:: Mastro Lindo by Shanmei

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indexVi racconto come nacque questo racconto: ero a Torino, alla passerella olimpica sopraelevata che collega il villaggio olimpico al comprensorio del Lingotto. Era verso sera, tra il lusco e il brusco, e c’era un cielo blu notte stupendo. E così ho immaginato: se apparisse un gigantesco Mastro Lindo. Poi da quell’intuizione è nato il racconto. Buona lettura!

Ero uscito dal supermercato e nel parcheggio stavo cercando di ricordare dove avessi messo la macchina, quando mi si avvicinò un tipo equivoco.
“Amico, che hai un deca da darmi?”.
A parte il fatto che io di amici non ne ho mai avuti in vita mia, sentirmi apostrofare così, in un parcheggio male illuminato e piuttosto solitario, mi fece arrabbiare come mai mi era capitato.
“Non sono amico tuo”, dissi scortesemente.
Il tipo equivoco era magro come un chiodo, indossava una sporca maglietta puzzolente, che forse, e dico forse, in origine era stata bianca, accompagnata a un paio di pantaloni di tela grezza sformati e sfilacciati all’orlo. Gli occhi avevano un’espressione spiritata e osservai la sua testa pettinata alla rasta, è non esitai nemmeno un secondo a dubitare, che fosse abitata da pulci, pidocchi, etc…
“Avanti amico non fare il tirchio. Sono proprio all’osso” disse con una strana espressione smarrita.
Non era armato di siringhe e questo avrebbe già dovuto mettermi di buon umore. Sarà stato il nervoso accumulato nella giornata, o non so che altro, ma avevo voglia di scaricare i nervi su qualcuno. So che non fu un’ azione degna di un essere razionale, ma è esattamente quello che feci.
“Senti, non mi fai pena, ne mi ispiri simpatia e in più tu e i tuoi amichetti potete anche darvi fuoco per quanto mi riguarda”.
Forse avevo un po’ esagerato, ma volevo che mi lasciasse in pace.
“Amico ho bisogno di quei soldi. Facciamo cinque Euro e non se ne parla più” disse nervosamente strofinandosi le gambe come se la circolazione non gli funzionasse.
Tesi l’indice e glielo puntai addosso come un’ arma.
“Sparisci. Ho da fare ” dissi ostilmente tra i denti scandendo bene le parole.
Il ragazzo indietreggiò spaventato e fu allora che qualcosa oscurò la luna.
Dopo, una nebbia grigiastra e argentata si trasformò nella sagoma gigantesca di un enorme, allucinante, disgustoso Mastro Lindo.
Sì, avete capito.
L’ometto forzuto della pubblicità.
Restai a bocca aperta e il gigante smise di tenere le braccia conserte e con voce roboante si limitò a dire: “Vuoi darglieli o no quei dieci euro?”.
Il ragazzo iniziando a ridere come un pazzo additò il cielo.
“Fooorte” disse entusiasta.
Io pescai a caso nel mio portafoglio e gli diedi la prima banconota che trovai: 100 fiammanti Euro.
Poi, veloce come un razzo corsi alla mia macchina, misi in moto e schiacciai l’acceleratore, senza voltarmi indietro per parecchi chilometri.

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