
Liberamente ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti, ma rielaborati in chiave narrativa, L’orologiaio di Brest di Maurizio de Giovanni, edito da Feltrinelli nella collana I Narratori di Noir, è un noir atipico nel panorama letterario italiano, che unisce impegno civile, senso della storia, attenzione ai legami familiari ed esistenziali, e un’analisi accurata, seppure filtrata dal genere, degli anni di Piombo. Periodo storico quasi epurato dal dibattito civile italiano, non solo letterario.
Ancora si fatica a fare pace con un periodo drammatico della storia italiana, in cui la strategia della tensione, le stragi, gli attentati, le verità sepolte, la lotta armata di gruppi terroristici paramilitari imperversavano contro le istituzioni. Motivazioni sociali, ideologiche, politiche erano alla base di questi movimenti, con derivazioni più o meno opache tra servizi deviati e organizzazioni segrete parallele se non antagoniste dello Stato.
Fu una guerra civile, con vittime e carnefici, in cui spesso si era entrambi, e i meri esecutori non erano altro che pedine di mandanti che operavano nell’ombra.
De Giovanni, non senza coraggio, abbandona i canoni classici della sua narrativa, i suoi personaggi seriali tanto amati dal pubblico dei suoi lettori, per attingere a questo materiale incandescente e scrivere un romanzo ibrido tra cronaca e realtà.
L’orologiaio di Brest è un romanzo nuovo, con altri personaggi e altre motivazioni che esulano dal solo intrattenimento. Ricollegandosi alla narrativa civile di autori come Moravia e Pasolini, naturalmente con un altro stile e altre peculiarità, vuole fare riflettere, dare consapevolezza ai suoi lettori e portare all’attenzione dell’opinione pubblica temi come dicevo prima quasi rimossi.
Certo resta un romanzo, non certo un saggio sugli anni di Piombo, ma alcune dinamiche sono analizzate da de Giovanni con grande attenzione e rispetto sia per le vittime, sia per i colpevoli a loro volta vittime. Facendo sì che il romanzo per forza e intento si avvicini ai grandi romanzi di denuncia.
Memoria, perdono, senso di colpa, coraggio si intrecciano evidenziando che ci furono anche colpe precise, responsabilità, personaggi oscuri sorretti solo dall’ambizione o dalla sete di denaro che poco aveva a che fare con le ideologie, e tema controverso, che susciterà anche qualche polemica, presenti anche nelle insospettabili alte sfere ecclesiastiche.
Sto cercando di parlarvi del libro senza spoilerare troppo della trama, perché resta un’indagine, semi ufficiale portata avanti da una giornalista coraggiosa, Vera Coen, il personaggio più riuscito del romanzo, a segnalare quanto de Giovanni dia risalto e importanza ai personaggi femminili, il commissario in pensione Bruno Terenzi, e il professore universitario e ricercatore Andrea Malchiodi. L’indagine verte su un attentato avvenuto negli anni ’80 in cui persero la vita un magistrato e un poliziotto, padre di Vera. Chi furono gli esecutori, chi furono i mandanti, perché nessun gruppo eversivo rivendicò l’attentato? Sono tanti gli interrogativi che si pongono sul loro cammino.
Lo stile è scarno, quasi giornalistico, quanto più c’è di antipoetico, che ben si adatta a una storia tesa, cupa, dolorosa in cui è centrale il tema della memoria privata correlata a quella storica del paese. De Giovanni osa, arriva a fare provare compassione e pietà per il colpevole, perlomeno l’esecutore, descrivendoci anche la sua dimensione intima, la sua capacità di amare o credere negli ideali. Non c’è redenzione invece per i mandanti, spietati, occulti, ombre della storia senza coscienza. Passato e presente si alternano in capitoli senza datazione quindi ci vuole un po’ di pazienza e attenzione per seguire le fila della storia.
Con L’orologiaio di Brest, Maurizio de Giovanni firma un noir civile, asciutto, profondamente contemporaneo, dove i contorni della finzione letteraria si sovrappongono alle ombre della nostra storia recente.
Chi ha amato de Giovanni per la sua sensibilità e la profondità dei suoi personaggi ritroverà anche qui quelle qualità, ma declinate in modo diverso, più ruvido, più politico, più urgente.
“Era l’epoca delle stragi, della lotta armata, della politica sommersa. Un pm e un poliziotto, due caduti tra i tanti. Vittime di guerra, in un certo senso.”
L’orologiaio di Brest non è dunque solo un noir. È un romanzo sulla verità, e su quanto costi cercarla. Un libro che ci interroga, ci mette di fronte alle rimozioni collettive, e ci chiede di ricordare. Anche quando fa male.
Il titolo, simbolico e pregnante, richiama la figura di un artigiano nascosto dietro le quinte della storia, che costruisce meccanismi di morte con la stessa cura con cui si compone un carillon.
Maurizio de Giovanni è uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano. È celebre soprattutto per il personaggio del Commissario Ricciardi, per i bastardi di Pizzofalcone, e per Mina Settembre, protagonisti di molte sue opere da cui sono state tratte serie televisive di successo.
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Tag: Feltrinelli, Giulietta Iannone, L'orologiaio di Brest, Maurizio de Giovanni
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