
Bentornato professore e grazie di averci concesso questa nuova intervista che verterà essenzialmente sul decomporsi della crisi ucraina e dell’inserimento del filone islamico dopo l’attentato terroristico avvenuto il 22 marzo scorso vicino a Mosca. Mi ricollego alla precedente intervista che ci concesse nel febbraio del 2022 quando fu subito chiaro, almeno a noi, che sarebbe stata una guerra lunga, destabilizzante e dolorosa, soprattutto per la popolazione, nel cuore slavo dell’Europa. Siamo infatti al secondo anno di guerra e non si intravedono spiragli di pace, anzi tutto sembra tendere, contro il volere dei cittadini europei, ricordiamoci che mancano pochi mesi alle elezioni di giugno e questo potrebbe avere un peso, a un allargamento del conflitto e a una pericolosa escalation. Dunque sanzioni, minacce, aiuti economici e militari all’Ucraina, provocazioni, ora c’è un accordo sull’uso dei profitti degli asset russi per riarmare Kiev, non sono serviti a niente, insomma l’Occidente le ha provate tutte ma Putin è ancora saldo al potere, da pochi giorni rieletto con elezioni quasi plebiscitarie, e si può dire anche che in Ucraina stia militarmente vincendo. Invece di concordare una pace, o perlomeno un cessate il fuoco, assistiamo a un repentino rilancio con una paventata estensione del conflitto ai paesi NATO. Teniamo anche conto che due nuovi paesi Finlandia e Svezia fanno ora parte della NATO. Negli ultimi tempi questa estensione del conflitto con toni perentori sembrava imminente. Secondo lei è solo propaganda o si arriverà davvero a uno scontro armato tra NATO e Russia?
La guerra sta rivelando, a chi non abbia occhi foderati di ideologia, che la Russia – a prescindere dallo status politico che nel corso dei secoli ha avuto, dagli zar al bolscevismo, dallo stalinismo al gorbaciovismo, fino alla destabilizzazione post 1991- ha tali riserve territoriali umane ed economiche che, al di là di singoli episodi di sconfitta, è in sostanza imbattibile. La tenuta dell’economia russa a dispetto delle sanzioni, il consenso di massa al presidente della Federazione, la presa crescente che essa ha esercitato su un amplissimo schieramento di Stati, e la costruzione di un duopolio con la Repubblica Popolare Cinese, in funzione chiaramente anti-USA, sono altrettante prove. La prova regina è che le forze armate russe, dopo le incertezze e gli errori dei primi mesi di combattimento, hanno sbaragliato non solo quelle ucraine ma indirettamente anche quelle dei vari Paesi NATO che si sono impegnati in vario modo a sostegno dell’esercito ucraino. E va sottolineato come diversi di quei Paesi non hanno rinunciato a collaborare in modo determinante ad azioni di tipo terroristico, contro il territorio, le strutture, e la popolazione della Federazione. L’attentato a Mosca sebbene non ancora decifrato completamente è un episodio che è legittimo sospettare (sulla base di una molteplicità di indizi) giunga non dalla fantomatica ISIS oggi praticamente sparita, ma piuttosto dai servizi segreti ucraini in stretta collaborazione con quelli esterni probabilmente britannici polacchi e tedeschi.
Il conflitto in Ucraina ha rivelato anche che Putin, come che lo si voglia giudicare, sta portando avanti, coerentemente, tra alti e bassi, una linea politico-militare che ha distrutto l’economia ucraina, insieme con le sue infrastrutture (specie energetiche), ha ridimensionato la sua potenza militare, e ha messo a nudo i limiti della sua “democrazia” e la debolezza del suo sistema economico. Da politico accorto, anche con errori e incertezze, Putin ha dichiarato fin dal 22 febbraio 2022 che la Federazione Russa non intendeva entrare in guerra contro la NATO, e ancora recentemente ha sottolineato l’enorme sproporzione di mezzi, e di armamenti, ma, ha ricordato non in termini bluffistici come osservatori superficiali e corrivi alle direttive dei poteri dominanti, che nei magazzini del suo Paese esiste una formidabile riserva di testate nucleari, la maggiore del mondo. Un avvertimento di cui va tenuto conto, perché, a mio parere, le gerarchie politiche e militari russe useranno il loro arsenale, sia pure in modo forse limitato, ma comunque devastante, in caso di attacco da parte della NATO.
Sembra che solo la Cina continui la sua missione diplomatica alla ricerca di una soluzione politica della crisi ucraina. Lo scorso 7 marzo il Rappresentante Speciale del Governo Cinese per gli Affari Eurasiatici, Li Hui, è giunto in tutta fretta a Kiev per un giro di incontri anche in altri paesi europei (esclusa l’Italia). Pensa che i loro sforzi aiuteranno al raggiungimento di un accordo nel breve termine? Cosa lo impedisce? Come valuta questa vocazione tesa al mantenimento della pace della Repubblica Popolare Cinese?
