assicurato con Mi Jihong e Luhua finalmente sposi dopo il buffo tentativo del padre di lei di cercargli un marito della sua età.

Il film esplora vari temi: il cinema o l’arte in genere come forma di riscatto e di crescita, l’importanza e la forza della comunità e della solidarietà che anche con basso budget e produzioni limitate riesce a fare un prodotto artistico di pregio, il contrasto tra vita rurale semplice e il mondo dello spettacolo visto come irraggiungibile, il tono che mescola commedia e comicità a temi più seri come la forza del sogno e il confronto con la realtà.

Il film si fa notare per una certa originalità e sincerità di intenti, il fatto che il soggetto è preso da una storia vera è ben caratterizzato ed espresso, poi per l’ottima interpretazione degli attori, ci sono momenti davvero toccanti e pieni di grazia, e pure Coco Lee pur non essendo ancora un’attrice professionista è adorabile e perfetta nel ruolo.

Infine, forse questo è il fulcro del film: lo spirito meta-cinematografico, perché in fondo il film è un film sul fare un film, e lo fa con grazia e leggerezza senza appesantire o annoiare, né voler essere didascalico o saccente o peggio grottesco. Si riflette insomma sul mezzo cinema, sui sogni e le aspirazioni dei singoli attori e sulle difficoltà che si incontrano quando si passa dal sogno alla realizzazione filmica, ovvero alla realtà.

Nel complesso un film umile ma con un grande cuore e buone intenzioni onestamente mantenute. Un film meritevole, infine, per chi è interessato a un cinema prodotto dal basso, poco noto, fuori dai grandi circuiti, ma di grande valore. Con l’augurio che riprenda a circolare anche in occidente, o doppiato o perlomeno con i sottotitoli in inglese, se non in italiano.