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:: Un’intervista con Auke Hulst, autore de “I bambini della Terra selvaggia” a cura di Giulietta Iannone

23 Maggio 2025

Benvenuto Auke su Liberi di scrivere e grazie di avere accettato questa intervista. Scrittore, cantautore, critico letterario, presentati ai tuoi lettori italiani, parlaci di te della tua infanzia, dei tuoi studi, del tuo debutto come scrittore. Sei autore di I bambini della Terra selvaggia che hai presentato al Salone del Libro di Torino. Ce ne vuoi parlare? Da cosa è nato il progetto per scrivere questo libro?

Mi chiamo Auke Hulst e sono cresciuto nel nord dei Paesi Bassi, in un piccolo villaggio, o per la precisione un accorpamento di abitazioni senza chiesa, chiamato Denemarken, che nel dialetto locale significa “campi selvaggi”, cioè terra aspra. Mio padre è morto due giorni prima del mio ottavo compleanno e, da allora, la nostra famiglia – quattro figli, due maschi e due femmine – è rimasta in mano a nostra madre, la quale era spesso assente e piuttosto irresponsabile. Avevamo sempre debiti e altri problemi, perciò abbiamo avuto un’infanzia non facile. Da quell’infanzia nasce I bambini della Terra Selvaggia, in cui esploro che cosa significhi, per dei bambini, crescere in condizioni così insicure. Questo studio è stato il motivo principale per cui ho scritto il libro, ma volevo anche mettere per iscritto la storia della nostra famiglia: consideralo un monumento ai quattro bambini di allora.

Un racconto intimo e universale sull’infanzia, la famiglia, e il coraggio di credere nel futuro. È un romanzo anche per ragazzi, o è rivolto principalmente a un pubblico di lettori adulti?

È chiaramente un romanzo per adulti. Guardiamo il mondo attraverso gli occhi di Kai, il bambino che mi rappresenta, ma con la saggezza e la conoscenza dell’adulto che diventerà. Oltre ad essere un libro avventuroso e doloroso, è anche un libro filosofico e poetico. Per lo meno, lo spero.

Dove è ambientato il romanzo? In che anni?

La storia è ambientata tra il 1983, anno della morte di mio padre, e il 1998, quando mia madre si dileguò per andare a vivere da senzatetto in Francia. Ad eccezione dell’epilogo francese, quasi tutto il libro si svolge nella regione olandese di Groningen, un luogo peculiare: rurale e dalla situazione economica poco favorevole, ma anche la zona in cui lo Stato olandese e le grandi compagnie petrolifere hanno guadagnato enormi somme di denaro dall’estrazione di gas naturale.

Parlaci del legame che unisce i quattro fratelli? Ti sei basato su fatti autobiografici?

Noi quattro – mio fratello maggiore di un anno, mia sorella minore di un anno, la mia sorellina più piccola e io – siamo stati costretti dalle circostanze ad affidarci l’uno all’altro fin da piccoli. Dovevamo salvarci da soli e salvarci a vicenda; dico sempre che eravamo come un piccolo commando. Ma eravamo anche senza educazione, e si vedeva nella rudezza con cui talvolta ci trattavamo.

La perdita del padre è un grande dolore, come l’affrontano? Questo rinsalda il loro legame?

La cosa davvero strana è che solo molti anni dopo ho potuto riflettere davvero sulla perdita di nostro padre, perché il comportamento e le carenze di nostra madre su numerosi fronti creavano problemi più urgenti a cui pensare. So però che esisteva un legame tacito, rafforzato da quel lutto. Non solo fra noi quattro, ma anche, per esempio, con altri bambini: i miei due migliori amici d’infanzia non avevano un padre presente, e pur senza parlarne lo sentivamo.

Sei tra i più celebri autori olandesi contemporanei. Come hai gestito questo successo? Ci sono anche ombre legate alla grande notorietà?

I Paesi Bassi non sono particolarmente amanti della letteratura, quindi gli scrittori – perfino i più famosi, categoria alla quale non mi annovero – raramente sono celebrità. Mi accorgo però che i lettori, grazie alla franchezza del mio lavoro, si confidano facilmente durante le presentazioni o nelle lettere: è una cosa molto speciale. Non ho subito effetti negativi dalla mia modesta notorietà. Certo, fatico a confrontarmi con le recensioni, buone o cattive che siano: dopo l’uscita di un libro vorrei dormire un paio di mesi, per non doverle ricevere di volta in volta.

Grazie della tua disponibilità e gentilezza come ultima domanda ti chiederei i tuoi progetti per il futuro.

Accanto alla mia scrivania ho una cassettiera; su ogni cassetto c’è il titolo di un libro in preparazione. Al momento ho riempito cinque cassetti: materiale per un romanzo storico, per un libro di viaggi, un romanzo di fantascienza, un libro di memorie e un breve romanzo contemporaneo che, ebbene sì, è ambientato in Italia!

Traduzione a cura di Simona Castagnoli, che ringraziamo assieme al marito Wil.