
L’attesa per il nuovo libro di Mirko Zilahy ha dato i suoi frutti. Come buoni frutti li ha dati l’Italia centrale, protagonista di questa storia. Con Civita di Bagnoregio, Viterbo, Roma, il lago di Bolsena, per esempio. Ma andiamo con ordine. Zilahy ci propone una narrazione particolare, una scrittura capace di intensità e corpo. La trama è da scoprire pagina dopo pagina. I protagonisti hanno un passato ingombrante, che li trascinerà in un presente difficile. Hanno un lutto incomprensibile da gestire e un desiderio altalenante “voglio capire-mi rifiuto” che farà perdere loro l’orientamento. Cosa voglio dire? Voglio dire che la Terra ha un valore, respira, vive. La sua voce chiama i personaggi per aiutarli a superare l’orrore e trovare finalmente la verità. Intendo, che questo romanzo si affaccia sul baratro dentro ognuno di noi, sempre in bilico tra realtà e immaginazione, studi scientifici e fantasia. L’uomo del bosco non lascia via d’uscita e i protagonisti lo sanno bene. Ecco perché sono spaventati. L’uomo del bosco costringe a sprofondare dentro se stessi, attraversando ossessioni e fragilità enormi. Porta alla follia, una follia primitiva. La storia fa tremare, inghiotte e devasta. Allo stesso modo si comporta l’anima dei personaggi, che vacilla, subisce e crolla. Perché si deve crollare per poter risalire e sopravvivere. L’uomo del bosco è una sequenza di immagini, un intreccio di vita e di morte. È un groviglio di paure orribili e di dubbi che logorano. È un insieme di suggestioni che riportano al “Club dei Perdenti” di Stephen King, al “Ponte per Terabithia“, a “I Guardiani della Galassia“, per arrivare a “Viaggio al centro della terra“. L’uomo del bosco ricorda le morti sul lavoro, l’abuso edilizio, le condizioni disumane vissute in carcere, le torture subite negli ex ospedali psichiatrici. E ancora, la precarietà della vita, stravolta da eventi imprevedibili. O forse no …Entrare un passo dopo l’altro nella vita del professor John Glynn non sarà difficile. Scienziato riconosciuto a livello mondiale, studioso di Geologia, conoscitore della Terra ma attratto e intrappolato nei ricordi e negli incubi che non sa come allontanare.”Se ti metti a scavare, prima o poi trovi qualcosa”. Lettura assolutamente consigliata.
Mirko Zilahy, nato a Roma nel 1974, ha conseguito un Phd presso il Trinity College di Dublino, dove ha insegnato Lingua e letteratura italiana. Collabora con il Corriere della Sera ed è stato editor per minimum fax, nonché traduttore letterario dall’inglese (ha tradotto, tra gli altri, il premio Pulitzer 2014 Il cardellino di Donna Tartt e il celebre bestseller Mystic River di Dennis Lehane). È così che si uccide, il romanzo con cui ha esordito nel 2016 facendo conoscere ai lettori il personaggio di Enrico Mancini, è stato un grande successo di pubblico e critica. Sono seguiti La forma del buio (2017) e Così crudele è la fine (2018) tutti editi da Longanesi.
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Fonte: acquisto personale del recensore.
Tag: Federica Belleri, L'uomo del bosco, letteratura italiana, Longanesi, Mirko Zilahy
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