:: Un’ intervista con Emma Piazza a cura di Giulietta Iannone

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piazzaBenvenuta Emma, e grazie di aver accettato questa intervista. Iniziamo a rompere il ghiaccio. Sei un’ esordiente, L’isola che brucia è il tuo primo romanzo, ma non sei nuova nel mondo editoriale. Ho letto nelle scarne note biografiche che lavori a Barcellona come scout letterario. Parlaci del tuo lavoro principale, hai letto tanti libri di esordienti che hai provato il desiderio di scrivere anche tu? O la scrittura ti accompagna da lungo tempo?

Ciao Giulietta e grazie per avermi proposto questa intervista. No, non sono nuova nel mondo editoria, infatti lavoro da quattro anni come scout letterario. Il mio lavoro consiste nel leggere i libri che stanno per essere pubblicati in Italia e Spagna e consigliare i titoli più forti ai clienti dell’agenzia, che sono editori internazionali di tutto il mondo. Negli ultimi anni ho letto tanti libri interessanti di esordienti, come il recentissimo libro di Ilaria Tuti, Fiori sopra l’inferno, per citarne uno, ed è sempre una soddisfazione enorme scoprire un nuovo talento e fare in modo che viaggi per il mondo. Però è vero che la scrittura mi accompagna da sempre, da quando sono piccola, è sempre stato un modo di rielaborare la realtà e conoscermi meglio.

Sei nata a Pavia nel 1988, fai parte dei tanti giovani che si sono trasferiti all’estero principalmente per lavoro. Parlaci della tua esperienza, cosa ti ha spinto a partire?

Sono nata a Pavia e a 18 anni mi sono spostata a Milano per studiare, poi mi sono trasferita a Londra, dove sono rimasta tre anni e ho iniziato a lavorare in editoria. Dopo tre anni, duri, a Londra avevo voglia di sole e ho deciso di trasferirmi a Barcellona. Lavoro da casa, quindi il mio piano era continuare a spostarmi, ma poi Barcellona mi ha rapita e sono quasi quattro anni che vivo lì. Mi ha spinta, originariamente, la mie ambizione: volevo lavorare in editoria e non c’era posto migliore di Londra per farmi le ossa. Poi, una volta iniziato a spostarmi, la curiosità mi ha incitata a continuare.

Come ti sei trovata al tuo arrivo? Hai trovato subito casa, lavoro? La gente, i colleghi come ti hanno accolto?

A Barcellona benissimo. Non conoscevo nessuno, quindi pensavo sarebbe stata dura all’inizio, ma avevo una bella sensazione. Infatti, tra amici di amici e una ragazza con la quale ho fatto le elementari che ho scoperto vivere affianco a me, mi sono ritrovata circondata da persone. Anche l’ambiente editoriale è molto amichevole e frizzante, infatti mi sono subito ambientata.

Come è la vita culturale di Barcellona? Ci sono tante librerie, fiere del libro, incontri, presentazioni, case editrici? Trovi differenze con l’ambiente italiano?

Come dicevo nella domanda precedente, Barcellona è una città molto attiva culturalmente anche dal punto di vista editoriale. C’è Sant Jordi, la festa del libro, ad esempio, e tante presentazioni. Non posso fare un vero e proprio paragone con l’Italia perché non vivo più qui da molti anni e quando me ne sono andata ero ancora una studentessa. Sicuramente a Barcellona l’ambiente è attivo e stimolante.

Dopo aver parlato di te, per presentarti ai nostri lettori, parliamo del tuo libro, L’isola che brucia, uscito da pochissimo per Rizzoli, un libro molto particolare, anomalo, selvatico se vogliamo. Mi ha ricordato, pensa, Cime tempestose. Intendo per l’atmosfera per certi versi opprimente. Ce ne vuoi parlare, da dove hai tratto ispirazione per scriverlo?

Woow, che bel complimento, grazie! Volevo scrivere un libro che parlasse delle mie origini francesi (corse), ma che avesse una trama avvincente che potesse intrattenere il lettore. L’ultima volta che sono stata in Corsica a trovare mio padre ammiravo la bellezza selvaggia dell’isola, il suo fascino ambiguo, e ho pensato che fosse l’ambientazione perfetta per un thriller.

L’ambientazione credo abbia un ruolo determinante, è un po’ lo specchio dell’animo dei personaggi, c’è un legame profondo e sotterraneo tra Therese e la Corsica. Conosci l’isola, fa parte della tua vita? O è solo l’ambientazione scelta per il romanzo?

