:: Intervista con Dominique Manotti a cura di Giulietta Iannone

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Dominique ManottiTu sei molto coraggiosa nel denunciare i mali della Francia contemporanea. Cos’è il coraggio, un dono naturale come il talento?

Non è esagerato parlare di coraggio? Che cosa rischio? Di non essere invitata a cena dal Presidente della Repubblica? La parola coraggio la utilizzerei nei paesi dove davvero gli oppositori stanno rischiando le loro vite.

La tua Parigi è oscura, molto oscura, piena dello spleen di Baudelaire. Ami Parigi?

Sì, amo Parigi. E’ la mia città. Ci sono nata, ci ho sempre vissuto e non riesco di immaginare di vivere altrove. Parigi è una città luminosa e intelligente nella sua struttura, per i suoi edifici. Molto controversa e appassionante nella sua storia. Ciò che a volte è “nero” nella mia città sono gli uomini che la abitano.

Potresti raccontarci qualcosa sulla tua trilogia noir edita in Italia da Troppa che ha per protagonista un affascinante ispettore gay?

Questa trilogia inizia con una storia che si svolge nel Sentier nel 1980, uno dei quartieri più vivaci di Parigi, il quartier generale del settore abbigliamento. Ho creato il personaggio del commissario Daquin, un commissario omosessuale, come una sorta di incarnazione del suo distretto, anche con la sua violenza ma anche con il suo calore. Gli atelliers erano allora esclusivamente maschili, oggigiorno non è più così. E ho voluto cercare di delineare questo clima di uomini tra di loro di amicizia virile così affascinante per una donna. Daquin è un po’ tutto questo. Come personaggio mi è piaciuto molto e l’ho conservato in due altri romanzi. Poi ho smesso perché avevo l’impressione che si dissolvesse. Un giorno può darsi che ci ritorni.

Quali sono le tue influenze?

Le mie influenze più forti d’infanzia e di adolescenza sono certamente i grandi romanzieri francesi del 19°secolo e la pittura italiana del Rinascimento.

“Le mani su Parigi” è ambientato nella Francia di Mitterand, presidente dal 1981 al 1995. Fu un periodo creativo?

Ciò che mi sembra caratterizzi questo periodo è la distruzione della sinistra in Francia, come movimento politico e come movimento sociale. Da allora la società francese è profondamente destrutturata.

Le piace Jean Paul Sartre?

Da che punto di vista? Non era per niente un bell’uomo…

Lei è una scrittrice politicamente impegnata, molto sensibile ai temi etici e sociali. Perché ha scelto il genere noir?

Perché mi sembra che la letteratura noir è attualmente l’unica forma letteraria che riesca a riflettere la profonda crisi in cui versa la nostra società come la vedo io. La storia in cui viviamo è una storia nera. E da questo punto di vista certamente c’è una grande differenza dagli Europei del 17° 18, e !9° secolo. Hanno vissuto in modo diverso, la loro storia è differente e quindi hanno scritto in modo diverso. Dunque oggi si scrive in modo diverso. Non è la forma letteraria che è stata superata, al contrario di quello che pensano i teorici del Nuovo Romanzo, è il modo di vedere le cose che non è più lo stesso.

Cos’è per lei la creatività e il talento?

Non sono sicura di saperlo. E’ un problema che non mi sono mai posta. La mia principale ambizione è quella di essere una sorta di scrittrice pubblica della mia epoca. Quando scrivo, non cerco di scrivere bene, ma cerco di trovare la forma della frase, le parole giuste, “pesanti” per meglio esprimere l’idea, il sentimento , la sensazione che cerco di trasmettere.

Le piace George Orwell? Condivide la sua profonda coscienza dell’ingiustizia sociale e la sua rivoluzionaria opposizione ai totalitarismi?

Decisamente sì.   

Cos’è per lei la libertà? Un’ utopia?

No, è una lotta quotidiana. Ciò che ti fa continuare anche quando gli altri ci hanno rinunciato.

Conosce “Look back in anger” di John Osborne?

Non l’ho mai letto. 
Ci racconta qualcosa del suo 1968. I suoi ideali sono stati traditi?

Per me, nella mia vita, il 68 è durato vent’anni copre tutti i  60 e i 70. Durante quegli anni una percentuale significativa della popolazione ha creduto possibile cambiare la società e creare un mondo più giusto, migliore. E ha continuato a combattere per quell’ obbiettivo. A partire dagli anni 80 non è stato più possibile da credere. E’ necessario un duro lavoro di analisi e di costruzione perchè un nuovo progetto di cambiamento della società possa di nuovo essere credibile.

Lei ha insegnato per oltre vent’anni nelle banlieus. Ci racconti qualcosa della sua esperienza.

Ho insegnato all’Università che è molto più facile che insegnare nelle scuole. Ho amato molto i miei studenti. Molti dei personaggi dei miei libri sono ispirati da loro. Per due anni ho tenuto corsi di storia in una grande scuola di ingegneria francese con ragazzi molto più privilegiati. Non ho sopportato la loro assenza di senso critico, il loro conformismo profondo, e ho molto rapidamente posto fine a questa esperienza.  

Lei descrive nei suoi romanzi il lato oscuro della società. E’ pessimista?

Sì, irrimediabilmente.

E’ una persona religiosa? Perché quasi tutte le guerre sono guerre di religione?

No, non ho alcun sentimento religioso né ne ho mai avuto. Io appartengo ad una tradizione francese decristianizzata. Io sono sempre sorpresa dal piede della chiesa cattolica  quando vado in Italia e in Spagna. Io tendo a credere che le religioni monoteiste sono intrinsecamente totalitarie e violente e cominciano a parlare di pace e di tolleranza quando sono in una posizione di debolezza.

La Francia è un paese multietnico, pieno di colori, musica, poesia. E’ un paese solare ?

Un paese solare? Non so. Penso soprattutto che la Francia sia una società , una cultura estremamente contrastata. E’ un paese che ha portato avanti immense lotte per la libertà, l’apertura e la ragione e che continua a sostenerle, è un paese in cui una certa destra ultrareazionaria, collaborazionista, delatrice è regolarmente maggioritaria. Come capire un tale paese?

Cosa sta scrivendo al momento?

Una cronaca della vita quotidiana dei poliziotti di un commissariato delle banlieue.

Ho chiesto a Tahar Lamri, cos’è l’amore. Per lei cos’è?

Non esiste l’amore solo prove d’amore.

Le piace Yasmina Khadra?

Si soprattutto i suoi primi romanzi. 

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Una Risposta to “:: Intervista con Dominique Manotti a cura di Giulietta Iannone”

  1. maria34 Says:

    Un grambel blog, vengo a leggervi ogni volta che ho tempo e trovo sempre interviste interessanti. Un saluto Maria

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