Benvenuto James su Liberidiscrivere. Racconta ai nostri lettori qualcosa di te. I tuoi studi, le tue passioni, la tua infanzia, il tuo primo amore.
Ciao, prima di tutto grazie per l’intervista, è davvero un piacere e un onore essere ospitato qui tra le pagine di uno dei miei siti di cultura letteraria preferiti. Sono nato in un periodo un po’ buio per la storia del mio paese, i miei genitori mi hanno fatto capire fin da subito che se volevo qualcosa avrei dovuto guadagnarmelo sul campo per poi difenderlo con le armi e con i denti. I miei studi sono stati sempre orientati in campo scientifico, soprattutto nel campo dell’informatica anche se per ovvi motivi ho studiato per una vita materie militari, che possono essere una scienza discutibile ma oggettivamente complessa, e che non si limita alle istruzioni per tirare un grilletto o indicarti la via più breve per andare da A a B. Il mio primo amore è stato un cane pastore maremmano, ma tranquilli: ero talmente piccolo che si trattava di un rapporto puramente platonico (anche se denso di effusioni e baci). Non sono un guerrafondaio ora come non lo ero da giovane, non ho mai amato uccidere o fare del male e non sono cosi nemmeno adesso. Sono un appassionato di militaria e di storia e praticavo sport agonistico fin da piccolissimo. Sono un drogato di adrenalina. Questo si. Il mio passato mi ha reso abbastanza competitivo soprattutto nei confronti del peggiore avversario di tutti noi: se stessi.
Quando hai deciso che saresti diventato scrittore? E’ stato difficile pubblicare il tuo primo libro?
Non sono uno di quelli che è andato per gradi iniziando a frequentare il mondo editoriale magari come giornalista o critico, pubblicando poi qualche racconto e arrivando infine al traguardo del romanzo. Per carità, pieno rispetto per chi ha intrapreso un cammino di questo tipo che probabilmente è la strada consigliabile per approdare a una meta. Nel mio caso ho dovuto prima convincere me stesso di essere uno scrittore: decidere fermamente e investire parte del mio tempo nel voler scrivere una storia che appassionasse prima di tutto me, a prescindere da quello che ne avrei fatto. Questo perché mettere le tue idee su carta è una cosa, ma chiudere un romanzo è un film molto più complesso. Solo dopo un paio di tentativi ho avuto un prodotto finito in mano e ho pensato che per quello che erano i miei gusti di lettore non sarebbe stato poi un delitto pubblicarlo. Il destino e un pizzico di fortuna mi hanno dato ragione.
Hai avuto una vita molto avventurosa. Quanto le tue esperienze personali hanno inciso nel tuo lavoro di scrittore?
In ambito militare ci sono situazioni in cui si studia e ci si prepara molto per qualcosa. Quando si fa bene il proprio lavoro, la preparazione è addirittura più impegnativa dell’azione stessa. Spesso poi le cose non vanno come dovrebbero: qualcosa non si può più fare o qualcuno impone dei limiti che non devono essere superati. Il tuo cervello però va oltre: ha metabolizzato una serie di processi e di informazioni e si sente in catene a poter rendere solo al 20% delle proprie possibilità. L’esperienza della scrittura è una valvola di sfogo per immergersi in un mondo dove gli unici freni esistenti, sono quelli fittizzi imposti dalla propria fantasia. Un universo dove il gioco del “cosa sarebbe sucesso se…” trova finalmente una risposta. Molti dei miei libri si fondano sulla solida base della mia esperienza in determinati settori tecnici. In questo senso c’e’ realismo non tanto perché c’e’ il nome giusto al posto giusto, quanto perché nel descrivere l’impaziente attesa prima di una azione, l’adrenalina di lancio da alta quota o la scarica di nervi nel vedere la canna brunita di una pistola che ti punta nell’occhio, ci ho messo le emozioni che ho collezionato in una vita. Molto di quello che scrivo non esce solo dal mio cervello, ma anche dal mio cuore.
Raccontaci qualche aneddoto curioso che ha coinvolto te personalmente o la gente che hai conosciuto in questi anni.
