:: Un’ intervista con Fabio Gamberini

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the prestigeCiao Fabio, benvenuto su Liberi di Scrivere e grazie per avere accettato questa mia intervista. Menzione speciale per la migliore traduzione alla terza edizione del Liberi di Scrivere Award per la traduzione di The prestige di Christopher Priest,  Miraviglia editore. Dopo tanti scrittori ho l’opportunità di intervistare un traduttore, e inizierei col parlare di te. Sei nato a Bologna nel 1979, sei traduttore di narrativa, fumetti e videogiochi. Vuoi descriverti ai nostri lettori?

Ciao e grazie per l’ospitalità e per la menzione per la mia traduzione di The prestige.
Sono un avido divoratore di tutto ciò che contenga un pizzico di magnifico, siano libri, fumetti, film o serie tv. La traduzione è la mia passione, il mio lavoro e il mio passatempo. Non saprei che altro fare nella vita! Faccio questo mestiere da diversi anni e arrivare a poter tradurre un titolo prestigioso (scusate il gioco di parole!) come il romanzo di Christopher Priest è stata una grande soddisfazione, tanto personale quanto professionale.

Parlando di premi, esistono premi dedicati ai traduttori? Pensi che la vostra qualifica professionale sia giustamente valorizzata?

Che io sappia non esistono premi per traduttori, almeno niente di paragonabile ai più celebri riconoscimenti per scrittori. Scrivere un romanzo o un racconto è certamente più impegnativo che tradurne uno, perché il traduttore non deve compiere il processo creativo: la storia è già sulla pagina, con il suo inizio, sviluppo e finale, efficace o meno che sia. Al traduttore, però, spetta il compito di adattare il testo alla propria lingua e cultura. Pertanto, tradurre certi romanzi può essere molto impegnativo e il traduttore meriterebbe un riconoscimento maggiore, invece tende a restare nell’ombra e a non essere notato dal lettore.
Conosco molti lettori smaliziati che hanno iniziato a fare caso al nome del traduttore solo da quando faccio questo mestiere. Prima, il libro veniva letto senza porsi troppe domande sull’impianto professionale dietro la creazione del volume editoriale. Apprezzo molto quelle edizioni (purtroppo poche) che citano in copertina il nome del traduttore.

Quando hai deciso di diventare traduttore? Come è nata la passione per questo lavoro difficile, oscuro, ma nello stesso tempo bellissimo?

Se dico da sempre suono banale? Eppure è così. Credo che la scintilla sia nata leggendo uno dei primi fumetti Marvel: ho provato subito una grande ammirazione tanto per chi li scriveva quanto per chi mi dava la possibilità di leggerli nella mia lingua.

Ci sono qualità, caratteristiche psicologiche, doti necessarie per intraprendere questa professione?

Una profonda conoscenza della lingua source del testo ma, ancora di più, della lingua target. La prima cosa che insegnano o che si impara all’atto pratico è che è la resa finale quella importante, a costo di stravolgere l’originale. Per questo, condivido appieno il detto: “Traduttore traditore”.
Come doti particolari, è importante una marcata versatilità nell’adattare il proprio stile per riprodurre in modo efficace quello dell’autore, altrimenti si rischia di risultare monocordi, di rendere un italiano corretto ma privo di verve. Ah, e una buona dose di velocità nel tradurre è sempre apprezzata.

Che studi hai fatto? Quali scuole, stage, corsi di specializzazione mirati alla traduzione sono necessari per iniziare questo lavoro? Quali sono le scuole più formative che tu consiglieresti a chi volesse intraprendere questa professione?

Sono laureato in lingue e letterature straniere all’università di Bologna e ho frequentato un master in traduzione letteraria alla Sapienza di Roma. So che esistono numerosi corsi sulla traduzione ma non ne conosco molti direttamente: come in ogni cosa, ce ne saranno alcuni più validi di altri. Quelli che ho frequentato sono stati importanti, ma il “grosso” della formazione è avvenuto sul campo, dove è l’esperienza pratica a insegnare. Purtroppo, in questo settore più che in altri, è richiesta parecchia esperienza fin da subito e non è semplice trovare qualcuno disponibile a insegnarti, a metterti alla prova, ad accettare possibili errori dettati dall’inesperienza, nonostante tutta la buona volontà e il talento che ci puoi mettere.

Ci sono maestri, sulle cui traduzioni hai studiato, che ti hanno insegnato qualcosa? Da chi hai imparato di più?

