
Dopo Fiabe lapponi, Fiabe danesi, Fiabe islandesi, Fiabe svedesi, Fiabe faroesi, Fiabe norvegesi e Leggende groenlandesi, il 17 novembre è uscito per Iperborea Fiabe finlandesi, ottavo volume della serie di fiabe nordiche curata da Bruno Berni. Le diciannove fiabe presenti, splendidamente tradotte da Giorgia Ferrari e Sanna Maria Martin, sono tratte dalle Suomen kansan satuja ja tarinoita (1852-1866) di Eero Salmelainen e arricchite dalle magnifiche illustrazioni di Sonia Diab. Seguono un utile glossario e una postfazione delle traduttrici. Da appassionato del Kalevala e della cultura finnica, non potevo farmi sfuggire questa nuova uscita. A dire il vero, non è la prima volta che mi accosto a una raccolta dedicata al folclore finlandese: due anni fa ho letto infatti le fiabe dell’illustratore finlandese Rudolf Koivu tradotte da Paula Loikala nell’antologia Fiabe finlandesi (Aracne editrice 2018). Le prime fiabe popolari finlandesi a essere pubblicate sono proprio quelle raccolte da Eero Salmelainen in quattro volumi, tra 1852-1866, sotto il titolo Suomen kansan satuja ja tarinoita (“Fiabe e racconti popolari finlandesi”), che sono state qui selezionate e tradotte. Nelle sue Suomen kansan sadut (Fiabe popolari finlandesi), Pirkko-Liisa Rausmaa classifica così le tipologie di fiabe finlandesi (le classificazioni corrispondono ai titoli dei sei volumi della sua opera):
Ihmesadut (“Fiabe con miracoli”);Legenda ja novellisadut (“Fiabe con leggende e novelle);Sadut tyhmästä paholaisesta (“Fiabe del diavolo stupido”);Eläinsadut (“Fiabe con animali”);Hölmöläissadut (“Fiabe con buffoni”)Pilasadut ja kaskut (“Fiabe umoristiche e aneddoti”).
La prima fiaba dell’edizione Iperborea, Il fabbro Ilmarinen va a chiedere in sposa la figlia del re di Hiitola, è ricca di echi kalevaliani: si pensi per esempio al potere creativo assunto dal canto di versi, strettamente legato alla tradizione sciamanica. Come è tipico del protagonista del Kalevala – il vecchio bardo Väinämöinen –, al fabbro Ilmarinen basta cantare le parole magiche che un’isola si spalanca in mezzo al mare. Nella stessa fiaba si possono rintracciare riferimenti ad altri personaggi del poema nazionale finnico, come il nome dello zio di Kullervo, Untamo, qui chiamato nella sua forma estesa Untamoinen e presentato come un vecchio che è «in parte nel passato e in parte nel futuro». Nella fiaba di Antti Biforco compare anche un cane di nome Musti (“nero”), come il cane di Kullervo nel Kalevala. La fiaba intitolata Ceneraccio non può che rimandare all’Askeladden (letteralmente, “il ragazzo della cenere”), protagonista di molte delle Fiabe norvegesi raccolte da Asbjørnsen e Moe (Einaudi, Torino 1962). Solitamente ultimo di tre fratelli («C’erano una volta tre fratelli, due erano buoni e uno era Ceneraccio») e seduto presso il focolare, intento a rimestarne le ceneri, Ceneraccio è il personaggio che riesce a superare le prove grazie alla propria astuzia, e alla fine della fiaba ottiene la mano della principessa e metà del regno. Ne Il ragazzo trasformato in cavallo troviamo Perkele, figura interessante da analizzare dal punto di vista linguistico. Perkele è il nome finlandese di Perkúnas, dio baltico del tuono, connesso etimologicamente al norreno Fjǫrgyn, altro nome della madre di Thor (il dio del tuono per gli antichi scandinavi) e a Perun, il dio supremo degli slavi, cui erano sacre le querce. Tutti questi nomi di antiche divinità sono collegati alla radice indoeuropea *perkwu-, da cui derivano il latino quercus “quercia” e l’inglese fir “abete”. James Frazer, nel quindicesimo capitolo de Il Ramo d’oro, intitolato Il culto della quercia, scrive:
«La principale divinità dei Lituani era Perkunas o Perkuns, il dio del fulmine e del lampo, la cui somiglianza con Zeus e Giove è stata spesso notata. […] Così la massima divinità lituana presenta una stretta somiglianza con Zeus e Giove, essendo il dio della quercia, del fulmine e della pioggia».
