:: Sionismo. Il vero nemico degli Ebrei. Vol. 1: Il falso messia, di Alan Hart, (Zambon, 2015)

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Sia io personalmente che il mio libro «Sionismo: il vero nemico degli ebrei»  siamo considerati una spina nel fianco del regime sionista e anche dei regimi arabi corrotti e repressivi. E c’è una ragione valida: il mio libro mette il dito su una piaga tanto profonda quanto marcia. Il fatto è che non si può raccontare la verità sul sionismo senza raccontare la verità sui regimi arabi.

Come spiegherò tra breve, la verità è che, nonostante la falsa retorica del contrario, i regimi arabi non hanno mai avuto alcuna intenzione di combattere Israele per liberare la Palestina. E ciò aiuta a spiegare perché i regimi arabi sono da sempre complici dei sionisti nel volere sopprimere una verità storica molto scomoda. Stiamo parlando dei GOVERNI arabi, non dei popoli, che invece sono tutti dalla parte dei palestinesi.
[…]
Per la maggioranza degli ebrei oggi nel mondo, il titolo del mio libro — Zionism: the real enemy of the Jews (Sionismo: il vero nemico degli ebrei) — è molto scomodo, troppo scomodo, e alcuni si sentono profondamente offesi e oltraggiati da queste parole; eppure sono convinto che se fossero ancora vivi, oggi, i tanti oppositori ebrei al sionismo di quel periodo pre-olocausto, approverebbero la mia affermazione formulata nel titolo.
[…]
La verità storica è essenziale per dare ai cittadini il potere contrattuale necessario a mettere in moto la macchina democratica in favore della giustizia per i palestinesi e della pace per tutti noi.
Senza questo potere contrattuale basato sulla padronanza della verità storica, non esiste a mio avviso alcuna possibilità di ottenere la giustizia per i palestinesi – né la pace per tutti noi. E il cancro di questo conflitto alla fine ci consumerà, tutti.
art. tradotto: qui
art. originale: http://www.alanhart.net/essence-of-the-suppressed-truth/
Poichè da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti
e sarà arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo
Isaia 2, 3-4 Bibbia di Gerusalemme