In ambito di narrativa, sicuramente Roberta Rambelli, le cui traduzioni di fantasy e fantascienza mi hanno accompagnato fin dai tempi dell’adolescenza. Negli ultimi anni sono state preziose le lezioni di Alfredo Colitto, impareggiabile traduttore di thriller. In campo fumettistico, invece, gli albi tradotti da Pier Paolo Ronchetti e da Andrea Plazzi mi hanno insegnato ad affrontare quel tipo di testi, per cui è necessario un approccio diverso, più mirato alla sintesi a causa degli spazi ristretti imposti dai balloon e a un’efficacia “d’impatto”.

Hai tradotto più di venti romanzi per Fanucci, Miraviglia, Multiplayer Edizioni e Panini. Quando un traduttore si sente pronto a mettersi alla prova come contatta le case editrici? Mandando direttamente curricula, iscrivendosi a banche dati di traduttori, o si viene chiamati e scelti direttamente dagli editori ? Chi seleziona i traduttori? Nel tuo caso come è andata all’inizio, immagino che dopo aver iniziato a lavorare tutto sia più automatico o mi sbaglio? Dopo molto incide sulla reputazione maturata e sui lavori svolti.

Inviare curricula è sicuramente un buon modo, anche se nella maggior parte dei casi si ricevono risposte negative o non si riceve risposta alcuna (non per malafede dell’editore, ma perché i candidati che si propongono sono tantissimi). Credo che il segreto sia trovarsi al posto giusto nel momento giusto, proporsi a una casa editrice proprio mentre questa sta lanciando un progetto in linea con il proprio curriculum e per il quale sta cercando nuove risorse.
Per questo, credo sia importante non desistere e inviare regolarmente il proprio CV aggiornato. Nel mio caso, ho cominciato con Fanucci tramite lo stage del master a cui accennavo prima, dopodiché la collaborazione è continuata. Con Panini, invece, abbiamo iniziato con qualche volume saltuario, poi mi è stata affidata una nuova collana di classici e da lì le collaborazioni sono aumentate considerevolmente. In ogni modo, è sicuramente come dici tu: una volta avviata una collaborazione, se soddisfacente per entrambe le parti, è piuttosto normale che prosegua in modo continuativo.

La scelta del libro da tradurre. Come avviene? Come selezioni il testo che potrebbe essere più adatto per le tue competenze, per i tuoi gusti personali? La conoscenza personale con l’autore è un punto di forza?

Solitamente a occuparsi della scelta del libro da tradurre sono gli editor, non i traduttori. A me non è mai capitato di scegliere il libro su cui lavorare. Il committente mi fa una proposta e sta a me accettarla o meno. Naturalmente, di solito tale proposta è basata sul mio bagaglio d’esperienze o sull’attinenza ad altri progetti analoghi già svolti per quel committente. Per esempio, quando la Panini ha lanciato una nuova testata mutante (nello specifico, la bellissima “Wolverine e gli X-Men”), mi è stata affidata perché traducevo già gli altri mensili mutanti.

Come organizzi il tuo lavoro? Programmi una scaletta, dividi il testo rientrando immagino entro una data di consegna concordata? Ti è mai capitato di sforare questi limiti?

Esatto, proprio così. Quando mi viene affidata una traduzione faccio un paio di giorni di “prova”, per calibrare la difficoltà del lavoro ai miei tempi. Dopodiché organizzo una scaletta nella quale assegno un determinato numero di pagine a ciascuno dei giorni che ho a disposizione, cercando sempre di stare largo e poter così gestire eventuali imprevisti o parti di lavoro particolarmente ostiche. Per fortuna, non mi è mai capitato di sforare una deadline.

Raccontaci una tua giornata tipo dedicata alla traduzione.

In realtà non è molto diversa da una normale giornata di lavoro, tranne per il fatto che non devo recarmi sul posto di lavoro e che posso organizzarmi liberamente gli orari. È una bella fortuna!
Cerco comunque di essere regolare nel rispettare la scaletta, in modo da non trovarmi con troppe pagine da tradurre a pochi giorni dalla data di consegna. Amo lavorare alle prime ore del mattino, mentre trovo faticosissimo mettermi al computer dopo cena. Ma ogni traduttore ha i propri ritmi: so di alcuni miei colleghi che lavorano solo di notte, come vampiri!

Vuoi svelarci qualche segreto del mestiere? Come si ricrea lo stile, il ritmo, la parlata magari gergale di un autore? Leggi altri testi tradotti di questo autore, quando ci sono? Ti immedesimi, respiri la sua aria?

Mi fai una domanda molto difficile, nel senso che non esistono regole fisse a cui attenersi.
Ricreare lo stile dell’autore è una sfida sempre nuova, e molto sta nel modo in cui è scritto il romanzo: a volte sembra di non lavorare nemmeno, tanto l’opera di adattamento risulta naturale, mentre altre è più impegnativo. Per quanto possibile cerco sempre di dare brio anche a quelle parti che in originale risultano – a mio parere – meno efficaci. Tutto questo senza mai stravolgere il testo, s’intende, ma tenendo a mente – come dicevo prima – che è il risultato finale a contare, quello che il lettore italiano si trova per le mani.
Quando possibile, leggere altri libri dello stesso autore può essere utile per verificare eventuali deviazioni da uno stile più o meno abituale, così come è consigliabile leggere traduzioni precedenti – se ce ne sono – di quell’autore, in modo da farsi un’idea di come il pubblico italiano è abituato a conoscerlo.