Con la conversione al cristianesimo, il nome di Perkele, antico dio pagano, viene assimilato a quello del demonio, divenendo così sinonimo di Satana.
Continuando con la rassegna delle fiabe tradotte in questa edizione, Antti Biforco è la versione finlandese de I tre capelli d’oro del diavolo: nella fiaba dei fratelli Grimm il protagonista deve la propria fortuna al fatto di essere nato con la camicia (cioè al fatto di essere nato completamente avvolto nel sacco amniotico, come il piccolo Danny Torrance nel celebre romanzo di Stephen King), mentre nella fiaba finlandese tutto è dovuto alla predizione di due tietäjät, gli sciamani della tradizione ugrofinnica. Tra le fiabe che ho più apprezzato vale la pena di citare L’uccello d’oro e l’acqua della vita e L’uomo che andò in cielo. Quest’ultima fiaba, molto ingegnosa e divertente, narra la storia di un uomo astuto che è riuscito a ingannare il diavolo e persino la Morte: le dinamiche descritte e i temi trattati rimandano a fiabe della tradizione norvegese, come Il ragazzo e il diavolo e Il fabbro ferraio che non fecero entrare all’inferno, e secondo la classificazione di Pirkko-Liisa Rausmaa essa può essere inserita tra le “Fiabe del diavolo stupido”.Non mancano le cosiddette «eläinsadut», cioè le fiabe che hanno per protagonisti gli animali della foresta, come il lupo, la volpe, la lepre e l’orso, animale che all’interno di un’antica società di cacciatori com’era quella finlandese si carica di particolari significati totemici. Nell’ultima fiaba è presente il motivo della macina, che si ricollega al protagonista del primo racconto: Ilmarinen è infatti il mitico fabbro che forgia il sampo, artefatto magico e misterioso, come si legge nel decimo runo del Kalevala:
«Il marinen fabbro allora, l’artigiano sempiterno, fucinava, martellavae picchiava allegramente: con grand’arte fece il Sampo: un mulino, la farina,ed un altro sal versava, e denaro un terzo dava.»
(Traduzione di Paolo Emilio Pavolini) Il mito del mulino dell’abbondanza, che macina sale e rende il mare salato, non è tipico solo della cultura finnica ma è presente anche nella mitologia nordica, come nel Grottasǫngr, poema norreno del Codex Regius dedicato al mulino del re danese Fróði, chiamato appunto Grotti, le cui due pietre della macina erano così grandi da poter essere mosse solo da due gigantesse, Fenja e Menja. Lo stesso motivo si può trovare nelle fiabe norvegesi, come ne Il macinino che macinava in fondo al mare: «Il macinino è ancor oggi in fondo al mare e continua a macinare; è per questo che il mare è salato». Quelle contenute nella raccolta di Iperborea sono fiabe brevissime, venate da un particolare senso dell’umorismo, che secondo l’editore anticiperebbero «la narrativa finlandese dei nostri giorni» (un nome su tutti, Arto Paasilinna). Rievocano quelle atmosfere che si respirano nel grande poema nazionale finnico, il Kalevala, con la leggerezza propria delle fiabe. La trascrizione dei racconti popolari finlandesi per opera di Salmelainen, a detta delle traduttrici, «è piuttosto scorrevole, conserva numerose espressioni dialettali e preserva un ammaliante stile popolare». Al sostrato sciamanico di origine ugrofinnica, col tempo si sono poi aggiunte influenze scandinave e slave, in quanto «il territorio finlandese diventa un punto di confluenza tra le fiabe russe e quelle di provenienza occidentale e scandinava». La Finlandia è una terra magica, che ben