Il 27 gennaio come sappiamo è il Giorno della Memoria, ma io credo che ogni giorno dell’anno dovrebbe, anzi, deve essere il Giorno della Memoria, per ricordare il male passato ed evitare che accada ancora nel presente e nel futuro. Purtroppo gli eventi spesso dimostrano un ripetersi ciclico della storia, ma sarebbe bello se ogni tanto il fare memoria riuscisse davvero a cambiare le persone e le cose. Tra i libri che raccontano quello che accadde durante la Seconda Guerra Mondiale c’è Il farmacista del ghetto di Cracovia di Tadeusz Panckiewicz, pubblicato da Utet, nel quale l’autore racconta quello che accadde nel ghetto di Cracovia istituito, negli anni Quaranta del 1900, dalle autorità del ghetto ebraico in una zona periferica della città. Pankiewicz, polacco e cattolico, si ritrovò a vivere nel ghetto e a fare il farmacista proprio durante il periodo dell’occupazione tedesca. L’uomo era proprietario della farmacia L’Aquila, aperta nella città dal 1933, attiva anche durante il periodo della guerra. Una scelta molto importante che permise a Pankiewicz di aiutare davvero tanti ebrei. Accanto al farmacista polacco ci furono sempre le sue aiutanti, tre giovani donne che sostennero il farmacista e ognuna delle persone che a loro si rivolgeva. Leggendo le pagine del libro-testimonianza di Pankiewicz non ci sono solo nomi, date e dati, ma per ogni persona citata l’autore racconta la vita che quelle persone avevano, come vivevano e quello che accadde loro. Ci sono le storie di donne, uomini e bambini che fecero il possibile per salvarsi la vita, compreso il nascondersi per ore e giorni dentro le fognature o nelle case abbandonate. Accanto a loro, quegli ebrei che nel ghetto avevano un ruolo ambiguo, perché si ponevano al totale servizio dei militari tedeschi, eseguendo i loro ordini. La storia del farmacista del ghetto di Cracovia si addentra anche nelle violenze assurde compiute dai militari tedeschi contro gli ebrei durante i diversi rastrellamenti. Gesti insensati e assurdi che portarono dolore, morte e il progressivo sfollamento del ghetto. Ebrei presi a calci e pugni, picchiati con armi o freddati senza pietà e senza motivo. Episodi agghiaccianti che però non fermarono mai il farmacista polacco, il quale con coraggio fece tutto il possibile per aiutare chi nel ghetto ci viveva, non solo portando medicinali, ma anche recapitando informazioni, notizie e messaggi tra chi stava dentro, chi usciva dal ghetto per lavorare grazie a foglio blu e chi invece veniva deportato. Pankiewicz riuscì a salvare molte vite di ebrei e per il suo operato nel 1983 l’Istituto Yad Vashem gli riconobbe il valore di Giusto tra le nazioni. Il farmacista di Cracovia di Tadeusz Pankiewicz è un’ importante testimonianza umana di un periodo storico passato da ricordare per la memoria di chi fu vittima e nella speranza che certi drammi non si ripetano più. Prefazione di Marcello Pezzetti. Traduzione di Irene Picchianti.
Tadesuz Pankiewicz (Sambor, 21 novembre 1908 – Cracovia, 5 novembre 1993), polacco cattolico, ha vissuto nel ghetto di Cracovia durante l’occupazione tedesca. Titolare della farmacia All’Aquila dal 1933, dopo la creazione del ghetto nel 1941 ha scelto di tenere ugualmente aperta la sua attività, aiutando migliaia di ebrei. Per il suo valore, nel 1983 ha ricevuto dall’Istituto Yad Vashem (l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni”. A partire da quello stesso anno la farmacia è diventata parte del museo della Farmacia di Cracovia.
Source: richiesto all’editore UTET. Grazie a Riccardo Barbagallo dell’ufficio stampa.
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28 gennaio 2017 alle 13:36 |
deve essere bello
29 gennaio 2017 alle 10:05 |
ciao Sara ammetto che certi passaggi ti lasciano di stucco, perchè sai che è storia vera e non riesci a capire perchè un uomo possa osare a tal punto verso un altro. Merita come libro, è una testimonianza vera e forte che spinge a non dimenticare.
29 gennaio 2017 alle 10:41 |
Dopo la guerra si diffusero tante storie, note e meno note, di chi aiutò gli ebrei durante le persecuzioni. Piccoli e grandi eroismi, che per la maggior parte restano storie private, narrate in famiglia. I libri invece aiutano a diffonderle a un più vasto pubblico, proprio ora che i protagonisti di quei fatti tendono a non esserci più, e per molti vige solo il ricordo e le memorie trasmesse da figli, e nipoti.