:: Quaranta segni di pioggia di Kim Stanely Robinson (Fanucci 2025) a cura di Patrizia Debicke

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Fa caldo a Washington. Un calore quasi insopportabile, greve, stagnante e che sembra annunciare la tempesta. Il cielo resta immobile, nessuna nuvola in vista. Gli split dell’aria condizionata, circondati da  gente sudata, stentano a fare il loro lavoro.  
Questa è la realistica immagine iniziale di Quaranta segni di pioggia di Kim Stanley Robinson (Fanucci Editore), romanzo che suona come un monito per un’umanità cieca, intrappolata nella propria presunzione di dominio sulla natura.
Washington D.C. diventerà il cuore pulsante di un mondo prossimo al collasso, una capitale in cui la miopia dei governanti si è trasformata in simbolo dell’inerzia globale. Là si muovono i protagonisti, piccoli ingranaggi di un arrugginito meccanismo politico: Charlie Quibler, consulente per le politiche ambientali di un senatore illuminato ma impotente, e sua moglie Anna, brillante scienziata della National Science Foundation. Entrambi, in modi diversi, cercando di dare un senso a un futuro che pare volersi sfaldare sotto i loro occhi.
Charlie combatte contro il disinteresse dei potenti, costretto a tradurre in linguaggio politico l’urgenza scientifica del disastro climatico. Sente che la catastrofe non è più una minaccia lontana ma una realtà che avanza a passi misurabili: anno dopo anno il ghiaccio artico si ritira, le stagioni si deformano, i confini tra normalità e caos si assottigliano. Tuttavia, nei corridoi del potere prevale la riluttanza, l’incapacità di comprendere ciò che la scienza ripete da decenni. La politica, dominata da calcoli elettorali e interessi economici, preferisce rimandare, fingendo che la Terra possa attendere. Anna, dal canto suo, rappresenta la razionalità lucida della ricerca. Analizza, propone, tenta di orientare il sapere verso una tecnologia capace di invertire il processo, ma ogni passo avanti genera una nuova contesa. Nella competizione feroce per il controllo delle innovazioni, la scienza stessa diventa preda del mercato. E mentre la politica resta paralizzata, il sapere si piega al profitto. Accanto a loro, figure come Frank Vanderwal, biologo, idealista e inquieto, ampliano il quadro di una società che non sa più ascoltare i propri studiosi.  Scienziati che conducono ricerche sulla biotecnologia, assistono membri del governo o svolgono mansioni amministrative presso la National Science Foundation (NSF) degli Stati Uniti. Unica apparente diversità l’arrivo a Washington dei Khembalis, dotti monaci buddisti che lavorano per l’ambasciata dell’immaginaria isola di Khembalung, quasi sommersa dalla risalita delle acque dell’oceano.
Mentre questi eroi ordinari e straordinari lottano per trovare una soluzione, il destino sta per dare una svolta al loro lavoro, portandoli inevitabilmente nell’occhio del ciclone. E quando la natura si ribella, l’illusione del controllo umano si dissolve. Le tempeste devastano la costa occidentale, il mare inghiotte la California, e la capitale americana pare affondare sotto una pioggia interminabile. Constitution Avenue diventa una laguna, il Lincoln Memorial un simbolo d’impotenza. È la silenziosa ma terribile vendetta di un pianeta stanco e umiliato.
Robinson costruisce un romanzo corale e intenso, in cui la tensione non nasce dall’azione ma dalla consapevolezza. Il vero conflitto è morale e intellettuale: la scienza chiede ascolto, la politica risponde con il silenzio. La prosa, rigorosa e realistica, restituisce l’asfissiante atmosfera di un mondo sull’orlo della rovina, in cui ogni personaggio rappresenta una sfumatura del nostro smarrimento. Non ci sono eroi, solo esseri umani alle prese con la complessità del proprio tempo, incapaci di ammettere che il cambiamento è già iniziato.
Quaranta segni di pioggia è molto più di un romanzo di fantascientifica interpretazione distopica di un prossimo possibile futuro: è una parabola sul potere, sulla responsabilità e sull’arroganza della specie umana. L’autore non concede sconti né scorciatoie emotive. Mostra una Washington immobile, popolata da burocrati, scienziati e senatori che oscillano tra l’indifferenza e la paura, incapaci di agire finché l’acqua non invade le strade. Robinson invita a guardare sotto la superficie, a capire che la vera minaccia non è la furia della natura ma la nostra cecità. Con il ritmo misurato della riflessione e la precisione di un saggio travestito da romanzo, l’autore disegna un affresco inquietante del presente.
Quaranta segni di pioggia probabilmente è il più intelligente romanzo catastrofico che avrete l’occasione di leggere… Il vero protagonista è la scienza. Robinson, uno dei più visionari scrittori di fantascienza americani, bravo e preparato nello spiegare le  sfaccettature della natura, dimostra tuttavia come quest’umana dottrina  un tempo rispettata sia costretta a inchinarsi al capitalismo. Insomma il suo pare l’ultimo invito a tirare fuori la testa dalla sabbia e affrontare la minaccia del cambiamento climatico.
La temuta catastrofe non è più una possibilità: è già qui, e ci coglie di sorpresa mentre discutiamo, ancora convinti di poterla controllare.

Kim Stanley Robinson è nato nel 1952 in Illinois e si è laureato in letteratura inglese con una tesi su Philip K. Dick. Appassionato di alpinismo, vive a Davis, in California. I suoi romanzi sono stati insigniti di prestigiosi riconoscimenti, tra cui il premio Nebula, il premio John Wood Campbell Memorial e il World Fantasy. Di questo autore Fanucci Editore ha pubblicato il romanzo New York 2140 e la serie della Trilogia di Marte, capolavoro della letteratura di fantascienza, composta dai romanzi Il rosso di Marte, Il verde di Marte e Il blu di Marte.

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