Quando ero bambina, negli anni ’70 del secolo scorso, Israele era per me la terra da cui arrivavano i pompelmi. E io amavo moltissimo i pompelmi. Immaginavo che fossero coltivati in modernissimi kibbutz, sorta di comunità hippie dove tutti erano uguali e dove tutto era in comune, da ragazzi un po’ più grandi di me in salopette di jeans e camicie a fiori. E pur non essendo ebrea sognavo di trascorrervi l’estate. Sapete come sono i bambini, o almeno come erano i bambini negli anni ’70. Sono stata educata pensando che al popolo ebraico era stato dato un deserto, e ne avevano fatto un giardino. Non ricordo né a casa né a scuola di aver mai sentito anche solo espressioni antisemite. Gli ebrei erano un popolo di gente intelligente, di scrittori, di poeti, di musicisti, di architetti, di contadini. Solo crescendo scoprii che durante la Seconda Guerra Mondiale avevano subito la Shoah. Qualcuno aveva pensato che fosse giusto e utile ideare un piano per cancellarli dalla faccia della terra. E l’aveva attuato. Famiglie sterminate, persone nella loro singolarità e umanità, singole persone, donne, uomini, vecchi, bambini. Morti, uccisi in fabbriche chiamate campi di concentramento. Con l’obbiettivo che non se ne salvasse uno. Se Hitler avesse vinto, avrebbe portato avanti il suo progetto in tutto il resto del mondo. La soluzione finale. Interrogandomi sul perché, perché c’è sempre un perché, la ragione più sensata, nell’insesatezza del crimine, era per ragioni economiche. Ciò che interessava degli ebrei erano le loro ricchezze, togliergliele. Israele, lo stato di Israele era quindi una sorta di risarcimento, anzi qualcosa di più colpevole, era come se il consesso degli stati civili dicesse non abbiamo fatto niente per impedire la Shoah, o almeno non ci siamo riusciti, e ora con questo senso collettivo di colpa vi diamo uno stato, con denominazione giuridica, diritti legali sanciti da una costituzione, un esercito che vi consenta di difendervi e di combattere chi vi nega il diritto all’esistenza. Anche la religione cattolica ha uno stato, lo stato Vaticano, con sue leggi, suoi ordinamenti, sue ambasciate, sue banche, un suo patrimonio. Per chi conosce anche vagamente i rudimenti di diritto internazionale, sa che avere una identità giuridica è diverso che non averla, non dico che sia meglio o peggio, semplicemente è diverso, e lo sanno bene i palestinesi. (Pochi sanno che uno stato palestinese esiste, o per lo meno hanno solo una vaga idea di dove risieda). Il sionismo, un movimento politico laico piuttosto recente, se consideriamo l’antichissima storia ebraica, nasce con l’obbiettivo di dare al popolo ebraico uno stato. Ora è bene considerare che non tutti gli ebrei sono religiosi, e non tutti gli ebrei sono sionisti, e soprattutto il nazionalismo di guerre ne ha causate non poche tanto che alcuni rabbini ultraortodossi (e non) considerano lo stato di Israele contrario alle leggi di Dio. Ma ognuno ha diritto di formulare una sua idea in proposito, e rifuggo dal concetto che si debba avere paura a esprimerla, in qualsiasi sua forma. La paura è una cattiva consigliera e a mio avviso (ma questa è una considerazione puramente personale) il più grande nemico nel processo di pace attualmente in atto in Medio Oriente. E io fermamente credo che la pace in Medio Oriente è possibile. Che non finirà tutto in un gigantesco fungo nucleare. Se la pensate, anche parzialmente come me, troverete utile e fruttuosa la lettura di Il sionismo – il vero nemico degli ebrei, del giornalista indipendente britannico Alan Hart, di cui ho letto il primo vulume Il falso messia, tradotto e prefato da Diego Siragusa. Ce ne saranno altri due, di volumi, e forse testi successivi di approfondimento. (C’è tanta confusione in merito, che ben vengano le occasioni per fare chiarezza). Che siate sionisti o meno, che siate ebrei o meno, è utile conoscere il pensiero, anche quando fosse diverso dal vostro (in alcuni punti per esempio dissento dalle sue conclusioni), di gente così intellettualmente lucida e capace di formulare ipotesi, e con una storia personale così eccezionale come quella di Alan Hart. Se sfoglierete il volume avvertirete che lo scopo principale dell’autore è lo stesso di qualsiasi uomo di buona volontà, ovvero giungere a un processo di pace per la sicurezza delle nuove generazioni. Leggevo proprio ieri che Papa Francesco afferma che negare la legittimità dello stato di Israele è una forma di antisemitismo, Hart nega questo punto e condivide anche con molti intellettuali ebrei che proprio lo stato di Israele è la causa dell’esacerbarsi dell’antisemtismo mondiale con esiti e sviluppi imprevedibili che si augura non portino a una nuova Shoah. Solitamente le conclusioni si mettono alla fine, per coronare un discorso e renderlo più incisivo, almeno queste sono le regole della retorica, ma io ho preferito isolare il cuore del testo per darvi la possibiltà di percepire che se anche commette errori (nessuno è infallibile) l’onestà intellettuale a monte è serenamente evidente. Questa non è una recensione tecnica se vogliamo, ci sono altre sedi dove poter esaminare in modo più scientifico il testo, qui mi limito a farvi partecipi dei pensieri che mi sono sorti durante la lettura. Ci ho messo circa un mese a leggerlo, leggendone poche pagine ogni sera e vedendomi scorrere sotto gli occhi i nomi dei grandi della terra, molti dei quali Hart li ha conosciuti personalmente, istaurando anche legami di amicizia (il legame con Golda Meir, Madre Israele, ebrea laica e non credente, sionista, è molto commovente). Che dire ancora di più è un testo impegnativo, non da leggere a cuor leggero, anche doloroso, venato da una sorta di pessimismo fatalista. Tutto andrà male, sembra dire, ma io ho fatto di tutto perché così non fosse. Ecco su questo non siamo d’accordo. Ma io non ho vissuto in quei territori, non ho visto bambini palestinesi massacrati nelle rovine di ospedali distrutti. Il mio idealismo ha ben poco a che fare con la sua esperienza, tuttavia non ostante gli errori, le vere e proprie colpe, gli egoismi nazionali, le vendette, ritengo che ci sia ancora spazio per il dialogo ed è difficile che due uomini che si guardano negli occhi, e si scoprono più uguali di quanto sembrino, abbiano ancora voglia di uccidersi. Ma si sa la storia la fanno i potenti, e spesso si è educati a odiarsi senza manco conoscersi. Sì, forse un po’ di pessimismo me l’ha trasmesso. Ma è stato un confronto positivo. Molto positivo. Leggo in rete che esiste una sorta di aura nera intorno a questo libro (in lingua inglese sono già usciti tutti e tre i volumi), che i mezzi di comunicazione ufficiali radio, giornali, tv lo boicottano, o anche censurano. Solo la rete sembra dargli spazio. Ecco credo che questo sia un fatto grave, antidemocratico e inutile. Sarebbe meglio leggerlo, confrontarsi, anche confutare alcune tesi se non si è d’accordo. Io personalmente non mi sento una sacra depositaria della verità, commetto errori come tutti, ma ritengo che è più pericoloso sopprimere un’idea che in un dibattito pubblico dimostrare che questa è falsa. Ecco chiudo questa recensione con un augurio, e una speranza di potere intervistare Alan Hart e anche un erede politico e spirituale di Yitzhak Rabin. Sì, sarebbe davvero interessante, dopo tutto l’ignoranza è il più potente strumento di oppressione che esista. Non lo dimentichiamo.

