Benvenuta Gaia su Liberidiscrivere e grazie per aver accettato la mia intervista. Come tradizione iniziamo con le presentazioni. Allora iniziamo con il dire che sei nata a Goro provincia di Ferrara nel 1974, sei una bravissima cuoca.
Figuriamoci, fa sempre piacere essere intervistati, chi lo nega è un bugiardo! Sono nata a Goro, come Milva, molti anni dopo e senza la sua ugola d’oro. Se qualcuno dice in giro che sono una brava cuoca: mente sapendo di mentire, o forse è stato a cena a casa mia e fa del sarcasmo! Odio stare in cucina, se non esistesse la Bo-Frost sarei già morta d’inedia. Ho invece un particolare pollice verde per grasse e succulente, e una predilezione per l’acquisto di piante con le ore contate (tendo a volerle resuscitare, e questa è sicuramente una mania di grandezza!).
Come è nata in te la passione per la scrittura e soprattutto per il giallo e il noir? Non mi dire che già da bambina ti appassionavi ai fatti di cronaca nera.
No, da bambina mi appassionavo ai Lego, ma non credo che questo abbia particolarmente influito sui miei ammazzamenti in età adulta. La passione per la scrittura è il tipico serendipity che movimenta la mia esistenza: scoperte fatte per caso, mentre si fa tutt’altro. Ho scritto un racconto noir in un pomeriggio di noia, e di questi pomeriggi ne ho sì e no tre in un anno. Se quel giorno avessi deciso per il ricamo, oggi forse non saremmo nemmeno qui a discutere.
Sei nata sul web pubblicando già dal 2003 diversi racconti molto personali. Qualcuno ti definisce ancora autrice emergente, solo distratto o c’è del vero?
Per essere un’emergente sono un iceberg, ho fatto molte cose ma non abbastanza. Immagino rimarrò emergente fino alla fine dei miei giorni: se decidessi d’essere “arrivata”, prenderei la cosa sul serio e mi divertirei molto meno.
Stefano Borghi e Gaia Conventi un binomio inseparabile.
Io e Stefano ci siamo conosciuti per puro caso, in un sito dedicato ai racconti. E’ stato protagonista di un testo un tantino cattivello: un fan tartassa la propria scrittrice preferita e lei, piano piano, l’avvelena inviandogli lettere profumate… alla mandorla amara. In seguito, non avendolo fatto fuori per davvero, abbiamo avuto modo di scrivere molto a quattro mani.
Ma esiste il delitto perfetto? Se lo dovessi commettere che accorgimenti prenderesti?
Il delitto perfetto esiste, ma è dura compierlo e poi non potersene vantare. Ho sempre pensato che un’iniezione di acqua frizzante fosse una maniera carina di procurare un embolo, certo anche la visione forzata di Bruno Vespa…
C’è qualcuno che ti ha particolarmente aiutato anche solo con consigli e incoraggiamenti all’inizio della tua carriera che vuoi ringraziare?
Beh, immagino di dover ringraziare la maestra elementare che mi insegnò i rudimenti: le astine, lo stampatello… In seguito non ho avuto aiuti mirati, ma, senza dubbio, il mio più grande sostenitore è sempre stato mio marito.
Sei un’inguaribile bugiarda o sincera fino al midollo?
Quando scrivo sono piuttosto bugiarda, alla premiazione di “Passi nel buio 2009” si stupirono di non vedermi settantenne, come la protagonista di “La morte in pentola”. Pare avessi dato l’idea di una arzilla signora che passa le sue giornate tra gialli e centrini, evidentemente avevo mentito bene. Nella vita no, sono sincera e senza peli sulla lingua. E’ sempre un rischio chiedermi un parere sincero, vi invito a non farlo mai!
Come nascono i tuoi personaggi? Ti ispiri a persone reali, a personaggi letterari, o sono solo frutto della tua fantasia?
I miei personaggi nascono dall’osservazione, spesso sono un mix di più persone, a volte sono soltanto le mie paure messe su carta.
Oltre a scrivere romanzi scrivi anche racconti. Quale è il tuo preferito? Di cosa parla?
Sono un genitore assai distratto, dopo aver scritto qualcosa me ne disinteresso: impara a camminare con le tue gambe, gli dico. Se proprio dovessi fare una scelta, salverei dall’oblio i racconti di “I deliziosi delitti di LittleTown”, nati sul web, poi finiti in ebook e, infine, in edizione cartacea. Sono raccontini in stile “Ai confini della realtà”, conditi di giochi enigmistici e tanta, tanta, cattiveria gratuita!
Raccontaci la tua Ferrara. Quanto un luogo incide nel narrare una storia. Quanto l’ambientazione influisce sulla creazione dei personaggi?
