
Accanto al Novecento che se n’è andato c’è un Novecento perduto che nei suoi abissi si è inghiottito i suoi figli migliori.
In questo Novecento perduto è finito anche Raffaele Carrieri, poeta, scrittore, critico d’arte nato a Taranto nel 1905, ma cittadino del mondo.
Intellettuale raffinatissimo, uomo straordinario della Magna Grecia, difficile da incasellare, ma un poeta davvero straordinario a cui tornare.
Ma di lui si sono perse le tracce, caduto ingiustamente in un oblio che non meritava.
Andrebbero ripubblicati i suoi libri di poesia, non è possibile che uno dei più importanti poeti di quella straordinaria linea meridionale giaccia per sempre nelle tenebre.
Ma questo è il destino di molti nomi di quel Novecento perduto che non perdona.
Lamento del gabelliere, La ricchezza del niente, Canzoniere amoroso, Il trovatore, con cui vinse il Premio Viareggio nel 1953, sono alcuni dei suoi libri di cui la nostra letteratura non può fare a meno.
Eppure la memoria di Rafaele Carrieri è stata oscurata e con essa una parte rilevante del migliore Novecento letterario italiano.
Intellettuale eclettico, scrittore poliedrico, Carrieri ha scritto facendo esperienza del mondo.
Visse a Parigi nella seconda metà degli anni venti. In questo periodo ebbe occasione di entrare in contatto con gli ambienti e le esperienze dell’avanguardia europea che aveva eletto la capitale francese a propria sede internazionale; legami e influenze queste che, nei modi peculiari in cui il Carrieri li assimilò e li introiettò, rappresentano il nucleo essenziale se non unico, della sua poetica e della sua poesia.
Dal 1930 si trasferì a Milano. Qui conobbe un gran numero di scrittori e artisti come come Marotta, Cantatore, Cesare. Zavattini, Alfonso Gatto, Sergio Solmi, Quasimodo, Persico, F. T. Marinetti, Alberto Savinio.
Per un decennio fu critico d’arte dell’Illustrazione italiana.
Ma è nella poesia che Carrieri trova la chiave giusta per raccontare la sua esperienza di uomo.
«La mia poesia è tutta autobiografica; ispirata a fatti realmente accaduti, a viaggi, a soggiorni in paesi stranieri. La mia lunga permanenza a Parigi nella prima giovinezza la considero fondamentale per i molti incontri con gli artisti e i poeti d’avanguardia ora famosi».
Una scrittura poetica che scava nella memoria per cogliere la semplicità degli istanti: la spinta autobiografica si sposa con l’essenza dei luoghi frequentati dal poeta, delle persone e del mondo.
«La maggior parte dei critici che si sono occupati del Carrieri. (da Flora a Titta Rosa, a Vigorelli, a Ravegnani) – scrive Lucia Strappini – ha ritenuto di cogliere nella grecità, nella sua appartenenza partecipe al paesaggio mediterraneo, il nucleo tematico più caratteristico e originale della sua poesia, insieme al gusto per i richiami mitologici e della cultura classica; i riferimenti sono molti e disseminati per le sue raccolte: a titolo d’esempio si possono ricordare questi versi da Poca luce, in La civetta:
“Se qualche poco di luce / da lontano mi viene / è da te Jonio gentile / che le muse riconduci / ai lidi degli Dei. / Fra l’uva e l’uliva / Eros ancora versa / vino agile e resina” (p. 14).
Ma, nonostante la copiosità delle presenze, questo motivo non appare sostanzialmente preminente nella disposizione complessiva, tanto da improntare di sé la poesia del Carrieri. È invece più convincente l’immagine dei poeta C. che prende spunto, sia sul piano tematico sia su quello stilistico, dai luoghi, reali e metaforici, più diversi, dalle esperienze artistiche più varie, dalle sollecitazioni più diffuse, per esprimere una sostanza lirica pressoché uniforme e immutata fin dalle sue prime prove. In questo quadro appare certamente rilevante la suggestione esercitata sulla sua vena poetica dalla frequentazione assidua delle tante esperienze moderne di arte figurativa, parigine e italiane, che si traduce anche editorialmente nella collaborazione, come si è visto, con molti dei più noti esponenti della pittura contemporanea, o nella affinità con pittori del passato, da lui particolarmente amati, come Toulouse-Lautrec».
Raffaele Carrieri, un artista totale, un poeta lirico che alla poesia attribuisce un ruolo assoluto nella letteratura come nella vita, un intellettuale che sta nella tradizione italiana, un uomo di cultura che appartiene alla storia letteraria di quel Novecento perduto che ci appartiene per sempre.
Tag: La voce dimenticata di Raffaele Carrieri, Mi manca il Novecento, Nicola Vacca, Raffaele Carrieri
8 dicembre 2021 alle 19:43 |
mi ha rallegrato vederlo citato qui. Grazie!!!!