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:: Aquila Neptuni di Marco Vozzolo (Ali Ribelli 2025) a cura di Patrizia Debicke

6 settembre 2025

Anno 388 d.C. L’Impero Romano d’Occidente si avvia verso un tramonto inesorabile, e con esso i suoi fasti, i suoi simboli e la sua potenza millenaria. In questo scenario di caos politico e decadenza morale si muove la vicenda che ha come protagonista il centurione Ausonio, un uomo temprato dalle campagne militari, ma ancora legato alla sua terra e ai valori di un mondo che si sta sgretolando sotto i suoi occhi.

Il romanzo si apre sul conflitto tra Valentiniano II, giovanissimo imperatore in fuga, e Magno Massimo (o Massimiano), usurpatore che tenta di imporre la propria autorità su Milano e sull’Italia. Sullo sfondo, l’ombra possente di Teodosio, Augusto d’Oriente, chiamato a ristabilire un equilibrio ormai precario. Le forze in campo non si limitano alla politica e alle grandi manovre militari: l’autore ricostruisce con precisione la complessità di un Impero in dissoluzione, tra giochi di potere, tradimenti e barbariche alleanze pronte a calare come avvoltoi sulle rovine di Roma.

È qui che entra in scena Ausonio. Non un eroe invincibile, ma un uomo di carne e sangue, costretto a confrontarsi con corruzione, tradimenti e scelte impossibili. Il suo compito – allestire una nave da guerra per difendere il porto del Liris – diventerà un atto di resistenza personale, un baluardo fragile eppure necessario contro il dilagare della violenza. L’“Aquila Neptuni”, la nave che radunerà i superstiti legionari e li porterà a combattere al fianco di Teodosio, non è soltanto uno strumento militare: rappresenta un simbolo, un’ultima fiammata di dignità e di appartenenza.

La ricostruzione storica si intreccia con il ritmo serrato della narrazione. Le manovre di Andragazio, il generale che aveva già insanguinato la storia con l’uccisione di Graziano, si scontrano con le strategie di Bautone, comandante fedele a Teodosio. Le flotte si preparano al confronto decisivo sull’Adriatico, in una battaglia navale descritta con respiro epico, dove le vele tese dal vento, il legno che stride sotto i colpi e il sangue che tinge le onde diventano immagine potente del collasso di un intero mondo.

Il pregio del romanzo è quello di restituire, attraverso lo sguardo di Ausonio, la tensione di un’epoca sospesa tra passato e futuro. Roma non è più il centro saldo e indiscusso dell’universi, ma un corpo in decomposizione, dilaniato da interessi particolari e da un’aristocrazia più dedita al lusso che al bene comune. Eppure, nonostante tutto, esistono ancora uomini capaci di credere ancora in valori di lealtà, sacrificio e appartenenza. Ausonio e i suoi ex commilitoni incarnano questa resistenza morale, quasi fossero gli ultimi testimoni, portatori di una fiaccola che, pur destinata a  spegnersi, non vuole rinunciare a brillare.

Il ritmo narrativo  è rapido, non per scarsa profondità, ma per il continuo, serrato avvicendarsi di colpi di scena. Una decisione mancata, un tradimento, una vela che compare all’orizzonte saranno sufficienti per capovolgere le sorti. Ed è proprio  la precarietà del tempo che l’autore riesce a comunicare al lettore: come una frana annunciata, quando basta un sassolino a preannunciare la rovina.

Ciò che rimane impresso è il netto contrasto tra la dimensione privata di Ausonio: la sua terra, i suoi compagni, la sua estrema dignità di soldato con l’estensione del dramma storico che lo circonda. La sua “isola felice” semicelata tra gli ulivi, continuamente minacciata dai barbari e dagli intrighi di potere, si trasforma quasi nel microcosmo in cui si rispecchia la decadenza dell’Impero.

La battaglia finale nell’Adriatico, con l’“Aquila Neptuni” proiettata al centro dello scontro, suggella un destino epico e insieme tragico. Non può esserci vera vittoria, perché il crollo di Roma è inarrestabile, ma in primo piano risalteranno la dignità e  l’onore  di chi ha combattuto fino all’ultimo respiro per difendere la propria gente. La figura di Andragazio, infine, si chiude con la macchia indelebile del fallimento e con un epilogo che trasuda disperazione: il suicidio in mare, ultimo atto di un comandante travolto dagli eventi e dalla sua stessa ambizione.
Il romanzo, in conclusione, si legge con la tensione di un thriller storico e con l’intensità di una tragedia classica. Porta il lettore dentro un’epoca di passaggi e fratture, restituendo la fine dell’Impero non come un fatto lontano e astratto, ma come un dramma umano, vissuto da uomini che ancora credevano che Roma fosse qualcosa di più di un nome e di un ricordo.

Marco Vozzolo è nato a Minturno (LT) il 12 settembre 1972. Cresciuto a Castelforte, un piccolo paese della provincia di Latina, con pochi abitanti, un po’ retrò. Si divide tra la Toscana, Castelforte e la Provenza. In origine si trasferì a Pistoia per motivi di lavoro. La scelta di rimanere a vivere in Toscana è maturata dall’amore verso i paesaggi, il loro passato e il lento scorrere della vita in alcuni piccoli, preziosi paesi. Rimane comunque un Castelfortese DOC. Frequentatore, per le ricerche storiche, di archivi, biblioteche, archivi vescovili e collezioni private. Sommelier per hobby, è propenso verso i vini Toscani e Francesi, di cui è cultore. Ha pubblicato i seguenti testi e romanzi: La Corona del Re Longobardo, Il Valore delle Piccole Cose, La Bottiglia di Napoleone, Pistoia Medievale… ma non troppo, Una Passeggiata nella Castelforte del 300, Il Grifone, Una Storia Medievale, I Gufi di Velathri, Guillame de Villaret – Dell’ultimo Templare, Ampoiles, Storie di Mare, Necropoli. Ha pubblicato sulla rivista locale Il giornale del Golfo due racconti brevi riguardanti episodi storici del paese d’origine. Incaricato “Settore Storico” del Rione dei Grifone (Pistoia).