si presta al clima fiabesco: nei suoi racconto popolari, tramandati oralmente di generazione in generazione, emergono prepotentemente le caratteristiche del territorio, come la foresta (più del 70% del paese è ricoperto da boschi) e i laghi (la Finlandia ne possiede 188000). «È infatti proprio lei, la natura, lo sfondo privilegiato delle fiabe tradizionali, che sono poi il cuore stesso della cultura popolare», scrivono le traduttrici. Altro elemento caratterizzante è la presenza della sauna, che in finlandese significa propriamente “stanza da bagno”. Ancora oggi la sua importanza è segnalata da questo dato: su cinque milioni di abitanti, in Finlandia si contano circa tre milioni di saune. Le fiabe seguono un andamento tradizionale, archetipico, riscontrabile in altri racconti popolari con gli stessi elementi fissi e con lo stesso schema tipico della «triplicazione» – come lo chiamò Vladimir Propp nel suo seminale saggio Morfologia della fiaba (Einaudi, Torino 2000) –, elemento narrativo che accomuna e contraddistingue ogni racconto fiabesco che si rispetti. Sono molti i personaggi e le creature che popolano la mitologia finnica e che si possono incontrare tra le pagine: Tapio, lo spirito della foresta; la vecchia Louhi, signora di Pohjola; Hiisi, lo spirito maligno che vive a Hiitola; Syöjätär, la terribile madre dei serpenti; i metsänhaltija, spiriti silvani che se rispettati rendono propizia la caccia e i vetehiset, spiriti acquatici abitatori dei laghi. Nota: il finlandese non è una lingua scandinava! Anzi, non è proprio una lingua indoeuropea, ma appartiene assieme all’ungherese, all’estone e al lappone al ceppo ugrofinnico della famiglia delle lingue uraliche. Il finlandese è una lingua completamente diversa da quella degli altri paesi nordici, e non presenta affinità né con le lingue germaniche né con quelle slave. Tuttavia, non mancano prestiti germanici, conservatisi in forma arcaica, come kulta “oro” e kuningas “re”; ma anche prestiti slavi, relativi alla sfera religiosa cristiana: pakana “pagano”, pappi “prete”, raamattu “bibbia”, virsta “versta” (unità di misura). Caratteristiche della lingua finlandese sono l’agglutinazione, la completa assenza di genere grammaticale, la mancanza dell’articolo e la presenza di ben quindici casi, espressi attraverso suffissi. La Finlandia restò sotto la dominazione svedese dal dodicesimo al diciannovesimo secolo; dal 1809 al 1917, anno dell’indipendenza, fu controllata dai russi. Nel 1520 la Chiesa di Finlandia aderì alla Riforma Protestante e il sovrano di Svezia Gustavo Vasa rese il protestantesimo religione ufficiale del suo regno: da allora la maggior parte della popolazione finlandese si professa luterana. Il padre della letteratura finlandese scritta è Mikael Agricola, allievo di Lutero e Melantone a Wittenberg, divenuto il primo vescovo protestante del paese, con sede a Åbo, che oggi chiamiamo Turku. Nel 1548 uscì la sua traduzione del Nuovo Testamento, mentre la sua opera più famosa è l’Abckiria (“Abbecedario”), il primo libro scritto in lingua finlandese. Secoli dopo, J.R.R. Tolkien si basò proprio sulla lingua finlandese, per il «piacere estetico» che essa gli procurava, come fonte di ispirazione per la creazione della sua lingua elfica più conosciuta, il Quenya.
Source: inviato dall’editore al recensore. Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Iperborea.
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