Recensione di La lingua del fuoco di Don Winslow a cura di Stefano Di Marino

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La lingua del fuoco di Don WinslowDon Winslow è sicuramente uno dei più significativi autori di thriller di questi anni. In attesa di leggere Satori , seguito del magnifico Il ritorno delle gru (Shibumi) di Trevanian accontentiamoci della riproposta di alcuni suoi lavori risalenti alla fine degli anni  ’90. Accontentiamoci… espressione certamente non adatta  visto che di romanzi cosce ne vorrebbero a vagoni ai giorni nostri. Certo, La Lingua del  fuoco è in qualche modo un’opera minore se paragonata al Potere del Cane e anche di  L’inverno di  Frankie Machine…ma possiede una forza raramente riscontrabile nei thriller letti negli ultimi tempi. Una  menzione di merito va anche alla traduzione di Alfredo Colitto che si districa con abilità e perfetto controllo del linguaggio anche in quelle sezioni di ‘ police procedural’ riguardanti i tecnicismi di un’indagine su un incendio doloso. Ma il fulcro non sono questi capitoli che,a a prima vista possono sembrare sin troppo specifici. Winslow riesce a stupire cambiando meccanismi e  spunti a ogni libro pur restando se stesso, con le sue passioni(il surf prima di tutte) e un certo disincantato romanticismo che accomunano  Bobby Z, Frankie Machine, Boone Daniels e Jack Wade. In fondo il mondo si restringe a una tavola che cerca la Grande Onda… sin dai tempi di Un mercoledì da leoni e Point break. È una mitologia a sé che, ben sfruttata, fa già metà del romanzo. L’altra metà è la capacità di costruire un intreccio che  pare dipanarsi in mille rivoli ma poi è saldamente in mano all’autore. Tanto che il gioco di fili che ti portano in una direzione e ti lasciano a bocca aperta perché tutto si ricollega e la storia subisce un capovolgimento che ribalta la situazione da una pagina all’altra , si ripete diverse volte nel corso di una vicenda. Questa si presenta come un ‘semplice’ thriller centrato su un omicidio celato da  incendio accidentale. Ma entrano in scena gangster, traffici interraziali, frodi assicurative, un panorama variegato di personaggi che recitano tutti la loro parte per avvincere,stupire. E Winslow non sbaglia un passaggio, non perde una sola occasione per toccare le corde che il lettore vuole sentir vibrare. E così anche in una lunghezza inusuale per un thriller tutto tiene, tutto ti costringe a leggere una pagina…una ancora. E non è il vetusto stereotipo del page turner. Lingua di  fuoco regala davvero momenti memorabili, emozioni. E ,forse, è in grado di insegnare qualcosa a tanti presunti noiristi nostrani che credono dispare già tutti. Maestro Winslow in cattedra… noi sediamo attenti e ammirati

Stefano Di Marino

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Una Risposta to “Recensione di La lingua del fuoco di Don Winslow a cura di Stefano Di Marino”

  1. utente anonimo Says:

    Sono onorato della menzione, spesso i traduttori sono dimenticati… Comunque, per essere giusti, tutto il merito va a Winslow, che ha saputo costruire un romanzo con personaggi che restano in mente.

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