La Repubblica Popolare Cinese, è indubbio, sta dimostrando una vocazione e una costanza nella ricerca di una soluzione diplomatica della crisi, ma negli ambienti occidentali, e nella stessa Ucraina, la Cina viene vista come un sostanziale alleato dalla Federazione Russa. E in una certa misura lo è, perchè l’accordo tra Pechino e Mosca sulla necessità dell’abbandono della organizzazione del pianeta fondata sull’unipolarismo, sul predominio del dollaro, sulla pretesa “superiorità morale“ dell’Occidente. E si tenga conto che tutta la leadership politica occidentale spinge verso la „vittoria“, e tanto più impossibile, impraticabile francamente delirante, è questo obiettivo, tanto più la grande maggioranza di questa leadership insiste sulla necessità della sconfitta della Russia. Una vera e propria follia, che si spiega con la totale sudditanza occidentale agli Stati Uniti.
Senza l’aiuto europeo, e soprattutto statunitense, l’Ucraina non avrebbe resistito militarmente due anni, ora la situazione è delicata e questo aiuto rischia di interrompersi. Il Senato statunitense ha approvato un paccehtto di aiuti per Ucraina, Israele, e Taiwan da circa 95 miliardi di dollari. Il pacchetto dovrà ottenere ora il voto della Camera dei Rappresentanti controllata però dai repubblicani, tenacemente contrari al sostegno economico a Kiev. E’ possibile che questo pacchetto di aiuti venga intenzionalmente fermato causando così di fatto sia la più drammatica sconfitta ucraina e di riflesso un grave smacco per i democrtici, fermando così una possibile rielezione a novembre di Biden? Per alcuni bisogna infatti solo aspettare le elezioni con la possibile vincita di Trump, e nell’ottica del disimpegno si potrà siglare finalmente il tanto sospirato trattato di pace con la Russia. O abbandonare l’Ucraina al suo destino è una scelta calcolata degli statunitensi avendo già raggiunto i loro obiettivi, tra cui l’insanabile frattura che ormai sussiste tra Europa e Russia?
Se da una parte le classi di governo occidentali e la quasi totalità della UE (ma si stanno manifestando notevoli incrinature, ultima la posizione assunta dalla Slovacchia, che si sta avviando su una linea anti-ucraina e filorussa), insistono per la impossibile sconfitta della Federazione Russa, al prezzo del sacrificio di centinaia di migliaia di vite umane, a cominciare da quelle ucraine, le popolazioni europee sono nettamente orientate in senso contrario. Non necessariamente per spirito filorusso, ma per paura dell’apocalisse: come per il Medio Oriente, gli europei più che desiderare la pace desiderano essere lasciati in pace, anche se personaggi come Zelensky e Netanyahu, due fratelli gemelli, ormai godono di un totale discredito, anzi di un vero e proprio odio pubblico, di cui gli orientamenti assunti dal nostro governo farebbero bene a tener conto. Gli abbracci della premier Meloni con l’uno e con l’altro non hanno giovato al consenso verso di lei e verso il suo Esecutivo. Le voci più autorevoli, sul piano politico e su quello intellettuale, oggi sono perfettamente consapevoli che non si può tirare oltre la corda, continuando a concedere aiuti finanziari, più in generale economici e soprattutto militari, a Zelensky. E negli USA tanto a livello di classe dirigente quanto di opinione pubblica, il capitale di favore di cui il presidente ucraino godeva si è ampiamente disciolto. La consapevolezza che l’Ucraina ha perso la guerra, e giace in una condizione di crisi totale, è ormai diffusa, con la conseguenza di un giudizio di sostanziale inutilità nel prosieguo del sostegno al traballante governo Zelensky. Certo è che se si sono spezzati i legami tra Russia ed Europa, non sono state affatto recise le connessioni tra Russia e resto del mondo, ossia i 4/5 del Pianeta, che sempre più tende a guardare a Mosca invece che a Washington o Londra o Parigi.
Siamo ancora scossi per l’attacco terroristico al Crocus City Hall di Krasnogorsk, vicino a Mosca, rivendicato apparentemente dall’ISIS. In che misura il terrorismo islamico si inserisce come nuova variante in questa guerra?