Sono nata a Goro, dicevamo, e Goro dista 70 chilometri da Ferrara. La città l’ho scoperta e amata anni dopo, quando mi ci sono trasferita per studio. Ferrara è una piccola città di provincia, ricca d’arte e silenzio, tranquilla in superficie, assai movimentata se la si sa guardare con occhio clinico. Le ho dedicato racconti e romanzi, e una serie di note smaliziate che potete trovare aggiornate su facebook e sparse da qualche parte in rete: “Ferrara è una repubblica fondata sugli Estensi”. Un modo ridanciano di narrare vizi e virtù della mia gente, stranezze locali e piacevolezze gastronomiche. Adoro Ferrara, l’amo così tanto da prenderla in giro. Un luogo incide sulla narrazione di una storia quando ne diventa un personaggio, e non soltanto una cartina geografica su cui far scorrere le ombre cinesi. Ferrara la conosco, so come muovermi, forse un giorno scriverò una guida ragionata ad una visita curiosa della città. Quel che non ho letto di Ferrara, l’ho ascoltato dai ferraresi… scoprendo che, a volte, ne so più di loro. Ferrara è un modo di essere, in noi scorre sangue blu: “Di qua e di là dal Po, sono tutti figli di Niccolò”, lui era Niccolò Terzo, marito e assassino di Parisina, famoso per le centinaia d’amanti. Vuoi che un po’ di nobiltà non sia arrivata in casa di ogni ferrarese?!
Ferrara negli anni 30 in cui hai ambientato Il bandolo della matassa in cosa pensi fosse speciale. Io adoro la Ferrara di Bassani. E’ ancora così?
Ferrara è stata una città fortemente legata al Ventennio, inutile dire che Italo Balbo è nato qui. Traccia di quegli anni la si ritrova ovunque, dal ghetto ebraico ai numerosi palazzi d’architettura fascista. In cosa era speciale? Forse nel credersi tale, senza dubbio un retaggio estense che ci siamo portati dietro a lungo e che ora, pace all’anima sua, ci ha lasciati un po’ storditi. Di Bassani e dei suoi scritti rimangono le atmosfere rarefatte, Ferrara è una città che cambia nei secoli…
Hai vinto il Gran Giallo Città di Cattolica – Mystfest 2009 con il racconto La morte scivola sotto la pelle poi pubblicato nel numero di dicembre del Giallo Mondadori. Che esperienza è stata. Cosa ti ricordi di quel periodo?
Sono tornata come finalista nel 2010 e ho notato un’atmosfera diversa, o forse stavolta ero un tantino più scafata. Nel 2009 è stata una bella avventura, una grande emozione conoscere Pinketts, uno dei miei autori preferiti, e poi il botto finale d’essere sul Giallo Mondadori. Ricordo d’aver avuto la tremarella prima della finale, questo sì, e le grandi speranze per il futuro. Poi, come mi ha detto qualche giorno dopo Eraldo Baldini ad una nostra comune presentazione: “Non è detto che il MystFest porti da qualche parte”. Il concetto mi è stato ribadito dallo stesso Pinketts, durante un’intervista telefonica. Insomma: non è detto che serva, ma me lo sono messo in tasca… se un giorno potrò, giocherò l’asso!
Parliamo del tuo processo di scrittura. Come passi dall’idea imbastita ancora solo nella mente alla prima stesura del romanzo. Ci sono segreti, piccole scaramanzie che ti va di svelarci?
Dipende da cosa sto scrivendo: un giallo classico deve essere valutato a tavolino, deve filare tutto ancor prima d’aver scritto una riga. Col noir, invece, scrivo di slancio: l’idea c’è e, man mano che scrivo, si fa sempre più cattiva. Mi concedo il lusso di poche idee chiare, tutto il resto lo butto giù in velocità: sarà la seconda stesura a dirmi quanto di buono sono riuscita ad infilarci dentro al volo!
Parliamo di cosa ami leggere nel tuo tempo libero. Quali sono i tuoi autori preferiti? Cosa stai leggendo in questo momento?
Sono un lettore vorace, di quelli che macinano pagine e spengono l’abatjour solo quando il marito si lamenta… e calcolando che anche mio marito legge come un forsennato, capirete che di libri per casa ne abbiamo a bizzeffe. Per la manifestazione “Gemine Muse 2010” ho scritto un testo, poi teatrato da una compagnia di Bologna, in cui i libri, in pile via via crescenti, prendono il sopravvento sul lettore, che ne diventa custode e schiavo. I miei autori preferiti? Landsdale lo leggo sempre volentieri, così come Tommaso Labranca in tutte le sue forme. Ho il piacere e l’onore di conoscere Labranca, un vero genio della parola, uomo dall’ironia feroce e spiazzante. Ora sto leggendo “L’assassino qualcosa lascia” di Rosa Mogliasso, un buon libro, avrei dimezzato il turpiloquio… ma il libro è suo e l’ha scritto come le pareva.