La Corsica ha decisamente un ruolo fondamentale nella mia vita, infatti, mio padre è corso e tutt’ora vive lì, arroccato in una casa nel Cap Corse. Per me è un’isola decisamente speciale. Da un lato mi ricorda l’infanzia, dall’altro un lato selvaggio e recondito della mia personalità che mi porto sempre dietro.

Therese, la protagonista, è un personaggio che quasi eclissa gli altri. Aspetta un bambino, che all’inizio non si capisce se voglia far nascere davvero, è un’artista, ama la pittura, ha un rapporto piuttosto difficile con la sua famiglia, perlomeno dal lato paterno. Hai creato un personaggio molto sofferto e spigoloso. Come è nato? Non è la tipica eroina da romanzo. All’inizio mi era quasi antipatica, poi pian piano ne ho colto le sfaccettature. Si è sviluppato durante la scrittura il personaggio e ce l’avevi subito in mente?

Bene, mi fa molto piacere che tu abbia colto l’anima di questo personaggio. No, non è la solita eroina, volevo, infatti, che fosse una donna reale, a volte dura, a volte arrabbiata, e a volte invece positiva e dolce. È un personaggio che ha tanto di me, ma anche tanto di inventato. È nato durante un pomeriggio di luglio, quando l’idea del romanzo si sviluppava nel mio cervello. Ho iniziato a scrivere le prime pagine e pensavo a una donna incinta, delusa, arrabbiata, ma anche in grado di affrontare un incubo come quello che vive la portagonista. Ed è venuta fuori Teresa.

Ho riflettuto a lungo al genere a cui potere accostare il tuo romanzo. Tu come lo definiresti?

Io lo definirei un thriller, anche se soft, e con una punta di femminile.

L’isola che brucia è un romanzo visto e filtrato attraverso gli occhi di un personaggio femminile molto forte e determinato, pur nella sua apparente debolezza. Cerca di raggiungere una certa indipendenza, non si fa abbattere dalle avversità, lotta contro chi la vuole distruggere. Pensi che i personaggi femminili nel romanzo contemporaneo siano giustamente valorizzati, o ancora relegati in nicchie piuttosto stereotipate? Sei femminista?

Certo che sono femminista, ma non credo che questo sia necessariamente collegato al fatto che Teresa sia forte e determinata. Un personaggio femminista (che lotta per un mondo nel quale donne e uomini abbiano gli stessi diritti) può essere anche dolce e delicato. La letteratura contemporanea è molto varia, quindi penso ci sia di tutto. Per rispondere alla domanda, no, in generale penso che i personaggi femminili inizino a essere sganciati da modelli obsoleti. D’altronde, la letteratura riflette la società…

Ti piace presentare in libreria i tuoi libri? Raccontaci qualche aneddoto divertente legato a queste presentazioni.

Sì, mi piace molto il contatto con il pubblico, anche se sono sempre un po’ agitata! Aneddoto propriamente divertente non ce l’ho, ma mi sono commossa quando ho visto alla mia prima presentazione la mia maestra di italiano delle elementari 🙂

Progetti di traduzione per l’ estero? Come pensi accoglieranno il romanzo i tuoi futuri lettori stranieri?

Sì, L’isola che brucia verrà pubblicato anche in Germania, Francia e Svezia. Beh, spero bene! In Germania in particolare, penso (spero) che potrebbe piacere, sia il setting, sia il personaggio di Teresa. Sono un popolo di grandi lettori che accolgono volentieri gli esordienti.

Cosa stai leggendo in questi giorni? L’ultimo libro che hai letto e il prossimo che hai intenzione di iniziare. Da lettrice cosa deve contenere un libro per coinvolgerti?

L’ultimo libro che ho letto è una stupenda raccolta di racconti, Tutto quello che è un uomo di David Szalay, il prossimo penso sarà L’isola di Arturo di Elsa Morante. Un libro, per coinvolgermi, deve avere uno stile che parla al cuore (e proviene dal cuore) e personaggi solidi, che riesco a vedermi davanti.

Infine nel ringraziarti per la disponibilità l’ultima domanda: che libro stai scrivendo in questo momento? Puoi anticiparci qualcosa? Progetti per il futuro?

Grazie a te! Ho iniziato un nuovo romanzo, il nucleo è un gruppo di ragazzini, ma è ancora a uno stadio embrionale, quindi aspetterei a parlarne. Progetti per il futuro tanti e vari, mi piacerebbe sperimentare generi nuovi, personaggi nuovi, ambientazioni nuove. Insomma, scrivere, scrivere, scrivere!

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