:: Recensione di Dormi bene, amore mio di Hillary Waugh (Polillo, 2013) a cura di Giulietta Iannone

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dormi beneDopo che il poliziotto se ne fu andato, Fellows si mise a rileggere i rapporti. Decise che ci voleva ancora una bella pazienza per risolvere il caso. In tutti i delitti esiste sempre una buona percentuale di falsi indizi e bisogna prevederlo. Aveva abbastanza esperienza per saperlo, ma stavolta sembrava che tutti gli indizi riportassero le indagini al punto di partenza.

Se come me siete appassionati di police procedural vintage, rigorosamente anni Cinquanta, non vi sarà sfuggito questa primavera Dormi bene, amore mio (Sleep Long, My Love, 1959) di Hillary Waugh, tradotto da Giovanni Viganò per la collana I mastini della Polillo, già edito alcuni anni fa per la collana I classici del Giallo della Mondadori con il titolo Un fantasma ha ucciso.
Il nome Hillary Waugh a dire il vero non mi ha detto granché, ma sono andata a spulciare la bio nella aletta posteriore del volume e risulta essere uno scrittore nato nel Connecticut nel 1920, decisamente prolifico, avendo al suo attivo una cinquantina di opere firmate sia con il suo nome che con vari pseudonimi, di cui alcune già edite in Italia sempre dalla Mondadori. Un maestro del police procedural insomma, famoso soprattutto per E’ scomparsa una ragazza, (Last Seen Wearing, 1952), considerato da alcuni critici uno dei migliori police novel mai scritti.
Dormi bene, amore mio inizia senza clamore, quasi in punta di piedi: un uomo e una donna, sullo sfondo di una squallida stanza da letto, parlano della loro storia ormai giunta al capolinea. L’uomo è stanco, vuole rompere la relazione e tornare dalla moglie, mentre la donna si aggrappa all’ultimo scampolo di speranza: non può lasciarla, è incinta. Dopo questa rivelazione l’uomo capisce di non avere scelta: l’unica sua via d’uscita è ucciderla.
Poi la scena cambia, un dipendente scopre un’effrazione in un’ agenzia immobiliare di Stockford e chiama il suo capo, che a sua volta si rivolge alla polizia locale e parla con il capitano Fred Fellows che manda a rilevare le impronte il sergente investigativo Sid Wilks. La cassaforte non è stata toccata, manca solo dall’archivio la cartellina con i contratti di affitto. Potrebbe essere un caso senza importanza ma il capitano Fellows sospetta che l’effrazione nasconda un crimine ben più grave. Approfondisce le ricerche e arriva nella villetta data in affitto dall’agenzia ad un certo Campbell, e nella cantina, in un baule, fa una macabra scoperta: il tronco di una donna. Pochi indizi: il monogramma sbiadito su alcune valigie, un indirizzo di una donna scarabocchiato su un block notes, una vaga descrizione dei presunti coniugi Campbell fatta dai vicini, un garzone che consegna a domicilio la spesa che li ha visti da vicino come l’impiegato dell’agenzia immobiliare, l’unico ad aver incontrato Mr Campbell alla stipula del contratto, la presunta auto della coppia una Ford 1957, color avana con targa del Conneticut e parafanghi ammaccati, ma l’identità della donna e del fantomatico Mr Campbell sembrano fumose, quanto questo intricatissimo caso. Ogni traccia sembra portare in un vicolo cieco, ma Fred Fellows e Sid Wilks non hanno nessuna intenzione di arrendersi.
Police procedural classico, Dormi bene, amore mio, è un romanzo costruito intorno a un delitto che si potrebbe definire perfetto. Mi stupisco che il grande Alfred Hitchcock non ne abbia tratto uno dei suoi magistrali thriller tutta suspense e inquietudine, anche se esiste una versione cinematografica del 1960, Jigsaw, diretta da Val Guest e interpretata da Jack Warner nei panni di Fellows e da Moira Redmond come Joan Simpson. Per tutto il romanzo infatti, seguiamo l’indagine investigativa dei due poliziotti protagonisti, una classica caccia all’uomo in piena regola disseminata da una ridda di vicoli ciechi: la donna di cui trovano l’indirizzo, certi che sia la morta, si rivela essere una ragazza abbordata dal fantomatico Mr Campbell, un tipo anonimo, corporatura media, capelli scuri, occhi marroni, vestiti di buona fattura per un testimone, ordinari per un altro, simile a migliaia di altri, perso in un’indefinita folla senza volto e senza identità; la Ford color avana risulta essere l’auto di un venditore di aspirapolvere con cui la vittima trascorse una breve avventura. Poi un’intuizione del capitano porta a fare un controllo tra tutti i dentisti di Townsend e finalmente il nome della morta viene scoperto, ma l’identità dell’assassino resta ancora un mistero.
Niente DNA, niente tecniche investigative alla CSI, siamo alla fine degli anni Cinquanta, tutto si basa su riscontri, controlli telefonici, deduzioni investigative, a volte fortuite come l’ultima sul finale che smonta la confessione dell’assassino, e anche solo fare un identikit del probabile assassino viene suggerito da un reporter intraprendente e fatto eseguire da una sedicenne di una scuola d’arte. Sullo sfondo la provincia americana conservatrice e un po’ bigotta, e la condizione della donna che se a trent’anni non era sposata era considerata finita. Memorabile il finale. Per intenditori.

Hillary Waugh (1920-2008), nato a New Haven, Connecticut, dopo la laurea all’Università di Yale prestò servizio in aeronautica, ottenendo i gradi di pilota nel maggio del 1943. Il suo primo romanzo, un mystery classico intitolato Madam Will Not Dine Tonight, fu pubblicato nel 1947. Dopo altre due storie con le medesime caratteristiche, Waugh decise di passare a un genere diverso, il giallo procedurale, quello cioè in cui il lettore, in un crescendo di tensione, viene accompagnato passo per passo nelle indagini della polizia fino alla soluzione finale. Lo scrittore divenne uno dei più illustri specialisti in questo campo a partire dal 1952, anno in cui pubblicò Last Seen Wearing (È scomparsa una ragazza), che il critico inglese Julian Symons ha incluso nella lista delle 100 migliori crime novels di tutti i tempi. Di stampo analogo è l’altrettanto famoso Sleep Long, My Love (Dormi bene, amore mio). Molto più violenti sono invece i romanzi con protagonista Frank Sessions, un detective della Squadra Omicidi di New York. Nel corso della sua carriera Waugh scrisse oltre cinquanta opere firmandole col suo vero nome e con gli pseudonimi di Harry Walker, H. Baldwin Taylor ed Elissa Grandower. Nel 1989 fu insignito del titolo di Grand Master dai Mystery Writers of America.

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