Alan Hart, giornalista inglese, è stato corrispondente capo di Independent Television News, presentatore di BBC Panorama e inviato di guerra in Vietnam. Ha lavorato a lungo in Medio Oriente, dove, nel corso degli anni, ha conosciuto personalmente i maggiori protagonisti del conflitto arabo-israeliano. Le sue conversazioni private con personaggi quali, ad esempio, Golda Meir e Yasser Arafat gli hanno permesso di conoscere verità spesso taciute all’opinione pubblica. Autore di una biografi a di Arafat e della trilogia “Sionismo, il vero nemico degli Ebrei” è fra i promotori dell’iniziativa “La verità sull’11 settembre”. Hart è fiero di essere un pensatore indipendente e di non essere mai stato membro di alcun partito o gruppo politico. Alla domanda sul motivo del suo impegno, lui rispose: “Ho tre figli e, quando il mondo andrà in pezzi, voglio essere in grado di guardarli negli occhi e dire: Non prendetevela con me. Io ci ho provato.” http://www.alanhart.net

Info: domenica 8 novembre 2015, ore 10-11, presentazione del libro al Pisa Book Festival, Palazzo de Congressi di Pisa, Ingresso Lungarno Buozzi. Interviene Diego Siragusa, traduttore e curatore dell’opera. 

Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Costanza dell’Ufficio Stampa Zambon.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

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4 Risposte to “:: Sionismo. Il vero nemico degli Ebrei. Vol. 1: Il falso messia, di Alan Hart, (Zambon, 2015)”

  1. Davide Mana Says:

    Ottimo pezzo, molto equilibrato, su un libro davvero difficile, ma affascinante.
    Brava!

  2. liberdiscrivere Says:

    Grazie Davide, sarebbe interessante avviare un dibattito serio e pacato su un tema che speso viene urlato più che discusso. Come se ognuno avesse paura di sentire le ragione degli altri. Come se potessero far cambiare le proprie. Invece una serena discussione, pur rispettando il dolore sia degli israeliani che dei palestinesi, sarebbe fruttuosa. Mi rendo anche conto che un blog letterraio forse non è il luogo adatto, ma le regole sono fatte per essere superate.

  3. Diego Siragusa Says:

    Bellissima recensione. Onesta, umana ed equilibrata. Complimenti.

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