Ci sarebbero molti e incredibili racconti tragicomici di vite appese a un filo e che hanno a che fare con la sfiga e la paura. Il bello è che, ci crediate o no, si tratta di storie assolutamente vere. C’e’ quella volta in cui dopo una lunga nuotata ho avuto a che fare con uno squalo che purtroppo, povero lui, ignorava il fatto che fossi armato di doppietta a canne mozze. Oppure quando nei Balcani mi sono avvicinato ad un cadavere in preda al rigor mortis, che stringeva ancora tra le mani una bomba a mano senza sicura: quando ero ad un passo da lui, per qualche incredibile ragione, l’ha mollata ed è saltata via la leva di scatto che l’ha innescata e fatta esplodere qualche secondo dopo mentre io rotolavo in direzione opposta. In tema aereo mi è capitato di lanciarmi con il paracadute da solo poiché dopo la mia uscita il lancio è stato annullato per le proibitive condizioni meteo. Più che altro sono stato lanciato io per una svista di chi coordinava. Quando sono arrivato a terra – e non è stato affatto semplice arrivarci intero – il cielo era tutto coperto dalle nuvole e aspettavo da un momento all’altro di vedere il resto dei ragazzi, che ovviamente non arrivò mai. Infine c’e’ stata quella volta in cui avevamo preparato una buca con ben mille chili di materiale esplosivo da distruggere, e dopo aver mandato via tutti, siamo rimasti in tre a innescarla per poi accendere la classica miccia. Quando ci siamo apprestati ad allontanarci la nostra jeep si è spenta e non c’era verso di farla ripartire. Non c’era modo di disinnescare la buca e avevamo ancora cinque minuti prima dell’esplosione. In meno di due minuti ci siamo affardellati di armi, radio e munizioni e abbiamo preso a correre più velocemente che potevamo, ringraziando il cielo per il fatto che lo facevamo quotidianamente per tenerci in forma. Quando la buca è esplosa eravamo a quasi un chilometro di distanza: Il fragore ha fatto tremare la terra sotto i nostri piedi. Sono ancora qui. Penso che un giorno la pagherò per aver sfidato troppo a lungo il mio destino. Pensò che morirò in modo molto stupido, forse scivolando su una buccia di banana. Quello che m
i piacerebbe è addormentarmi in cima di una montagna riscaldato dalla luce del sole. E non essere più trovato.
Senza voler sembrare retorica vorrei spendere qualche parola per il coraggio dei nostri ragazzi militari all’estero. Pensi si potrebbe fare qualcosa per far capire quanto rischiano per tutelare la nostra sicurezza?
Ancor una volta devo ringraziarti per aver toccato un tema che mi sta molto a cuore: I militari italiani. Sono uomini e donne chiamati a svolgere lavori duri caratterizzati da compiti delicati, spesso rischiosi, che per essere portati a termine necessitano di ferrea determinazione nell’assumersi notevoli responsabilità e prendere decisioni importanti anche in pochi decimi di secondo. I nostri, tra gli eserciti della NATO, sono anche quelli caratterizzati da una spiccata umanità che non gli impedisce comunque di assolvere in maniera pienamente soddisfacente il mandato affidatogli. E non si tratta di soldati “Ryan” da salvare come spesso qualcuno cerca di farci credere. Preferisco definirli persone consapevoli: Professionisti, preparati e addestrati, ben equipaggiati e all’avanguardia in molte specialità. In alcuni campi sono addirittura i migliori. I migliori del mondo. E’ per questo che gli italiani possono fidarsi e andare fieri di loro.
Hai girato il mondo, qual’è il paese che ti è rimasto nell’anima.
L’Afghanistan, terra martoriata ma bellissima, con paesaggi mozzafiato e popolata da uomini straordinari.
Ti è mai capitato di interrogarti sul senso ultimo della vita, sui grandi sistemi?
Ci penso spesso. Anzi, ci penso sempre. Non è facile spiegare perché dopo essere stati vivi con mille sogni e paure, avendo provato molti sentimenti, forse qualche gioia e certamente molto dolore si possa morire dopo una lunga agonia o in una frazione di secondo che spenga simbolicamente la luce nel nostro universo interiore. Non mi spiego anche perché nel mondo ci sia cosi tanta sofferenza e perché sia la malvagità a dominare il quotidiano. Però credo in Dio, o in come lo si voglia chiamare nei quattro angoli del globo, e questo mi basta.
Temi come la giustizia, la libertà, il coraggio sono importanti nei tuoi libri?
Nei miei libri non voglio imporre modelli di vita ne dare un senso assoluto di ciò che è giusto fare o ciò che è sbagliato. E’ vero però che astraendo il concetto, i miei libri pongono sempre come obiettivo finale il mantenimento di uno Status Quo costantemente minacciato e da difendere spesso con la vita stessa. Viene proposto certamente un modello di bene e male, che non è però assoluto ma individuale, risultando tanto più sfumato eppure significativo. Purtroppo è vero che la giustizia non è di questo mondo e non esiste nemmeno in una natura che tuttavia si muove in modo del tutto sincronizzato. La libertà, soprattutto quella intellettuale e il coraggio, anche quello di resistere e non solo quello aggressivo, sono però il fine ultimo e l’unico mezzo possibile per conseguirlo.