Consegnata una traduzione, viene revisionata dall’editore. Arrivati a questo punto che passaggi sono necessari prima che il testo sia pubblicato?

Sia che si parli di traduzioni di narrativa, di fumetti o di videogiochi, il testo tradotto passa sempre sotto le abili mani (o per meglio dire occhi) di revisori esperti con i quali il traduttore ha spesso un contatto diretto in caso di problemi o di scelte stilistiche da concordare. Superato questo passaggio, il testo viene controllato anche dai correttori di bozze, i quali si occupano di rimuovere i refusi e di controllare nuovamente il testo.

Parliamo  della traduzione di The prestige di Christopher Priest, testo che ti ha segnalato al nostro premio. Quale è stata la parte di più difficile, quella più affascinante?

Conoscevo The Prestige grazie al film di Christopher Nolan, ma non il libro, che ho letto soltanto prima di iniziare la traduzione. Mi sono trovato davanti qualcosa di completamente diverso, a livello di approccio narrativo, benché la storia fosse la medesima. I diari di Rupert Angier e Alfred Borden mi hanno assorbito completamente. La parte più difficile sono state alcune pagine intorno alla metà del libro, nelle quali si “accenna” al segreto di Borden. Sapevo bene di cosa si stava parlando, ma dovevo fare attenzione a sciogliere quei passaggi senza rivelare troppo al lettore.

Collabori con Panini Comics, per cui curi la traduzione delle testate da edicola degli X-Men, degli Avengers e numerosi altri volumi. Fumetti, cinema, narrativa ti appassionano. Che differenza c’è tra tradurre un fumetto e un testo narrativo?

La differenza principale è data dalla ristrettezza degli spazi dei balloon. In un romanzo, un riferimento culturale o un gioco di parole possono essere sciolti o spiegati prendendosi la libertà di spendere qualche parola, a volte inserendo anche una battuta in più, mentre in un fumetto bisogna necessariamente essere concisi. È lo stesso problema che devono affrontare i traduttori per il cinema e per la tv, per intenderci. Nel loro caso il limite è la durata del labiale, nel mio la capienza dei balloon (a volte davvero minima!). Al tempo stesso, però, la traduzione di un fumetto è facilitata dalla presenza dei disegni, che forniscono contesto e spesso sono utili per sciogliere espressioni o riferimenti ostici. Personalmente, poi, mi sento più a mio agio nel tradurre i dialoghi, anche nei romanzi, e data la loro presenza massiccia all’interno dei fumetti, questa mia propensione si sposa bene con il genere dei comics.

A cosa stai lavorando in questo momento?

Traduco i quattro mensili dedicati agli X-Men e a tutti i gruppi di contorno (Nuovi Mutanti, X-Factor e molti altri), e il mensile dedicato agli Avengers. Sto traducendo anche importanti novità per i lettori di comics Marvel in vista dell’evento Marvel NOW!, ma non mi è concesso svelare nulla! Oltre a questi, sono al lavoro su interessanti volumi Marvel e Image, tanto per appassionati di fumetto quanto per chi non ha familiarità con il genere.

Grazie della tua disponibilità, sono sicura che quanto da te detto sarà utile a molti che si avvicinano alla tua professione, magari scoraggiati dalle mille difficoltà. Vedere che qualcuno ha trasformato la sua passione in lavoro è un ottimo punto di partenza.

Grazie a voi della menzione sul blog e dell’intervista. Un saluto a tutti!

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5 Risposte to “:: Un’ intervista con Fabio Gamberini”

  1. Nick Parisi Says:

    Ti ringrazio. Mi hai aiutato a chiarire molte curiosità.
    Dei traduttori non si parla mai abbastanza.
    Invece si tratta di un lavoro fondamentale per l’editoria.

  2. davide ferrari Says:

    il lavoro di traduzione e’ importantissimo, tanti capolavori, o anche buoni scritti, cambiando la lingua originale senza “entrare” nell’opera, non sarebbero tali. bella e illuminante intervista. questo blog diventa sempre piu’ interessante, utile e curato con passione.

  3. Il gioco della traduzione: dire quasi la stessa cosa – Nuvolette Parlanti Says:

    […] monocordi, di rendere un italiano corretto ma privo di verve” (Tutta l’intervista su liberidiscrivereblog […]

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