Giunto al quarto romanzo Massimiliano Città ci consegna un’opera complessa e stratificata. Questo Tremante (edito da Castelvecchi) evoca fin dal titolo il nome del protagonista, Tommaso Tremante, rockstar mancata, felicemente vagabonda in una provincia non ben precisata ma precisamente descritta: un mondo di piccoli paesi, abitati da personaggi descritti con mano icastica. Da un lato l’iperbole, dall’altro il tedio. Tutto inizia con il ritrovamento del cadavere del giovane Tremante, una leggenda del luogo. Perché Tommaso Tremante è una leggenda? Perché canta e suona da dio, ha ventiquattro anni al momento della morte, nell’anno del signore 1970, e malgrado lui (e chi leggerà questo libro si renderà conto che è decisamente il caso di dirlo) si è trovato anche ad amministrare una piccola fama. E, cosa più importante, il suo talento non lo porterà mai a firmare un contratto con una casa discografica né a incidere un disco, che sia 45 giri o long playing. La vicenda di Tremante è incastonata in un giro d’anni cruciali: siamo nel decennio dei ’60 che vede l’imporsi dei cantautori in Italia, quindi un modo tutto nuovo di intendere la canzone che viene traghettata da semplice veicolo commerciale a vero e proprio manufatto culturale; per non parlare poi del rock e del pop provenienti dal mondo angloamericano con Bob Dylan che proprio in questo periodo compie la sua clamorosa quanto contestata svolta elettrica. Anche la scelta di Tremante di abbandonare la vita di strada per esibirsi nei locali ha lo stesso peso, seppure rapportato su uno scenario assai meno ampio. Con alle spalle una vita familiare disastrata, con tanto di patrigno a (dis)incarnare la figura paterna, Tremante compie un calvario da vero idolo pop, comprensivo di droghe e abuso di alcool e un amore dolente e destinato al naufragio, quello per Lara, musa ispiratrice ma anche compagna intrepida e ciononostante trascurata. Il fatto è che Tremante imbocca il suo destino nel segno di un’autodistruzione dolce, un arrendersi preventivo che ne fa un perdente nel segno della solitudine ma anche un vincente proprio perché lui questo isolamento decide di abitarlo come un sovrano, se di decisione poi si tratta visto che la strategia esistenziale di Tremante sembra avere l’immanenza come condizione preesistente. A dare un ulteriore tocco di originalità a questa storia è la lingua di Città, capace di accogliere e sintetizzare più registri (dall’articolo di giornale all’oralità “psichedelica” di Tommaso) e la struttura particolarissima del romanzo. La vicenda di Tremante infatti è descritta da lui in prima persona ma anche intervallata dai testi delle sue canzoni e soprattutto da un reportage dedicatogli post mortem dal giornalista Attanzio Speriti, vero e proprio indagatore dell’eredità umana e artistica del protagonista, con la curiosità e forse anche la grossolanità del segugio di provincia. Un piccolo uomo insomma raccontato secondo il modello archetipico del wellesiano Quarto potere, dove i contorni della leggenda emergono perché probabilmente è la verità la prima categoria ad essere messa in crisi.
Massimiliano Città Scrittore e cantante in un gruppo blues, ha esordito con il romanzo Keep Yourself Alive (2009), cui sono seguiti Il Funambolo (2012) e Pane raffermo (2015).
Source: libro invoato dall’autore al recensore.
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Tag: Castelvecchi, Fabio Orrico, letteratura italiana, Massimiliano Città, Tremante
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