Strano detective Franck Behr, faccia rubizza, baffoni cespugliosi, naso schiacciato, massiccio, con le mani grosse come mattoni, ex poliziotto decorato, ora investigatore privato pronto a rovistare nella spazzatura per togliere dai guai il “Tribune” in causa per un articolo diffamatorio. Ecchecavolo si deve pur vivere, mica si può fare sempre gli schizzinosi. Franck Behr non è un santo, certo quando era in polizia… già altri tempi, altra vita, quasi fossero passati miriadi di anni, prima dei rapporti di scarsa efficienza, prima delle ordinanze di retrocessione di grado, prima che diventasse un paria, prima che tutto andasse a puttane. Ma è la vita. Si tira su col naso e punto e a capo si va avanti. Poi un giorno senza preavviso, a causa di un poliziotto troppo solerte e leggermente in colpa, si vede piombare nella sua vita Paul Gabriel, un ipotetico cliente con una storia da raccontare. Jamie suo figlio, il suo unico figlio, un ragazzino di dodici anni, è scomparso una mattina di ottobre senza lasciare traccia. Dopo un anno e due mesi, il caso è ormai freddo, la polizia dopo le allerte per la scomparsa di minori, i controlli nel quartiere, dopo aver tappezzato di avvisi i rifugi per sbandati si è arresa, ha ritirato gli uomini che si occupavano del caso e li ha destinati ad altri incarichi. E’ la prassi, non c’è alternativa. Qualcosa stride nella coscienza di Behr, qualcosa gli riporta alla mente che anche lui ha perso un figlio, Tim, anche lui conosce quanto può essere nera la disperazione di un padre. All’inizio è tentato di rifiutare, di lavarsene le mani, ma poi, qualcosa, un tarlo, un rimorso, un presentimento lo spingeono ad accettare l’incarico pur se la certezza che il ragazzino ormai sia morto è quasi assoluta. E così partendo da zero, senza uno straccio di indizio, un testimone, un sospetto, Behr si mette in cerca del ragazzino con il padre sempre tra i piedi che gli soffia sul collo e non gli dà tregua. Ma tutto è più difficile del previsto, già solo entrare nella stanza di Jamie gli costa uno sforzo sovrumano, vedere i regali ancora incartati di Natale o di compleanno per un figlio che non c’è più, vedere sugli scaffali i romanzi di Harry Potter accanto ai modellini in plastica di F15. Combattendo i fantasmi del proprio passato Behr si trova invischiato nell’ indagine più difficile della sua vita, che lo porterà lontano in Messico sulle orme di una vera e propria tratta di bambini rapiti, e scoprire la verità diventerà per lui questione di vita o di morte.
Senza traccia romanzo d’esordio di David Levien, primo della serie dedicata a Frank Behr, uscito il 2 settembre per Fanucci, è diciamolo subito un thriller duro e tagliente come una lama con un retrogusto vagamente noir che mi ha ricordato la rabbia e il realismo di Truman Capote in A sangue freddo nel descrivere la realtà brutale e violenta che si nasconde sotto la patina di moralismo e di ipocrisia della società americana contemporanea. Un cuore nero pulsa incessante per tutto il libro e crea disagio, malessere, se non repulsione nel lettore. Levien non risparmia i particolari più sgradevoli, ne li anestizza con rassicuranti consolazioni, ma incide a sangue la carne nel trattare il tema centrale del libro ovvero la scomparsa dei minori, argomento scabroso e doloroso soprattutto in America dove il fenomeno ha tali dimensioni drammatiche da risultare addirittura agghiaccianti se si pensa che secondo le statistiche governative, ogni anno spariscono nel nulla circa un milione di bambini. Bambini perduti, divorati, per lo più morti, violentati, venduti, usati nel mercato del sesso e della pornografia. Scritto al presente, Senza traccia è tecnicamente un’indagine, una ricerca senza tregua, condotta da due padri che sebbene con esperienze diverse si trovano uniti nel voler fare luce su uno dei più rivoltanti lati oscuri della civiltà contemporanea. Di traffici sordidi ce ne sono molti, ma le violenze perpetrate sull’ infanzia e il loro relativo lucrarci su raggiungono stadi addirittura intollerabili. Levien come dicevo non risparmia al lettore particolari atroci, raccapriccianti e li descrive con una naturalezza e una semplicità che li rendono ancora più efferati. Non si prova alcuna compassione per i rapitori, per l’affarista che regge le fila e lucra sulla distruzione sistematica di tante innocenze, di tante famiglie che difficilmente si riprenderanno dopo queste esperienze. In questo caso se anche ci sarà un lieto fino, e questo toccherà a voi scoprirlo leggendo il libro, beh è certo che avrà un sapore amaro e ben poco consolatorio.
Senza traccia di David Levien, Fanucci Editore, collana gli Aceri, 2010, pagine 316, traduzione di Maurizio Nati, prezzo di copertina Euro 14, 90.
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