Quali sono i tuoi maestri letterari? Quali scrittori ti hanno più influenzato?
Frederick Forsyth per la puntuale caratterizzazione dei personaggi e dello scenario. Poi Ken Follet, Tom Clancy e Gerard del Villiers che per motivi diversi, sono tra quelli che mi è piaciuto leggere e certamente quelli che reputo tra i massimi esponenti del thriller geopolitico e dello spionaggio d’azione. Tra gli autori italiani invece, che esattamente come i militari non sono secondi a nessuno, mi piacciono molto Valerio Evangelisti, Claudia Salvatori, Alan D. Altieri e l'inesauribile Stefano Di Marino.
Nel 2008 hai pubblicato la Coda del Diavolo, vuoi introdurci nel tuo mondo letterario?
La Coda del Diavolo è un thriller militare che ruota attorno alle avventure di un gruppo interforze di teste di cuoio italiane, coinvolto in un complesso intrigo internazionale dove più ingranaggi della macchina del terrore si uniscono alla ricerca di un arma definitiva che se correttamente sviluppata, potrebbe dare a numerose organizzazioni sparse per il mondo e a governi pirata uno strumento letale in grado di sovvertire rapidamente gli esiti di una guerra. E’ un opera abbastanza varia, che descrive vari aspetti del mondo delle forze speciali, dagli interventi per il recupero degli ostaggi, al disinnesco di una bomba, passando per l’infiltrazione subacquea o i lanci in caduta libera. Volevo scrivere una storia che fosse appassionante e divertente ma che per certi versi fosse anche un saggio sulla natura delle operazioni speciali. Dal punto di vista umano c’e’ una certa dose di violenza, di sesso e tanta, tantissima azione al cardiopalma.
Angeli neri -l’ultimo agguato Armando Curcio Editore è un romanzo ibrido tra l’action bellico e il police procedural. Come consideri questi due generi? Sono la nuova dimensione dell’action di avventura?
Sono due generi molto diversi ma che possono avere un comune denominatore: rappresentare fedelmente le attività di un settore specifico, non facendo mancare azione e uno sfoggio di tecnologia al servizio dell’intrigo. Alcuni autori interpretano questo tipo di romanzi come dei veri e propri saggi che h
anno strutturati in modo da raccontare una storia. So che l’insistenza sui tecnicismi può rischiare di rendere un libro appetibile solo a un ristretto gruppo di lettori più “esigenti”, ma credo anche che un buon romanzo non debba limitarsi ad avere un intreccio appassionante, e debba piuttosto lasciare al lettore qualcosa: mostrargli situazioni o realtà che non conosce, stimolare la curiosità non solo sui fatti, ma sul modo di arrivarci, cercando di presentare il tutto nel modo più immediato possibile. Questo credo sia stato il pregio di serie di successo come CSI o dei romanzi alla Patricia Cornwell e di tutti i cloni che sono seguiti. Angeli Neri nello specifico inizia con una complessa operazione dei Marine a Fallujah volta alla cattura del terrorista giordano Al Zarkawi. Il resto del libro è ambientato prevalentemente a Los Angeles dove il protagonista, ora al comando di una unità di polizia speciale, conduce una indagine che è una vera e propria guerra, prima di tutto contro se stesso: contro le sue emozioni e i suoi sentimenti. Angeli Neri abbraccia anche altri temi d’attualità tipo gli interessi secondari che possono rendere più appetibile una guerra, e la difficoltà di reintegrazione dei reduci nella società americana, che affligge soprattutto gli Stati Uniti e che sembra essere un problema di non immediata risoluzione anche per il nuovo, acclamatissimo presidente.
Per i tuoi libri e per il tuo lavoro di consulente hai approfondito temi geopolitici molto attuali, sei ottimista sulle sorti del mondo o hai la sensazione che molti incompetenti siano stati posti in posizioni chiave?
