Ernesto Guevara de la Serna morì il 9 ottobre del 1967, nella giungla boliviana, per un colpo di pistola al cuore. Ricordo le foto del cadavere, in bianco e nero, che vidi su un giornale illustrato, di quelli che comprava mia nonna e ligiamente conservò, probabilmente era “Gente”. Esposto come un trofeo, esibito in una maniera quanto mai oscena, profanato, credo sia il termine esatto. Mi mise una grande tristezza, mista a rabbia. Credo che il rispetto per i morti, anche se nemici, vada mantenuto.
Questo rispetto al Che non fu tributato. La danza macabra sul nemico sconfitto fu danzata. Anche se una prova materiale della sua morte, come strumento di propaganda, rientra nell’annoso diritto di cronaca. Anche del cadavere di Gheddafi se ne fece un simile barbaro utilizzo. Tanto per dire che sono passati quasi 50 anni e non molto è cambiato.
Presto nacque il mito di questo Cristo rivoluzionario, di questo martire della rivoluzione comunista. La profanazione del suo cadavere scalfì ben poco la leggenda, più che altro offuscò la memoria di coloro che l’uccisero. Se mai ce ne fosse stato bisogno.
E sempre di memoria si tratta a proposito di Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia (Zambon) un documento storico, un saggio che contiene le interviste ai discendenti dei guerriglieri che combatterono con il Che in Bolivia, più quelle ad alcuni dei rarissimi superstiti. Interviste fatte dunque a figli, mogli, nipoti raccolte da Enrica Matricoti tra il 2008 e il 2009, nel corso delle riprese di un documentario.
Della dittatura militare in atto in Bolivia dal 1964 fino agli inizi degli anni ’80 si sa poco, quindi è un’ occasione, la lettura di questo libro, per venire a contatto con testimonianze dirette di quel periodo, grazie alle lettere, i diari e le foto che i guerriglieri inviarono ai loro parenti a casa. La separazione, la lontananza, i disagi contingenti (la fame, la sete, il non potersi lavare, le malattie) sono tutte cose che incisero sullo spirito di questi uomini, e di un’ unica donna, che seguirono il Che in questa sua lotta di liberazione che dalla Bolivia avrebbe dovuto diffondersi in tutto il Sudamerica.
Sappiamo come è andata, ciò non toglie che questa gente ci credeva davvero in quello che faceva, e avrebbe seguito il Che ovunque (tanto era il suo carismatico potere), si abbracci o non abbracci la ribellione armata come strumento di lotta. In un’ intervista chiedono a un parente se anche lui abbia mai pensato di imbracciare le armi e diventare guerrigliero. Questi, un medico, risponde di no, che la sua guerra è sul fronte di salvare vite, e ringrazia suo padre, con il suo sacrificio, di avergli permesso questa libertà di scelta.
Ecco molte risposte sono appunto così, intime, personali, hanno un valore di testimonianza familiare, anche se la storia scorre in sottofondo. Alcune affermazioni forse suonano enfatiche, persino celebrative, ma credo rientrino nella dimensione domestica che rappresentano. Si testimoniano affetti, amori, speranze, cioè è difficile farne una cronaca asettica, ligia solo alla obiettività storica.
Comunque per coloro che apprezzano maggiormente questa dimensione storica, è presente nel testo una sezione di approfondimento con schede storiche, dati biografici dei guerriglieri, un’ Appendice, la Bibliografia e l’Indice dei documenti e delle fotografie. Insomma se servisse come testo di riferimento per la stesura di una tesi, è salvo l’approccio scientifico.
Chi invece lo volesse leggere come puro testo divulgativo, per approfondire un’ epoca, un periodo storico, avrà modo grazie alla forma-intervista, di trovare un testo chiaro e diretto, facilmente avvicinabile.
Le foto sono numerose, a colori o in bianco e nero, utili a dare una dimensione visiva e reale, di quanto narrato. Alcune foto sono di oggi, altre di ieri, tra cui quella del matrimonio del Che.
Enrica Matricoti (Bari 1977). Cresciuta a Bologna, si laurea in Filosofia e si diploma come cantante-attrice presso la Bernstein School of Musical Theater. Studiosa di Storia Latino-americana, è membro del comitato di redazione internazionale della Fondazione Guevara in Italia. A Bologna, nel 2007, porta in scena il monologo teatrale Es Sudamerica mi voz; lo spettacolo verrà rappresentato nel 2009 presso l’Unión de Escritores y Artistas de Cuba a L’Avana, nell’ambito dei festeggiamenti per il 50° anniversario della vittoria della Rivoluzione. Sempre a L’Avana nello stesso anno, riceve il riconoscimento dell’Università dell’Adulto Mayor e del Museo della Fragua Martiana «per il suo contributo all’approfondimento delle idee di José Martí». Attualmente Enrica Matricoti vive a Cuba dove lavora come redattrice e reporter per l’emittente “Radio Havana Cuba”. Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia è la sua prima pubblicazione d’interazione testo-immagine.
Source: libro inviato dall’editore, ringraziamo Costanza dell’ Ufficio stampa Zambon.
Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria
Tag: Che Guevara, Enrica Matricoti, guerriglia in Bolivia, Zambon
Rispondi