
Tutti hanno sentito parlare del famoso re fanciullo, Tutankhamon, ma il nome di sua sorella e moglie Ankhesenamon viene raramente pronunciato. La tragica vita di Ankhesenamon è stata ben documentata negli antichi rilievi e nelle pitture del regno dei suoi familiari, dal faraone Akhenaton e la sua Grande Sposa Reale Nefertiti, fino alla morte di Tutankhamon, quando la giovane sovrana sembra scomparire completamente dalla documentazione storica. Come fosse stata volutemente annullata
Ankhesenamon (“colei che vive per Amon”) fu una regina della XVIII dinastia. Era la terza delle sei figlie di Akenaton e Nefertiti e divenne la Grande Sposa Reale del fratellastro Tutankhamon quando aveva 13 anni e lui 10 anni.
Dopo il matrimonio, la coppia restaurò l’antica religione, disconoscendo le azioni del padre, Akhenaton.Tutankhamon e Ankhesenamon due bambini, regnarono insieme in Egitto per dieci anni. Durante il loro regno, la storia ci mostra che il re aveva un consigliere ufficiale chiamato Ay, che giocò un importante ruolo nella vita e nelle decisioni di governo della giovane coppia.
Nei dieci anni sul trono, i sovrani concepirono due bambine, ma le due gravidanze finirono con due aborti (la conseguineità giocava contro),
A 19 anni circa, Tutankhamon morì all’improvviso (si ipotizza una malattia genetica) , lasciando sola Ankhesenamon e senza eredi, appena ventitreenne. La regina vedova voleva continuare con i suoi doveri ufficiali di sovrana d’Egitto e tentò senza successo la carta di interpretare un ruolo di rilievo nel trovare un successore.
La bella quarta di copertina a firma Dacia Maraini ci conferma che Annamaria Zizza ha adottato per il suo intrigante romanzo la famosa leggenda mai provata che Ankhesenamon sarebbe da individuare come la regina vedova che, alla morte del marito, nel gennaio del 1323 a.C., scrisse a Šuppiluliuma I re degli Ittiti una lettera molto particolare. Questa lettera infatti di cui è stata trovata copia in un archivio reale, nei pressi della moderna cittadina turca di Bogazkoy (nel sito dell’antica capitale hittita Ḫattuša), tra quelli che sono meglio noti come gli Annali di Muršili II, tav. VII, dal titolo: Gesta di Šuppiluliuma narrate dal figlio Mursili), contiene tra l’altro la frase:
“Mio marito è morto non ho figli. Si dice che Tu ne abbia parecchi, se me ne manderai uno, ne farò il mio Sposo. Non sceglierei mai uno dei miei sudditi/ servitori come marito“.
Detta missiva riservata raggiunse la corte ittita ma Suppiluliuma , trattandosi di un Paese nemico, temendo una trappola per ovvia diffidenza, anche per guadagnare tempo prima di prendere una decisione, mandò il proprio ambasciatore, Ḫattuša Zitiš, a chiedere conferma ma il suo passo, rendendo nota alla corte di Tebe l’iniziativa della regina gli fece perdere l’occasione di conquistare l’Egitto senza colpo ferire.
Anhesenamon scrisse invano in risposta: “Perché hai Tu pensato ch’io Ti volessi ingannare? Se avessi avuto un figlio, sarei forse io ricorsa, a Mia vergogna, a un Paese straniero? Non ho scritto ad altri, solo a Te, dammi uno dei Tuoi figli, per me sarà solo un marito, ma per l’Egitto sarà Re”.
Il romanzo di Annamaria Zizza incomincia infatti a Tebe, capitale dell’Egitto, nel XIV secolo a.C.
La bellissima e giovane Ankhesenamon, regina vedova di Tutankhamon ma senza figli, ancora impregnata degli ideali di suo padre che predicava la pace tra i popoli e decisa a tutto pur di salvare il suo Paese garantendo all’Egitto sicurezza e un erede di stirpe reale, decide di fare la sua mossa. Con una coraggiosa e anticonformista decisione ordina a Menthuotep, saggio e affermato scriba e medico babilonese, fidato uomo di umili origini con un infelice passato , di scrivere e far avere presentandosi come suo ambasciatore una lettera al re degli ittiti. Una mossa spregiudicata fatta di nascosto, scavalcando sia Ay il potente visir erede al trono in mancanza di stirpe reale, che il potente grande generale Horemheb marito della sorella di Nefertiti.
Siamo nel periodo delle massima gloriosa espansione dell’impero ittita, che approfitta di un formidabile atout: l’aver appreso il segreto di temprare e lavorare il ferro e non condividerlo con gli altri. Ragion per cui, disponendo di armi migliori, sono certi di vincere, altrettanto persuasi dalla fine e colta diplomazia di Menthuotep, di poter riuscire a conquistare e dominare l’Egitto senza combattere, decidono di accettare la richiesta della Regina vedova.
Il re ittita, Suppiliuma, sfavorevolmente condizionato tuttavia dalla seconda moglie, la subdola e infida Malnigal, bella e infelice principessa babilonese, attiva seguace della magia nera, manderà quello dei figli che ha deciso di allontanare… Il prescelto o la vittima designata fu il principe Zannanza, che, però non giunse mai a destinazione. Scomparso durante il viaggio. Assassinato? E forse…
Con l’Egitto coinvolto in una profonda, divisiva crisi dinastica e, dopo il “periodo amarniano”, privato di una valida e legittima successione al trono, tra diabolici e crudeli intrighi di corte, impossibili amori, drammi personali e spericolate avventure, si dipana la trama intessuta da una affascinante e sconosciuta regina, una giovane donna che si illudeva di poter ignorare il proprio fatale destino e, ribellandosi, cambiare il corso della storia..
Una perfetta ambientazione dovuta alla colta e approfondita ricostruzione storica dell’autrice contribuiscono alla realizzazione del romanzo vivacizzato dalla ben calibrata recitazione dei personaggi. Un suggestivo e palpabile scenario che travalica i secoli. Una vicenda che descrive e inquadra alla pefezione anche l’abissale differenza di costumi e mentalità tra due imperi tanto lontani da noi.
Annamaria Zizza è nata a Catania e insegna Italiano e Latino al Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale. Ha ideato il progetto “Dante nelle chiese di Acireale” e propone “lecturae Dantis” patrocinate dalla diocesi locale. Una sua raccolta di poesie ha ricevuto una menzione speciale al premio letterario “Salvatore Quasimodo”. Collabora con la rivista di egittologia e archeologia “Mediterraneo antico”, per la quale scrive articoli di antropologia della Roma repubblicana. Vive con la figlia in provincia di Catania.