No, purtroppo io sono della fazione catastrofista. La geopolitica centra ma non ci sarebbe nemmeno bisogno di incomodarla. Il principio antropico ci spiega che questo mondo esiste per un insieme di dettagli concatenati e che se uno solo di questi mancasse noi non saremmo mai esistiti. Credo che noi negli ultimi tempi ce la stiamo mettendo tutta per fare si che qualcuno di questi dettagli venga a mancare. Un'altra legge fiscica, l’entropia ci insegna che le cose possono solo peggiorare col tempo perché tutto deperisce e perchè raffreddando una zuppa di pesce difficilmente possiamo ottenere di nuovo un acquario, e di acquari ne abbiamo bolliti fin troppi. In sostanza in questi ultimi tempi il confronto tra due blocchi contrapposti tipici della guerra si è concluso, ma invece di regalarci la pace planetaria è esploso in una serie di metastasi che sembrano non avere soluzione. Per quanto riguarda la geopolitica… se è possibile convincere un uomo a farsi saltare in aria per una causa con indosso un giubbino esplosivo e altrettanto possibile che a qualcuno possa venire in mente di suicidarci tutti per mezzo di un arma nucleare. The Doomsday Clock: ci siamo andati vicino tante di quelle volte in passato e quasi tutti noi non hanno mai capito quanto stavano rischiando. Anche questo è uno dei temi che affronto nei miei romanzi e che tratterò, nello specifico, anche in Taliban Commander. Comunque quello e altri rischi esistono: alcuni sotto gli occhi di tutti, altri noti solo ai più informati. Non ci sarà pace finche uno solo dei miliardi di uomini e donne su questo pianeta penserà ancora di poter trarre un vantaggio su un altro facendo ricorso alla violenza. Devo continuare?
So che doveva uscire a breve un tuo nuovo libro poi per un discorso editoriale più ampio si è deciso di posticiparne l’uscita. Vuoi parlarcene?
Si, vorrei precisare che si è trattato prevalentemente di un mio errore che mi ha portato a dare per certa una data che nella pratica era solo orientativa. Il romanzo in questione è Taliban Commander – la reliquia del profeta, sempre edito dall’Armando Curcio Editore per la collana BM-Noir, che esce in edicola. Come suggerisce il titolo sarà ambientato prevalentemente in Afghanistan, e vedrà gli operatori dell’Oscar One lavorare fianco a fianco con gli agenti CIA, in una operazione che si rivelerà molto più speciale di quanto si potesse immaginare. L’Afghanistan è un crocevia di molti loschi interessi, terrorismo, criminalità, traffici umani e di droga. E’ stretta tra la morsa dell’Iran e del Pakistan e a dispetto di quello che sembra, si combatte ancora, dappertutto. E’ un peccato perché è uno di quei posti che a vederli dall’altro sembra volerti spiegare molte cose sull’immensità dell’universo. E’ tra le montagne dell’Afghanistan che ho visto il cielo stellato più bello della mia vita. Intrigo a parte, il mio punto di vista è raccontare non solo il senso di una guerra sporca come tutte le altre ma, piuttosto, delle storie umane, indipendentemente dalla parte dello schieramento nel quale si trovano.
Che libro hai aperto sul classico comodino?
In questo preciso momento Repetita di Marilù Oliva. E’ un libro bellissimo di una scrittrice in grado di comunicare molte forti emozioni.
Che rapporto hai con la natura? Ti piacciono le passeggiate in montagna, le gite in bicicletta, la full immersion nel verde?
Mi piacerebbe rivolgere questa domanda alla natura stessa e, dal momento che per molto tempo sono stato parte di paesaggi arsi dal caldo o talmente ghiacciati da non permetterti nemmeno di respirare, vorrei chiedergli cosa pensa di me e perché si è divertita a prendersi cosi spesso gioco del mio corpo e del mio spirito. Mi piace molto camminare, però ho il passo talmente frettoloso che è difficile godersi una passeggiata con me, a meno di seguirmi in bicicletta. Scherzi a parte ho un amore viscerale per il vuoto: Paesaggi desertici, distese sconfinate di verde, terre brulle articolate come algoritmi frattali e poi il buio del mare o la luce immensa del cielo. Mi piacere vivere ogni elemento.
Che ruolo ha l’ironia o l’autoironia e l’umorismo nei tuoi libri?
In situazioni difficili qualcuno reagisce allo stress trovando divertente anche cose che non lo sono affatto. Nella mia vita autoironia e umorismo sono importanti e questo si riflette nei miei libri. Lo spirito goliardico di certi reparti è qualcosa che ha a che fare con lo spirito di corpo o la
consapevolezza di condividere con qualcuno una sfida che non tutti riescono a comprendere ed è bello cercare di rendere questo concetto di brotherhood nei libri. Ogni tanto qualcuno mi dice che si è divertito anche un po’ a leggere un mio romanzo, e questo mi fa piacere perché a parte tutto l’ironia è l’antitesi della noia, che è la prima nemica dei libri.
Hai un agente letterario? Pensi che nell’editoria Italiana questa figura sia ancora un po’ defilata?