Nel panorama letterario italiano c’è un esordiente che ti ha particolarmente colpito per originalità, contenuti, coraggio?
Mi piace molto lo stile e la creatività di Maria Silvia Avanzato, finalista con me al MystFest di quest’anno. E’ anche vero che io e Silvia siamo buone amiche ma, indipendentemente da questo, ha una penna che scivola sulla carta, a volte languida e a volte acuminata. Una prosa lirica e ricercata, ma sempre con un occhio attento alla trama, senza mai lasciarsi prendere dalla mania di farti sapere quanto è brava coi sinonimi e i contrari.
Sei femminista? In cosa pensi uomini e donne si somigliano e si differenziano?
Non mi ritengo femminista, trovo già difficile essere una persona degna di questo titolo. In me c’è un fare piuttosto maschile, nel bene e nel male. Sono poco propensa al romanticismo, cosa che in questi anni scopro essere diventata prerogativa maschile, evidentemente noi donne abbiamo voluto fare cambio: vi lasciamo i sentimenti, mentre cerchiamo di farci spazio nel mondo che, fino a ieri, pareva essere solo vostro. In fondo donne e uomini non sono diversi, se l’esistenza fosse stata improntata in maniera matriarcale, dubito che avremmo saputo fare di meglio. Siamo animali con l’anima, a volte ci prendiamo troppo sul serio.
Descrivimi cosa è per te la bellezza, nell’arte, nella letteratura, nella vita. Una persona , un personaggio bello ha più fascino? E’ bello ciò che piace o ti affidi ai canoni greci di bellezza?
La bellezza è superficiale, la bruttezza arriva fino all’osso, dice qualcuno. Sono sempre stata lieta di non essere particolarmente avvenente, questo mi consente di invecchiare e imbruttire in assoluta tranquillità. Rifuggo i “troppo belli”, chi è bello a volte può permettersi il lusso di non avere senso dell’umorismo… e senza quello, ahimè, è dura affrontare le mie battute al vetriolo! Diciamo che trovo il bello dove c’è arguzia, dove la favella è pronta e gli argomenti molteplici. Vale per tutte le tipologie d’arte e persone, mi si incanta rendendomi curiosa di saperne di più, mai con la risposta pronta, anche se ben infiocchettata.
Progetti per il futuro?
Ho appena terminato un noir dai risvolti erotici, scritto a quattro mani con Maria Silvia Avanzato, citata qualche risposta più sopra. Mi gira in testa un noir cattivissimo ambientato dalle mie parti, ma inutile parlarne ora, sta solo nelle mie sinapsi. Il progetto più immediato? Fare qualche giorno di vacanza dopo aver scritto tutta l’estate. Partirò con fotocamera al seguito, la fotografia è il mio secondo grande amore. Ops! Il terzo, calcolando mio marito.
Breve nota biografica di Gaia Conventi
Con “Una scomoda indagine e un cane fetente” ho vinto Esperienze in giallo-Piemonte Noir 2008 . Nel 2009 mi sono aggiudicata il Mystfest-Gran Giallo Città di Cattolica con “La morte scivola sotto la pelle”. Con “La morte in pentola” ho vinto il Premio Passi nel Buio 2009. Nel 2010 con “Oni il demone” sono in “Lama e Trama”, con “Giona nel fuoco” in “Anonima Assassini – Orme Gialle”, con “L’occasione fa l’uomo ludico” sarò in “Riso Nero”, antologia curata da Graziano Braschi e Mauro Smocovich. Sono stata selezionata per rappresentare Ferrara alla manifestazione nazionale “Gemine Muse 2010” e sono tornata al MystFest come finalista. Sono nata a Goro, nel ‘74. In realtà sono nata a Codigoro, per il semplice fatto che Goro non ha un ospedale, ma queste sono bazzecole, sono fiera delle mie origini marittime e corsare. Scrivo per puro caso dal 2003, ho vinto qualche premio, ho scritto qualche libro. Quando non scrivo, fotografo, viaggio, vivo. Ho una vita decisamente interessante, la condivido gioiosamente con amici che amano la buona cucina e le serate dedicate alle chiacchiere. Leggo molto, in tv guardo History Channel e i telefim di Fox Crime, ascolto Caputo, Buscaglione e la musica italiana anni ‘40. Non sono mai riuscita ad imparare un inglese che andasse oltre il “broccolino”, da bambina volevo fare l’idraulico e la reporter in zone di guerra (non ho mai specificato se in contemporanea o meno).
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