Che l’estremismo islamico sia nemico della Federazione Russa è cosa nota, ma questo atto al Crocus City Hall presenta molti aspetti nuovi, diversi: è la prima volta che gli autori si presentano in abiti militari, anzi in tenuta da combattimento, mentre, in ogni azione precedente, hanno sempre agito con i loro abiti usuali; e la rivendicazione è stata confusa, tardiva, e l’arresto di alcuni degli autori, in zona di confine, verso l’Ucraina, è un indizio importante che aumenta i dubbi. A maggior ragione se si pensa che l’Ucraina ha fatto già ricorso più volte ad atti squisitamente terroristici, come l’uccisione di Daria Dughina a Mosca con una bomba, gli attentati ai gasdotti North Stream 1 e 2, e così via. E poi, perchè proprio adesso, dopo anni di silenzio l’ISIS si risveglia e opera in Russia? Oggi quella organizzazione di fatto non esiste più ed è assai improbabile che sia avvenuta una sua rinascita ad hoc.
Inascoltati gli appelli alla ragione e al buon senso di Papa Francesco che pur non essendo un esperto di strategie militari consiglia che la cosa migliore da fare è avviare delle trattive, concordare un cessate il fuoco e accettare concessioni reciproche che tengano conto degli interessi vitali di entrambi i contendenti. Che la popolazione la pensi come lui è evidente, secondo lei perchè la gente non scende in piazza e manifesta vivacemente a favore della pace? Perchè almeno i partiti di sinistra non sollecitano il loro elettorato a scendere in piazza con una grande mobilitazione generale?
La sinistra è morta o quasi. Ciò che si chiama correntemente sinistra (o centrosinistra) non ha quasi nulla a che fare con le idealità, la tradizione, l’identità delle lotte per la pace, la giustizia, l’uguaglianza che sono nel dna della sinistra. Papa Francesco oggi è non soltanto il pontefice della Chiesa di Roma, ma è un attore politico, le cui parole in molti ambiti, specie quello della politica internazionale è decisamente più a sinistra dei leader della cosiddetta sinistra almeno quella in Parlamento, e specificamente, soprattutto, del PD, che in tale ambito è del tutto appiattito su di un antlantismo sconcertante. La popolazione come dicevo, nella sua maggioranza, vorrebbe non avere noie, ma la preoccupazione per la situazione mondiale è diffusa. Non sull’Ucraina ma sulla Palestina e specialmente su Gaza, abbiamo visto un ridestarsi dell’anima più sinceramente contro la guerra, contro la risoluzione dei contrasti per via militare, e soprattutto a favore della causa più nobile e giusta oggi presente sulla Terra, la causa palestinese. Certo la mobilitazione è assai minore rispetto ad altri Paesi europei, ed extraeuropei, ma era da decenni che non si vedevano tante manifestazioni e tante azioni (vedi soprattutto il boicottaggio accademico) a favore della libertà del popolo palestinese, e della fine della sopraffazione israeliana, e in primo luogo del genocidio incrementale in corso a Gaza.
Auspica anche lei una “nuova” Helsinki, adattata alle cambiate condizioni geostrategiche, che conservi però lo spirito di Helsinki come un vero punto di partenza per governare pacificamente il mondo multipolare dei prossimi decenni? Certo lo scenario è cambiato, l’URSS non c’è più ma la necessità di una nuova conferenza di pace su quel modello è sentita dai vari leader politici in campo?
Sì concordo. Una conferenza di pace planetaria per evitare la guerra planetaria.
Infine le chiedo un bilancio politico di questi due anni di guerra, e come si inserisce l’accordo bilaterale tra Meloni e Zelesnky per un sostegno decennale, siglato nella capitale ucraina. Grazie.
La Meloni e il suo governo sono un caso interessante di totale voluta dimenticanza delle promesse elettorali e di rovesciamento delle proprie linee politiche. Alla fine è rimasta solo la Lega a balbettare qualche parola di pace, dopo il fallito tentativo di Berlusconi di respingere la genuflessione meloniana a Zelensky e quindi agli USA. Un accordo decennale è una vera follia, del resto del tutto impraticabile. Una mossa propagandistica al livello di “Inseguiremo gli scafisti per tutto l’orbe terracqueo…” o del “Nuovo Piano Mattei per l’Africa”. Propaganda che serve soprattutto a chiedere il sostegno di gruppi finanziari e imprenditoriali, specie del settore delle armi e di quello energetico.
La guerra in Ucraina si è rivelata un fallimento clamoroso per l’Italia, l’Europea, la UE in particolare e per la comunità occidentale, a partire dal Paese leader, gli USA. Non ho bisogno di insistere su questo, perchè solo chi non vuol vedere, può continuare a sognare la disfatta russa e la prosecuzione degli aiuti a Zelensky, che hanno come unico effetto l’incremento della morte in Ucraina e della devastazione di quel territorio.
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