No, i miei accordi con la Armando Curcio editore non lo rendono necessario e potrei quasi dire che sono loro i miei agenti letterari. Per questo posso solo ringraziare profondamente il presidente Dott. Fortunato Siciliano e la vice presidente Dott.ssa Cristina Siciliano, che mi hanno dimostrato una fiducia non comune in questo ambiente e che spero di aver ricambiato. Le agenzie letterarie sono esattamente come le agenzie di casting del mondo del cinema, della moda o del piccolo schermo. Loro però si muovono in un mondo molto più complesso che può dare di massima delle minori prospettive di guadagno e che presenta trappole devastanti e situazioni controverse come quelle dell’editoria a pagamento. Un Agente letterario dovrebbe essere una figura mitologica che dotata di notevole esperienza nel settore, in grado di scoprire talenti, sgrossarli (cosa non facile), riuscire ad accontentare gli editor (ancora più difficile) e convincere i responsabili del marketing circa la validità dei loro investimenti (impossibile).
Ci sono progetti cinematografici di film tratti dai tuoi libri ? Chi vedresti bene impersonare i tuoi personaggi protagonisti?
Uno dei miei libri, non dico quale anche per scaramanzia, è nel mirino di una casa di produzione. Riuscire a vendere i diritti per un film aggiunge molta soddisfazione a quella già elevata dell’essere stati pubblicati, ma purtroppo non è garanzia del fatto che si passera alla fase esecutiva per la realizzazione di un lungometraggio. Se dovessero fare un Film su “La Coda del Diavolo” per un personaggio come Jaco (il protagonista) prototipo del guerriero moderno, mi piacerebbe un attore come Eric Bana, che ho apprezzato molto nel ruolo di Ettore in Troy o del soldato Delta Force in Black Hawk Down. Josephine, la terrorista dell’IRA, potrebbe invece essere ben interpretata da Scarlett Johanson, mentre nel ruolo dell’agente della CIA del dipartimento attività speciali in Afghanistan vedrei bene Angelina Jolie, ma stiamo già parlando di un personaggio di Taliban Commander. Infine Jhon Travolta potrebbe essere l’Uomo Senza Nome, il super agente segreto che come un burattinaio gioca spesso con il destino di Jaco, e Heath Ledger (il Joker di Batman) sarebbe perfetto nei panni di Gavo, il demoniaco terrorista croato. Lo sarebbe se non fosse morto, ma Gavo è un personaggio davvero diabolico.
Attualmente stai scrivendo? Puoi parlarci dei tuoi prossimi progetti?
Un autore sta sempre scrivendo! In realtà basterebbe parlare di quanto già scritto ma non ancora pubblicato visto che siamo in arretrato di un paio di lavori. Abbiamo già accennato a Taliban Commander, ma un altro dei lavori già conclusi e consegnati è una antologia Noir curata insieme ad Angelo Benuzzi che darà uno sguardo oscuro su alcuni angoli dell’inferno su questa terra. Caratteristica di quest’opera dal cuore buio sarà il crudo realismo, che secondo il nostro punto di vista è molto rappresentativo del periodo storico che stiamo vivendo, segnato dal peggiore declino della solidarietà umana, da molteplici incertezze sul futuro di alcuni popoli e perché no, dall’esaurimento della pazienza della nostra madre terra.
Ed ora salutaci come direbbe Marilù Oliva tipo Humphrey Bogart nella scena finale di Casablanca.
Ora vai tu, io ho qualcosa da fare, dove io vado non potresti seguirmi non potresti essermi d’aiuto… Buona fortuna bambina… e grazie!
Angeli Neri e La coda del diavolo al momento non sono più in edicola, li potete ricevere al prezzo di copertina, chiamando il numero verde: 800-834738.
16 novembre 2009 alle 9:11 |
Molto molto onorata di essere letta da uno scrittore come te che stimo e ho letto con grande interesse!
e grazie anche a Giulia, mi stai superando con le domande!!
smackck
Marilù
16 novembre 2009 alle 15:13 |
Ottima intervista…e piacere di fare la vostra conoscenza!
17 novembre 2009 alle 7:07 |
Intervista molto bella che tratta temi e particalarità di un ottimo scrittore.
Aspettiamo con impazienza Taliban Commander.
erni-Casval
17 novembre 2009 alle 18:41 |
Una vita affascinante, non so quanti di noi avrebbero avuto il coraggio di viverla e di raccontarla 🙂
Bella James, mi piace. Ora devo andare a procurarmi i romanzi (lo so, lo so, ancora non l’ho fatto, sono in ritardo…).