:: Intervista con James Lee Burke a cura di Giulietta Iannone

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Salve Mr Burke. Grazie per aver accettato la mia nuova intervista e benvenuto su Liberidiscrivere. Alcuni anni fa ho avuto il piacere  di intervistarti e mi ricordo che era in assoluto la mia prima intervisita con uno scrittore. Raccontaci del tuo esordio. Che strada hai seguito per pubblicare? Hai ricevuto molti rifiuti?

Ho finito di scrivere il mio primo romanzo edito, Half of Paradise, quando avevo ventitré anni. Poi mi ci sono voluti quattro anni per trovare un agente e un editore. Per me è sempre stato più facile scrivere che pubblicare.
Nel bel mezzo della mia carriera, ho passato trent’anni venendo pubblicato solo in tascabile. Il mio romanzoThe lost get back boogie è stato rifiutato 111 volte prima di essere pubblicato dalla Louisiana State Univerisity Press. Poi è stato candidato al Pulitzer.

Cosa sarebbe la tua vita senza letteratura?

Le arti e le lettere sono l’indice di civiltà di una società; non varrebbe proprio la pena di vivere in un mondo in cui non ci fossero. Le antiche pitture rupestri francesi dimostrano che persino le popolazioni più primitive riconoscevano all’arte un certo valore.

Prima di diventare scrittore a tempo pieno hai svolto varie mansioni, negli ambiti più diversi, dall’estrazione del petrolio al giornalismo, al lavoro nel sociale, e, negli anni ’80, hai insegnato scrittura creativa alla Wichita State University. Cosa puoi dirci di queste esperienze?

Qualunque lavoro permetta di pagare l’affitto va bene per uno scrittore, certo, a patto che non lo allontani dalla scrittura.

Mi piacerebbe parlare del lavoro quotidiano dello scrittore. Ci descrivi una tua giornata tipo?

Lavoro sempre, dalla mattina alla sera, e a volte fino a notte inoltrata. È l’unico modo di lavorare che conosco.

Ho chiesto a tua figlia Alafair Burke di raccontarmi qualcosa di curioso su di te e lei mi ha risposto: “Ama gli animali. Lo chiamiamo Dottor Doolittle, come il personaggio che parla con gli animali nel libro per bambini”. Che mi racconti, tu, su di lei?

Alafair è la prima giallista della famiglia. Ha iniziato a scrivere polizieschi all’età di sette anni. Il suo primo racconto era intitolato Omicidi alla pista da pattinaggio.

Il personaggio di Robicheaux è stato portato sugli schermi due volte, interpretato prima da Alec Baldwin in Omicidio a New Orleans e poi da Tommy Lee Jones in In the electric mist. Hai visto i film? Quale dei due attori ti sembra più vicino al tuo Dave Robicheaux?

Ho molto apprezzato l’impegno profuso nell’adattamento cinematografico dei miei lavori. Il giudizio sulla riuscita, be’, quello lo lascio agli altri. Ma tutti i creativi coinvolti in entrambi i progetti erano davvero pieni di talento.

Paragoniamo i due personaggi di Dave Robicheaux e di Billy Bob Holland: in cosa si assomigliano, e in cosa, invece, differiscono?

Be’, direi che hanno gli stessi valori, ma rappresentano epoche diverse. Dave, come me, è nato durante la grande depressione. È un periodo storico che non si può comprendere fino in fondo, a meno che non lo si sia vissuto.

Mi è piaciuto molto Terra Violenta, primo romanzo della serie di Billy Bob Holland, premiato nel 1998 con l’Edgar Award. Tu che ne pensi?

Penso che Terra violenta sia uno dei miei romanzi migliori. Non ho mai capito come mai non abbia avuto tutto il successo di certi miei libri ambientati in Louisiana.

Parliamo ora, in generale, dei tuoi libri. Quali sono i tuoi preferiti?

Credo che i miei lavori più riusciti siano Rain Gods, Terra violenta, L’urlo del vento, White doves at morning eL’occhio del ciclone.

Il tuo stile è fortemente realistico, linguisticamente accurato e pieno di tensione drammatica. Pensi di essere stato influenzato da autori russi quali Sholokov e Chekov?

Ammiro i russi, ma no, non ne sono stato influenzato.

Che cosa ci dici di The glass Rainbow? Sarà il tuo ultimo Robicheaux?

The Glass Rainbow ha a che vedere con la fine di un’epoca e di una generazione. Il prossimo romanzo della serie si intitolerà Feast day of fools.

So che hai un bel numero di fan; com’è la tua relazione con i lettori?

Se è bello essere un artista, è grazie a tutta la gente che si incontra. Non c’è migliore ricompensa del sapere di aver regalato a qualcuno un certo piacere estetico.

Ti piace viaggiare per promuovere i tuoi libri?

Mia moglie e io abbiamo girato per quindici anni, poi abbiamo smesso. Certo, incontravamo un sacco di bella gente, ma toccavamo trentacinque città l’anno, e alla fine ho pensato fosse meglio allentare un po’ il ritmo.

In chiusura, una domanda inevitabile: a cosa stai lavorando in questo momento?

Il romanzo che sto scrivendo ora si chiama Creole Belle. Penso non sia niente male, ma mi sa che  non sono molto obbiettivo.

Grazie mille per avermi intervistato. Amo l’Italia, e spero di poterci tornare presto.

Traduzione a cura di Fabrizio Fulio Bragoni

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