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:: Shanghai Surprise di Tony Kenrick (Rusconi 1986) a cura di Giulietta Iannone

3 ottobre 2024

Allora, mettetevi comodi e preparate i pop corn, sarà una lunga, e spero divertente recensione di un romanzo altrettanto divertente scritto da un signore di nome Tony Kenrick, nato a Sydney nel 1935 e tutt’ora vivente sebbene abbia smesso di scrivere ormai dal 1991, per lo più thriller fiction e romanzi polizieschi umoristici sulle orme di Donald E. Westlake e Lawrence Block. Il romanzo si intitola Shanghai Surprise (Faraday’s Flowers, Doubleday, 1985) e se non era per Madonna e Sean Penn che ne fecero una versione cinematografica piuttosto castigata (va bè anche alquanto discutibile, ne ho parlato qui) forse in Italia non sarebbe stato mai tradotto e invece finì in allegato con Gente (per giunta in edizione integrale) supplemento al n° 28 del 1989 ed edito nel 1986 da Rusconi nella bella traduzione di Hilia Brinis. Sorge il dubbio che quelli di Gente non l’abbiano davvero letto, perchè è piuttosto esplosivo sia per alcune scene che per lo spirito goliardico di fondo che non ne fa un romanzo di avventura per ragazzi classico. Anzi i bambini dovrevvero starci lontano, come ebbe a dire un noto critico che recensì il film in cui recitò Madonna nella parte di una missionaria laica di nome Gloria Tatlock alla ricerca di una cassa di oppio perduto, i famosi fiori di Faraday. Protagonista della vicenda è Glendon Wasey, un cattivo ragazzo un po’ cialtrone se vogliamo che si guadagna da vivere commerciando gli oggetti più improbabili su e giù per i quattro mari, quando inizia la storia deve portare, e cercare di smerciare, a Los Angeles alcune casse di cravatte fosforescenti di dubbio gusto. Ma il suo viaggio si ferma a Shanghai quando viene scaricato nel porto con le sue casse, mezzo ubriaco, con la barba di tre giorni e un gergo piuttosto colorito in perfetto dialetto di Shanghai che attira l’attenzione di un missionario, il signor Burns, e della sua assistente, la bella, ingenua (va bè neanche tanto) e dolce signorina Tatlock di cui parlavamo prima. La sua abilità con il dialetto locale ne fa il candidato ideale per girare i bassifondi della città in cerca di una cassa di fiori di papavero grezzo ancora da raffinare, che i pii missionari vorrebbero trasformare in morfina per alleviare le sofferenze dei soldati, (dal 1937 Shanghai è occupata dai giapponesi), anche per non vederlo trasformato in oppio per le numerose fumerie d’oppio locali, gironi infernali in cui gli schiavi di quella droga si lasciano morire di inedia. Inizia così una girandola di avventure tra il goliardico e il comico con gag anche notevolmente grezze e la descrizione di un amplesso tra Mr Wasey e China Doll, una prostituta che si vede come un’antica concubina, che dura diverse pagine. Kenrick è un ottimo scrittore, molto visionario, la sua scrittura è un fiume in piena di invenzioni, doppi sensi e giochi di parole ma cosa era lecito negli anni ’80, non è più lecito oggi dove alcune gag verrebbero sicuramente censurate e non si ride più per certe battute. Droga, prostituzione, omosessualità, affermazioni vagamente razzistiche e maschilistiche non dovrebbero essere usati per battute comiche, come dicevo la sensibilità è cambiata, ma lo spirito anarchico e dissacratorio di questo libro permane strappando qualche sorriso anche se amaro. Mi accorgo di aver deviato dai presupposti iniziali, facendo infine anche delle valutazioni serie, ma si sa l’umorismo deve avere sempre un fondo di cattiveria per fare davvero ridere sebbene tutto rientri in una farsa buffa che sbeffeggia i mali che stigmatizza. La cosa più inverosimile di tutto il libro è quando la signorina Tatlock seduce Wasey per renderlo in obbligo e spingerlo a continuare la ricerca dell’oppio sebbene stia diventando pericoloso dato che ci sono coinvolti anche i delinquenti locali per nulla intenzionati dal farsi soffiare il ricco bottino nel loro territorio, che comunque si limitano a dargli avvertimenti, perchè non si uccide un americano, facendo di conseguenza arrabbiare i banchieri che ritirerebbero i loro capitali. Quando Wasey finisce letteralmente in una cisterna di liquami, o viene torturato in una cantina odorosa di muffa da un cinese molto, molto cattivo, si ride amaro, come quando l’autore descrive i corpi delle vittime dell’oppio raccolti agli angoli delle strade da carretti di “monatti” e buttati senza sepoltura nel fiume, o quando descrive i profughi che Shanghai raccoglie che muoiono di fame e di freddo nell’indifferenza generale. Insomma, fatte le debite premesse è un libro da leggere, può piacere o non piacere, questo dipende naturalmente poi dalla sensibilità personale.