La primavera è arrivata e tra poco sarà il turno dell’estate, ma vi vorrei parlare di L’invenzione dell’inverno di Adam Gopnik, perché è una vera e propria analisi minuziosa della stagione che va da dicembre a marzo. Il saggio edito da Guanda è curioso e avvincente, in quanto l’autore, grazie ad elementi diversi, trascina noi lettori dentro alla stagione dominata dal freddo e dal gelo. Il testo è diviso in cinque intensi capitoli nei quali Gopnik narra e spiega i diversi modi di vivere il periodo stagionale invernale. Il tutto è un’analisi molto importante che evidenzia quanto l’inverno sia diventato soggetto e oggetto di studio dal Romanticismo in poi. A dire la verità, forse, fu proprio l’invenzione del riscaldamento centralizzato nell’Inghilterra del Settecento che permise di stare in un luogo caldo e protetto, per osservare e cominciare ad indagare il mondo niveo all’esterno. Dai ricordi d’infanzia dell’autore, nei quali l’inverno era, per lui bambino, un periodo di gioia e di serenità, il testo affonda le radici nelle diverse interpretazioni storiche, sociali e culturali che sono state fatte della stagione stessa. Per Gopnik c’è stato un periodo Romantico dell’inverno, nel quel gli artisti della pittura e letteratura proiettavano su di esso le loro emozioni e riflessioni sul mondo in evoluzione. Dopo di esso ci fu il periodo Estremo dell’inverno, da associare alla fase storica dell’umanità tra fine Ottocento e inizio del Novecento, quando molti uomini avventurieri sfidarono la stagione gelida per raggiungere i due Poli. Quello che emerge da queste missioni esplorative del passato evidenza la voglia dell’uomo di sfidare la natura e, allo stesso tempo, si scopre la non completa consapevolezza del genere umano nei confronti delle insidie presenti nel mondo dei ghiacci. Quello che lascia perplessi del periodo Estremo dell’inverno è il fatto gli uomini ad un certo punto capirono come fosse difficile contrastare l’inverno nella conquista dei Poli ma, nonostante tale barlume, gli esploratori continuarono nel loro assalto alle terre gelide, uscendone, in molti casi, sconfitti. L’autore si addentra anche nella dimensione familiare della stagione del freddo, e scrive di un inverno come Rigenerazione, compiendo una vera e propria indagine sulla tradizionale festa del Natale, alla scoperta del valore religioso e commerciale della festività (regali, addobbi, vischio), passando per un esame della nascita della figura barbuta di Babbo Natale che, in principio, non aveva la classica casacca rossa che lo distingue ancora oggi. Gopnik, non si ferma e ci porta ad un assaggio dell’inverno Ricreativo concentrato sul valore degli sport tipici della stagione con il ghiaccio e le temperature basse, seguito dall’inverno del Ricordo. Ricordo di cosa? L’inverno come una stagione ricca di eventi e fatti che ci toccano l’animo e che rimangono per sempre in noi. Nel saggio di Adam Gopnik ci son cinque dimensioni di indagine della stagione invernale, sviscerata attraverso l’arte pittorica romantica, la poesia, la letteratura, la scienza, la fede, l’antropologia e la sociologia che fanno di L’invenzione dell’inverno un saggio su come l’uomo abbia vissuto e plasmato, in base ai propri bisogni, costumi ed esigenze, quello che per Napoleone fu il “Generale Inverno”. Traduzione Isabella C. Blum.
Adam Gopnik scrive per il «New Yorker» dal 1986. Ha vinto tre volte il National Magazine Award for Essays and for Criticism e il George Polk Award for Magazine Reporting. Vive a New York con la moglie e i loro due figli. Guanda ha pubblicato Una casa a New York, Da Parigi alla luna, In principio era la tavola, Il sogno di una vita e L’invenzione dell’inverno.
Source: libro inviato dall’ editore al recensore.
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Tag: Adam Gopnik, Guanda, Isabella C. Blum, L’invenzione dell’inverno, letteratura americana, Viviana Filippini
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